T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 13-01-2011, n. 180 Carriera inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo del giudizio il ricorrente F.M. ha chiesto l’annullamento degli atti indicati in epigrafe, chiedendo inoltre l’accertamento del suo diritto ad essere inquadrato nella qualifica funzionale e profilo professionale superiori così come indicato in epigrafe.

Il ricorrente, dipendente civile del Ministero della Difesa a decorrere dal 1982, in servizio presso l’VIII D.G.M., inquadrato ai sensi dell’art. 4, comma ottavo, della legge n. 312/80 nel profilo professionale n. 126 della V qualifica funzionale, fa presente di esplicare fin dal 1983 le mansioni di Assistente Amministrativo, inerente il profilo professionale n. 3 della IV qualifica funzionale, il cui svolgimento risulta da atti formali provenienti dalla P.A. quali la scheda relativa all’indagine conoscitiva. Con lettera del 18 febbraio 1992 il ricorrente inoltrava all’Amministrazione competente una richiesta di inquadramento nella IV qualifica funzionale, profilo professionale n. 3, ai sensi del 10° comma dell’art. 4 della legge n. 312/80.

L’Amministrazione si limitava a fornire una risposta evasiva con foglio 13300 del 18 aprile 1992 e a seguito di diffida da parte del ricorrente sosteneva l’impossibilità di accogliere la richiesta del ricorrente richiamando il decreto legislativo n. 29 del 1993, art. 74, che ha abrogato il 10° comma dell’art. 4 della legge n. 312/80.

Ritenendo erronee e illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione il ricorrente le ha contestate proponendo il presente ricorso.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato.

Alla pubblica udienza del 3 novembre 2010 la causa è passata in decisione.

Motivi della decisione

Il Collegio osserva che il ricorrente, dipendente civile del Ministero della Difesa, in servizio presso l’VIII D.G.M., all’epoca dei fatti inquadrato (ai sensi dell’art. 4, comma ottavo, della legge n.312/1980) nel profilo professionale n. 126 della V qualifica funzionale, sul presupposto di aver svolto dal 1983 mansioni superiori rientranti nell’ambito del profilo professionale n. 3 della IV qualifica funzionale, ha chiesto, in primo luogo, l’accertamento del suo diritto ad un diverso superiore inquadramento.

Al riguardo, è stato sostenuto che l’Amministrazione avrebbe erroneamente interpretato le disposizioni contenute nel d. lgs. n. 29/1993, senza tenere conto che la parte ricorrente aveva maturato tale diritto nella vigenza dell’abrogato comma 10 dell’articolo 4 della legge n. 312 del 1980, il quale prevedeva l’inquadramento nella corrispondente qualifica funzionale per i dipendenti che svolgevano da oltre cinque anni mansioni superiori, previo espletamento di una prova selettiva mai indetta dall’Amministrazione.

Peraltro, tale pretesa, a parere del ricorrente, non sarebbe in contrasto con quanto stabilito dall’art. 57 del d. lgs. n. 29/1993, considerando che l’interessato aveva svolto per un lungo numero di anni mansioni superiori e che, quindi, in ragione delle necessità funzionali e organizzative dell’Amministrazione, le mansioni assegnate avevano acquistato i caratteri della definitività e dell’irreversibilità, sicché non si comprendono le ragioni per le quali l’Amministrazione non avrebbe potuto soddisfare le richieste della parte ricorrente, se non altro per ragioni di equità e di giustizia sostanziale.

Comunque, lo svolgimento di mansioni superiori con le modalità e per il tempo indicati, hanno determinato il consolidamento della situazione soggettiva del ricorrente.

Il ricorrente ha, inoltre, contestato la violazione degli artt. 2103 e 2126 c.c. nonché, dell’art. 57 del D. Lgs. 3/2/93, n. 29, in quanto la disciplina introdotta con il citato articolo 57 ha previsto che "l’utilizzazione del dipendente può essere disposta esclusivamente per un periodo non eccedente i tre mesi (I comma). Nel caso di assegnazione a superiori mansioni il dipendente ha diritto al trattamento economico corrispondente all’attività per il periodo di espletamento delle medesime…". In sostanza, in deroga all’art. 2103 c.c. tale normativa non ha previsto che l’esercizio temporaneo di mansioni superiori attribuisca il diritto all’assegnazione definitiva delle stesse. Nel caso di specie, però, le superiori mansioni corrispondenti alla VI qualifica funzionale ex D.P.R. n. 12189/84, assegnate ed espletate dal ricorrente per molti anni in favore del Ministero della Difesa, hanno acquisito nel corso del tempo, in ragione delle necessità funzionali ed organizzative dell’articolazione pubblica, il predicato della definitività e della non reversibilità, risolvendosi nella sostanza in una riscontrata modificazione dei compiti in origine assegnati al dipendente. L’eccezionalità e la particolarità della condizione lavorativa del ricorrente impongono, quindi, per ragioni di equità e giustizia sostanziale, la declaratoria del diritto alla tutela apprestata al prestatore di lavoro dall’art. 2103 c.c. sia in ordine alla richiesta di inquadramento professionale superiore, sia ai fini del riconoscimento del diritto alla liquidazione delle differenze retributive medio tempore maturate e mai corrisposte dall’Amministrazione.

