Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-12-2010) 14-01-2011, n. 760 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza La Corte di Appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza, presentata da A.A., con la quale veniva contestata, sotto vari profili, l’eseguibilità dell’ordine di demolizione contenuto nella sentenza della medesima Corte di Appello in data 7.1.1998, divenuta irrevocabile, di condanna di G.A., deceduto l'(OMISSIS).

La Corte territoriale ha osservato, in sintesi, che l’ordine di demolizione di un manufatto abusivo non costituisce pena accessoria o misura di sicurezza patrimoniale, bensì sanzione amministrativa, non soggetta alle cause ed ai termini di estinzione di cui agli artt. 171 e 173 c.p. ed è eseguibile anche nei confronti degli aventi causa dal condannato.

E’ stato rilevato inoltre che la presentazione di una richiesta di condono edilizio non costituisce, nel caso in esame, condizione incompatibile con l’esecuzione dell’ordine di demolizione, non essendo suscettibile di sanatoria il manufatto abusivo oggetto del provvedimento, nè ai sensi della L. n. 724 del 1994, nè della L. n. 326 del 2003.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso la A.A., che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Con il primo mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 666 c.p.p., commi 3 e 4.

Si deduce che nè l’istante, nè il suo difensore hanno ricevuto rituale avviso dell’udienza camerale dinanzi alla Corte territoriale, con la conseguente nullità del provvedimento impugnato.

Con il secondo mezzo di annullamento si denunciano vizi di motivazione e la violazione o errata applicazione della L. n. 47 del 1985, artt. 33, 38 e 44 delle L. n. 724 del 1994, L. n. 431 del 1985 e L. n. 326 del 2003.

Si deduce che, a seguito della presentazione della richiesta di condono edilizio, il giudice deve sospendere l’esecuzione dell’ordine di demolizione.

Si contesta inoltre che l’immobile oggetto del provvedimento non fosse suscettibile di sanatoria ai sensi della L. n. 326 del 2003, deducendosi che il vincolo previsto dalla L. n. n. 431 del 1985, art. 1 quinquies, per la cui violazione vi è stata pronuncia di condanna, non aveva carattere definitivo e, pertanto, non costituisce ostacolo alla condonabilità del manufatto ai sensi della legge citata.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Dall’esame dell’avviso inviato alle parti per l’udienza camerale del 3.12.2009 dinanzi alla Corte territoriale risulta che lo stesso è stato ritualmente notificato al difensore della A., Avv. Donato De Paola, in data 13.11.2009, nonchè alla predetta interessata in pari data presso il medesimo difensore, risultante domiciliatario dalla procura rilasciatagli.

Sicchè nella specie non sussiste alcuna violazione delle disposizioni citate dalla ricorrente nel primo motivo di ricorso.

Anche il secondo motivo di gravame è manifestamente infondato.

Secondo l’ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, in sede di esecuzione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con la sentenza di condanna, il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione dell’esecuzione a seguito dell’avvenuta presentazione della domanda di condono edilizio, deve accertare la esistenza delle seguenti condizioni: a) la tempestività e proponibilità della domanda; b) la effettiva ultimazione dei lavori entro il termine previsto per l’accesso al condono; c) il tipo di intervento e le dimensioni volumetriche; d) la insussistenza di cause di non condonabilità assoluta; e) l’avvenuto integrale versamento della somma dovuta ai fini dell’oblazione; f) l’eventuale rilascio di un permesso in sanatoria o la sussistenza di un permesso in sanatoria tacito, (cfr. sez. 3^, 12.12.2003 n. 3992 del 2004, Russetti, RV 227558; sez. 4^, 5.3.2008 n. 15210, Romano, RV 239606;

sez. 3^, 26.9.2007 n. 38997, Di Somma, RV 237816).

Orbene, l’ordinanza, indipendentemente dall’esame della questione relativa alla condonabilità delle opere ubicate in aree sottoposte a vincolo, ha escluso la suscettibilità di sanatoria dell’immobile oggetto dell’ordine di demolizione, ai sensi della legge invocata dalla ricorrente, sia in considerazione della sua volumetria, eccedente i limiti previsti dalla citata L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 25, sia della sua destinazione non residenziale, trattandosi di un capannone.

Elementi che rendono il manufatto non suscettibile di sanatoria ai sensi della legge citata e che non hanno formato neppure oggetto di contestazione nel ricorso.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c..

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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