T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 13-01-2011, n. 239 Silenzio della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con istanza presentata alla Banca d’Italia in data 3 agosto 2009 il ricorrente ha chiesto di prendere visione e di estrarre copia dei documenti di cui in epigrafe.

Con nota del 1° settembre 2009 il citato istituto, nel sottolineare che la richiesta documentazione, concernente un procedimento sanzionatorio, veniva ad investire anche la situazione dei soggetti sanzionati i quali assumevano, pertanto, la qualifica di controinteressati, ha fatto presente che avrebbe comunicato l’istanza de qua anche a questi ultimi, che avrebbero potuto manifestare opposizione all’accesso entro 10 gg.

Essendosi i controinteressati opposti all’accoglimento della ripetuta istanza, il resistente istituto non ha adottato alcun provvedimento in merito, con la conseguente formazione del silenziodiniego di cui all’art.25, comma 4 della L. n.241/1990.

Successivamente, avendo l’avvocato G. con nota del 27 maggio 2010, diffidato la BI a provvedere in merito all’istanza di accesso a suo tempo presentata, quest’ultima con nota di pari data faceva presente che l’istanza presentata nell’atto di diffida costituiva una mera riproposizione di quella del 30 luglio 2009, con riferimento alla quale era maturato il silenziodiniego ai sensi dell’art.25, comma 4, della L. n.241/1990.

In relazione a tali circostanza fattuali, l’odierno ricorrente:

a) con il proposto gravame ha contestato la legittimità del silenzio serbato dall’intimato istituto sulla prima istanza di accesso deducendo a tal fine il seguente motivo di doglianza:

Violazione art.22 della L. n.241/1990. Violazione dell’art.97 della Costituzione. Violazione dell’art.23 della L. n.241/1990:

b) ha impugnato con motivi aggiunti la nota del 27 maggio 2010 prospettando a tal fine la seguente doglianza:

Violazione dell’art.22 della L.241/1990. Violazione dell’art.3 del DPR 184/2006. Falsa applicazione dell’art.25 della L. n.241/1990. Violazione dell’art.97 della Costituzione;

c) con un successivo atto di motivi aggiunti ha chiesto la condanna della BI al risarcimento dei danni subito in conseguenza della illegittima condotta della stessa.

Si è costituita la Banca d’Italia prospettando l’inammissibilità del proposto gravame e dei successivi motivi aggiunti di doglianza e contestando nel merito la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali.

Si è pure costituita la B.P.C.D.V. sostenendo che l’ostensione della richiesta documentazione era preclusa dalla disciplina in materia (art.24 della L. n.241/1990; art. 7, comma 1, del D.lgvo n.385/1993; art.2, comma 1, lett.a) del Regolamento per l’esclusione dell’esercizio del diritto di accesso emanato dalla BI in data 16 maggio 1994)

Alla camera di consiglio del 24 novembre 2010 il ricorso è stato assunto in decisione.

In via preliminare deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Banca d’Italia.

Al riguardo deve essere fatto presente che:

a) non è contestabile che sulla prima istanza di accesso il resistente istituto non si sia in alcun modo pronunciato nel temine canonico, non assumendo alcuna rilevanza a tal fine la nota del 1° settembre, avente natura di mero atto soprassessorio ed in nessun modo inidonea ad interrompere il decorso del termine di 30 gg di cui all’art.25, comma 4, della L. n.241/1990;

b) come chiarito dalla consolidata giurisprudenza in materia il silenzio serbato su un’istanza di accesso è da qualificare come diniego, impugnabile nel termine di decadenza di 30 gg, dovendosi configurare il giudizio avverso le determinazioni – o il silenzio significativo – della pubblica Amministrazione in materia di accesso come giudizio impugnatorio.

Alla luce di tali argomentazioni, pertanto, il ricorso principale deve essere dichiarato tardivo.

Inammissibili, devono essere dichiarati anche i primi motivi aggiunti di doglianza prospettati avverso la nota del 9 luglio 2010 con cui la Banca d’Italia ha sostanzialmente rigettato la nuova istanza di accesso sul presupposto che la stessa costituiva un mera riproposizione di quelle precedente, rispetto alla quale si era formato un silenziorigetto non tempestivamente impugnato.

Al riguardo il Collegio sottolinea che:

a) come chiarito da questa Sezione con la recente sentenza n.3250/2010, in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale, dettagliatamente riportato dalla BI, la mancata impugnazione del diniego di accesso agli atti, nel termine di trenta giorni, decorrente dalla conoscenza del provvedimento di diniego o dalla formazione del silenzio significativo, non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego, laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo, potendo l’interessato reiterare l’istanza e pretendere riscontro alla stessa solo in presenza di fatti, nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all’accesso; in tal caso, l’originario diniego da intendere sempre "rebus sic stantibus", ancorché non ritualmente impugnato, non spiegherà alcun rilievo nella successiva vicenda procedimentale e processuale;

b) poichè nella vicenda in esame la riproposizione dell’istanza di accesso non è stata supportata da tali fatti nuovi, la contestata determinazione ha carattere meramente confermativo, con conseguente inammissibilità delle doglianze avverso la stessa prospettate.

Da rigettare è, infine, la pretesa risarcitoria formulata con i secondi motivi aggiunti di doglianza, stante che, anche a voler ammettere l’autonomia del giudizio risarcitorio rispetto al giudizio impugnatorio avente ad oggetto il diniego di accesso, non ne sussistono i relativi presupposti, avuto presente che:

a) nessuna illiceità è riscontrabile nell’operato della BI la quale non ha in alcun modo suscitato un legittimo affidamento in capo al ricorrente circa l’accoglimento dell’istanza di accesso, dato che con la prima nota del settembre 2009 il suddetto istituto si era limitato sostanzialmente a far presente che in ordine all’avvenuta presentazione della citata istanza era necessario interessare anche i controinteressati, che avrebbero potuto opporsi all’accoglimento della stessa;

b) non è seriamente contestabile che l’attuale istante, in ossequio a quanto disposto dal secondo comma dell’art.1227 del codice civile secondo cui il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto acquisire la richiesta documentazione nell’ambito del processo civile di cui è parte, proponendo apposita istanza ex art.210 cpc.

Ciò premesso, il proposto gravame deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7193 del 2010, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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