In subordine, il ricorrente ha evidenziato che la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. n.57 del 23/2/89), in tema di prestazioni lavorative di fatto ha sancito il principio per cui il difetto di atto formale che conferisca al dipendente l’assegnazioni a mansioni superiori è supplito dal principio della prestazione di fatto di cui all’art. 2126 c.c., applicabile anche ai rapporti di pubblico impiego. Per cui l’Amministrazione non può disconoscere al ricorrente il diritto di godere del maggior trattamento economico sulla base anche del disposto dell’art. 2126 c.c.

Il Collegio ritiene che le domande avanzate dalla parte ricorrente – di annullamento del provvedimento indicato in epigrafe e di accertamento del diritto di essere inquadrato in un diverso profilo professionale – siano infondate e debbano essere respinte per le ragioni di seguito indicate.

L’art. 4 del D.P.R. n. 312/1980 (recante il Nuovo assetto retributivofunzionale del personale civile e militare dello Stato), richiamato dal ricorrente, nel disciplinare il primo inquadramento nelle qualifiche funzionali del personale in servizio al 1° gennaio 1978 ha, tra l’altro, stabilito che "il personale che ritenga di individuare in una qualifica funzionale superiore a quella in cui è stato inquadrato le attribuzioni effettivamente svolte da almeno cinque anni può essere sottoposto, a domanda da presentarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge e previa favorevole valutazione del consiglio di amministrazione, ad una prova selettiva intesa ad accertare l’effettivo possesso della relativa professionalità" (comma 10).

Tale comma è stato abrogato dall’art. 74, D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e dall’art. 72, D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 ma durante la sua vigenza risulta evidente che non si è addivenuti ad un nuovo inquadramento dell’interessato non tanto perché l’Amministrazione non avesse disposto la prova selettiva intesa ad accertare l’effettivo possesso della relativa professionalità (prevista dall’ultima parte del citato comma 10, dell’art. 3, D.P.R. n. 312/1980), quanto perché il ricorrente non risulta aver presentato (come imposto dalla norma richiamata) domanda entro 90 giorni dall’entrata in vigore della norma citata al fine di essere sottoposto alla valutazione del Consiglio di Amministrazione ed alla prova selettiva tesa ad accertare l’effettivo possesso della sua professionalità.

Appare evidente, pertanto, che il ricorrente non può lamentare di non aver ottenuto un diverso inquadramento, posto che non risulta neanche averlo chiesto a tempo debito.

Né si può giungere ad una diversa conclusione sulla base di quanto stabilito dall’art. 57 del d.lgs. n.29/1993 (poi trasfuso nel d.lgs. n.165/2001), in quanto tale norma, nel dettare disposizioni in tema di mansioni superiori, ha stabilito che solo "per obiettive esigenze di servizio, il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni immediatamente superiori: a) nel caso di vacanza di posto in organico, per un periodo non superiori a tre mesi dal verificarsi della vacanza, salva possibilità di attribuire le mansioni superiori ad altri dipendenti per non oltre tre mesi ulteriori della vacanza stessa; b) nel caso di sostituzione di altro dipendente con diritto alla conservazione del posto per tutto il periodo di assenza, tranne quello per ferie". Ma "L’assegnazione alle mansioni superiori è disposta, con le procedure previste dai rispettivi ordinamenti, dal dirigente preposto all’unità organizzativa presso cui il dipendente presta servizio, anche se in posizione di fuori ruolo o comando, con provvedimento motivato, ferma restando la responsabilità disciplinare e patrimoniale del dirigente stesso. Qualora l’utilizzazione del dipendente per lo svolgimento di mansioni superiori sia disposta per sopperire a vacanze dei posti di organico, contestualmente alla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti". E, comunque, "Non costituisce esercizio di mansioni superiori l’attribuzione di alcuni soltanto dei compiti propri delle mansioni stesse, disposta ai sensi dell’articolo 56, comma 2".

Tali disposizioni, peraltro, hanno assunto efficacia a decorrere dalla data di emanazione, in ciascuna Amministrazione, dei provvedimenti di ridefinizione degli Uffici e delle piante organiche di cui agli articoli 30 e 31 e, comunque, a decorrere dal 31 dicembre 1996 (art.57, comma 6, d.lgs. n.29/1003).

Vanno, quindi, rigettate le domande del ricorrente volte ad ottenere l’annullamento del provvedimento indicato in epigrafe e l’accertamento del diritto all’inquadramento superiore richiesto.

Per le medesime ragioni, stessa sorte tocca alle domande proposte ai sensi degli articoli 2103 e 2126 c.c., con particolare riferimento alla pretesa di ottenere le differenze retributive e previdenziali legate al concreto espletamento di mansioni superiori.

Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.

Sussistono validi motivi per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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