Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-12-2010) 14-01-2011, n. 708

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. I due imputati sono stati condannati, all’esito di giudizio abbreviato, alla pena dell’ergastolo in primo grado, pena riformata nella condanna ad anni trenta di reclusione, in grado di appello, con la sentenza in epigrafe indicata, ciascuno per il reato di omicidio a scopo di rapina, commesso ai danni di F.V., che venne dapprima accecato con uno spray orticante dalla donna, quindi venne colpito al capo, con almeno cinque colpi infetti con un tronchetto di legno dal T., dopo essere stato derubato. Una volta constatatane la morte, i due imputati avevano occultato il cadavere, gettandolo in una scarpata e lo avevano ricoperto di terra.

I giudici di merito ritenevano, alla luce della confessione resa dai due allora indagati, che i reati contestati fossero perfettamente integrati così come contestati, sottolineando la ricorrenza dei presupposti dell’aggravante della premeditazione. Era stato ammesso dai due che la donna – che era corteggiata dalla vittima, aveva dato un appuntamento al F., facendogli credere di volersi concedere, si era accostata a lui e mentre questi si toglieva i pantaloni, lo accecò, cosicchè il T. ebbe agio di intervenire per derubarlo e colpirlo ripetutamente al capo.

Veniva opinato, in entrambi i gradi di giudizio, che i due imputati non erano meritevoli della concessione delle circostanze attenuanti generiche, non solo in ragione della obiettiva gravità della condotta, connotata da premeditazione, ma per la parzialità della loro confessione e per il comportamento tenuto post delictum, cosicchè a ciascuno veniva inflitta la pena dell’ergastolo, ridotta ad anni trenta per la scelta del rito.

2. Avverso tale pronuncia, hanno proposto ricorso per Cassazione entrambi gli imputati, pel tramite dei loro difensori, con due distinti ricorsi, per dedurre entrambi mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, sia in punto di riconoscimento della aggravante della provocazione, che in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. La difesa di E. insiste anche e preliminarmente, sulla nullità dell’avviso di citazione all’udienza preliminare all’imputata, per omessa traduzione dell’atto, deducendo un vizio di violazione di legge.

Motivi della decisione

Entrambi i ricorsi sono inammissibili.

Il motivo che verte sulla nullità dell’atto di citazione a giudizio avanti al gup è generico, poichè vengono ripetute le deduzioni svolte nei precedenti gradi di giudizio, deduzioni su cui la Corte territoriale ha dato corretta motivazione, quanto alla non ricaduta in termini di limitazione del diritto di difesa, della mancata traduzione dell’atto, ricorrendo plurimi indicatori della conoscenza della nostra lingua da parte della imputata, tra cui il verbale del suo fermo – in cui venne dato atto che la E. comprendeva e parlava la lingua italiana -, il verbale dell’ esame a cui l’imputata venne sottoposta in sede di udienza preliminare, reso senza l’ausilio dell’interprete, la richiesta di scarcerazione formulata personalmente dall’imputata in carcere il 28.10.2009. