Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-12-2010) 14-01-2011, n. 731

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 24 marzo 2010, depositata in cancelleria il 25 marzo 2010, rigettava l’appello avanzato nell’interesse di S.B. avverso la sentenza del Tribunale di Milano del 15 dicembre 2009 in relazione alle disposizioni riguardanti l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per anni uno ai sensi dell’art. 115 c.p., comma 4 in costanza dell’assoluzione dal reato di tentativo di corruzione in atti giudiziali ex artt. 56 e 319 ter c.p..

Il giudice, in via di premessa, chiariva essere emerso da alcune conversazioni telefoniche intercorse tra la S., D.L. e G.M. (ex fidanzato dalla S.) emergeva che la odierna ricorrente, difensore di fiducia di alcuni esponenti del clan mafioso facente capo a Gu.Vi., si era rivolta, grazie alla intermediazione del G., al D.L. affinchè, grazie alle sue conoscenze, facesse in modo che un certo procedimento in Corte di Cassazione esitasse in una assoluzione. Poichè il D.L. risultava essere un componente della Camera dei Deputati, essendo stata negata l’autorizzazione dell’apposita Commissione circa l’utilizzo delle predette intercettazioni, si perveniva al proscioglimento. Risultando tuttavia dagli atti processuali che la S. si fosse comunque attivata per ottenere una sentenza favorevole della Suprema Corte per i propri assistiti (poi effettivamente intervenuta) tale condotta era considerata rilevante ai sensi dell’art. 115 c.p., giusto il dato fattuale del rinvio a giudizio della prefata nel procedimento per partecipazione al reato ex art 416 bis c.p. e l’imputazione per il reato di favoreggiamento in altro giudizio.

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione S.B. chiedendone l’annullamento per violazione di legge. Il Tribunale non aveva correttamente valutato il rapporto intercorso tra la prefata e il terzo non essendovi stata alcuna istigazione a delinquere; nel caso di specie la ricorrente aveva si interpellato il terzo, rimasto sino a quel momento estraneo e indifferente ai fatti, ma era stato poi quest’ultimo che aveva agito di sua iniziativa richiedendo alla ricorrente come avrebbe dovuto comportarsi. Infine mancava una sufficiente motivazione in merito alla ritenuta pericolosità della S., del tutto incensurata.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

3.1. – Per vero le sollecitazioni difensive mirano a sovrapporre una propria lettura rivalutativa del dato probatorio già evidenziato dal giudice, cercando di dare un’interpretazione diversa ai dati fattuali senza precisare sulla base di quali elementi il giudice ha compiuto un travisamento del fatto. Il Tribunale di Sorveglianza dal suo canto ha per contro evidenziato l’intervenuto accordo della S. con il terzo al fine di attivare le sue conoscenze onde pilotare il procedimento in Cassazione e assicurare a Gu.Vi. un diverso luogo di detenzione, ponendo il D.L. nella condizione, a livello informativo, di poter agire autonomamente, anche che se poi non era stato possibile raggiungere la prova (circostanza ininfluente ai fini per cui è giudizio) che il D.L. si fosse effettivamente attivato in tale senso. Anche in punto di scrutinio della pericolosità la ricorrente non ha fatto che ripercorrere motivazioni già avversate dal giudice con argomentazioni immuni da vizi logici e giuridici. In particolare è stata data piena ed ampia contezza delle ragioni per le quali la S. dovesse essere ritenuta meritevole di applicazione della misura di sicurezza per cui è giudizio.

4. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *