Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-12-2010) 14-01-2011, n. 769 Archiviazione; Sanitari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con l’impugnato decreto il G.I.P. del Tribunale di Civitavecchia ha disposto l’archiviazione degli atti relativi alle indagini a carico R.I., C.L. e T.V. per il reato di cui al D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59, art. 16.

Nell’impugnato provvedimento è stato escluso che gli indagati abbiano esercitato tre impianti a carbone per la produzione di energia elettrica in assenza dell’autorizzazione integrata ambientale prescritta dall’art. 9 del citato D.Lgs..

Nel provvedimento si da atto che avverso la richiesta di archiviazione era stata proposta opposizione dalle persone offese dal reato ma, ritenuta la irrilevanza delle indicazioni sul prosieguo dell’attività investigativa contenute nell’atto di opposizione, il G.I.P. ha qualificato quest’ultimo come memoria ex art. 90 c.p.p., che non comporta l’automatica fissazione dell’udienza camerale.

Avverso il decreto di archiviazione hanno proposto ricorso, tramite il difensore, R.S., M.A., P. M., D.C.G., C.E., e M. M., che denunciano l’inosservanza del disposto di cui agli art. 409, commi 1, 2 e 6, art. 410, commi 2 e 3, art. 127 c.p.p., comma 5, e art. 128 disp. att. c.p.p..

In sintesi si denuncia la irritualità della qualificazione della opposizione all’archiviazione proposta dagli interessati quale memoria difensiva della quale poteva non tenersi conto.

Si deduce che il G.I.P., se ritiene inammissibile l’opposizione, deve dichiararla, ma, se provvede a valutare nel merito gli elementi di prova indicati dall’opponente, deve fissare necessariamente l’udienza camerale.

In mancanza il provvedimento acquista natura sostanziale di ordinanza e diventa impugnabile ai sensi dell’art. 409 c.p.p., comma 6.

Si aggiunge che, seppure il provvedimento dovesse ritenersi equivalente ad una declaratoria di inammissibilità dell’opposizione, lo stesso risulterebbe carente di motivazione in ordine alle ragioni della ritenuta inammissibilità.

Si osserva infine che il G.I.P. avrebbe dovuto astenersi, avendo in precedenza provveduto a rigettare la richiesta di sequestro preventivo degli impianti.

Con memoria depositata il 17.11.2010 la difesa di R.I. ha dedotto la inammissibilità del ricorso, rilevando, in sintesi, che i ricorrenti non possono qualificarsi persone offese dal reato, bensì solo eventualmente danneggiati, in quanto tali non legittimati, ai sensi dell’art. 410 c.p.p., a proporre opposizione all’archiviazione e, conseguentemente, ricorso avverso il provvedimento di archiviazione emesso de plano.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. a).

Secondo il testuale dato normativo e, peraltro, il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte sul punto l’opposizione alla richiesta di archiviazione compete unicamente alla persona offesa, che deve essere identificata nel titolare del bene giuridico immediatamente leso dal reato e non anche a chi, sia pur direttamente, abbia subito un danno in conseguenza della commissione del reato (danneggiato dal reato), (cfr. sez. 5^, 27.3.2001 n. 28608 P.O. in proc. Della Gatta, RV 219639; sez. 5^, 200104113, Muriano, RV 217936; sez. 5^, 200600013, P.O. in proc. Ignoti, RV 232614).

E’ noto che la nozione di persona offesa dal reato non coincide con quella di danneggiato, in quanto la prima costituisce un elemento che appartiene alla struttura del reato, mentre il danneggiato è portatore di interessi connessi alle conseguenze privatistiche dell’illecito penale (cfr. sez. 5^, 198304116, Bortolotti, RV 158854 a proposito del diritto di querela con l’affermazione che la persona offesa è titolare del diritto di querela, mentre il danneggiato è legittimato ad esercitare l’azione civile nel processo penale).

In particolare la persona offesa dal reato deve essere individuata nel soggetto titolare dell’interesse direttamente protetto dalla norma penale e la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l’essenza dell’illecito, (cfr. sez. 6^, 200421090, Soddu, RV 228810).

Sono chiare le ragioni che hanno indotto il legislatore a limitare la possibilità di opposizione alla archiviazione, come, analogamente, di impugnazione della sentenza di non doversi procedere, alla sola persona offesa dal reato, poichè detta opposizione come l’impugnazione è destinata a produrre direttamente effetti nella sfera penale a differenza dell’impugnazione ai soli effetti della responsabilità civile proponibile dalla parte civile, ai sensi dell’art. 576 c.p.p., nei successivi gradi del giudizio, (cfr. sez. un. 29.5.2008 n. 25695, P.C. in proc. D’Eramo, RV 239701) Colui che assume di avere subito un danno quale conseguenza della commissione del reato, ma non sia titolare del bene giuridico che la fattispecie penale tutela direttamente, non è pertanto destinatario dell’avviso ex art. 408 c.p.p., comma 2, nè è legittimato a proporre opposizione alla archiviazione ai sensi dell’art. 410 c.p.p. e, conseguentemente, ricorso per cassazione avverso detto provvedimento.

Al danneggiato dal reato, invece, l’ordinamento attribuisce esclusivamente la facoltà di costituirsi parte civile nei confronti del soggetto contro cui sia stata esercitata l’azione penale, ma non di porre in essere atti di impulso processuale per determinare l’instaurazione del procedimento penale, con la conseguenza nel caso venga emesso un provvedimento di archiviazione dovrà far valere le proprie ragioni nella competente sede civile.

Orbene, nel caso in esame è evidente che persona offesa dai reati di cui al D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59, art. 16, che ha dato attuazione alla Direttiva CE 96/61 relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, è l’interesse pubblico alla salubrità dell’ambiente e, quindi, lo Stato che tutela tale interesse collettivo ovvero la pubblica amministrazione che direttamente esercita le attività di controllo e di prevenzione per impedire possibili forme di aggressione al bene protetto dalla norma che possano derivare dalle attività illecite dei gestori degli impianti, il cui esercizio è, perciò, subordinato al controllo dell’amministrazione competente a provvedere al rilascio della autorizzazione integrata ambientale.

I ricorrenti, pertanto, nella mera qualità di eventuali danneggiati dal reato non erano legittimati alla opposizione avverso la richiesta di archiviazione, nè possono dolersi in sede di legittimità della inosservanza delle norme poste a tutela della persona offesa dal reato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna singolarmente i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 500,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *