Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-12-2010) 14-01-2011, n. 758 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 6/10/09, ha rigettato la istanza presentata da P.R. tendente ad ottenere l’annullamento, ovvero la revoca, nonchè la sospensione, dell’ingiunzione a demolire, resa dal P.M., avente ad oggetto il manufatto abusivo di cui alla sentenza di condanna, resa il 19/10/94, confermata dalla Corte di Appello di Napoli il 17/11/95, passata in giudicato il 19/2/96.

Propone ricorso per cassazione la difesa della interessata con i seguenti motivi:

– è evidente il vizio generico attinente alla ritenuta impossibilità che il manufatto in oggetto potesse essere oggetto di sanatoria;

– violazione della L. n. 724 del 1994, art. 39, visto che gli abusi realizzati, secondo la normativa vigente, si ritengono condonabili;

– violazione ex L. n. 689 del 1981, non potendosi eseguire un ordine demolitorio dopo oltre un decennio dalla sentenza definitiva.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha inoltrato in atti requisitoria scritta nella quale conclude per il rigetto.

La difesa della P. ha, ritualmente, inoltrato in atti memoria nella quale contesta quanto dedotto in requisitoria dal P.G..

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

La P. denuncia il vizio di inosservanza, ovvero di erronea applicazione di norme giuridiche e difetto di motivazione.

Orbene si osserva:

– il giudice ha evidenziato che la zona in cui insiste il manufatto abusivo è sottoposta a vincolo;

– ha rilevato il Tribunale come non sia sufficiente, per neutralizzare l’ordine in esame, la mera possibilità che in tempo lontano, potrebbero essere emanati atti favorevoli al condannato, non potendosi rinviare indefinitamente la tutela del territorio, che l’ordine di demolizione è finalizzato a reintegrare;

– il decidente ha, altresì rilevato che le doglianze avanzate con l’incidente di esecuzione fanno riferimento a fatti e circostanze verificatisi anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza del 17/11/95 (la istanza di condono è stata presentata in data 1/3/95), e già, evidentemente sottoposti alla attenzione del giudice di merito, e dunque preclusi all’attuale esame.

Rilevasi, peraltro, che il discorso giustificativo, adottato dal giudice dell’esecuzione, si palesa del tutto immune da vizi logico- giuridici ed in perfetta assonanza all’orientamento giurisprudenziale affermato da questa Corte (Cass. 25/11/04, n. 1104; Cass. n. 43878/2000).

Anche il terzo motivo di ricorso, con cui si contesta il mancato riscontro da parte del giudice dell’esecuzione alla sollevata eccezione di prescrizione dell’ingiunzione a demolire, si palesa totalmente privo di pregio, vista la inammissibilità, per manifesta infondatezza, della stessa eccezione, in quanto l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito dal decidente L. n. 47 del 1985, ex art. 7, con la sentenza di condanna per il reato di costruzione abusiva, non si estingue per il decorso del tempo, ex art. 173 c.p., atteso che questa ultima disposizione si riferisce alle sole pene principali (Cass. 30/4/03, Pasquale).

Sul punto osservasi che nel giudizio di legittimità l’omessa motivazione da parte del giudice di merito in relazione a motivi libellati dall’interessato non comporta automatica nullità del provvedimento assoggettato ad impugnazione, dovendo questa Corte valutare se non si tratti di motivi manifestamente infondati o comunque inammissibili (Cass. 1/2/02, Poggi), come rilevato nella specie.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la P. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la stessa deve, altresì, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., essere condannata al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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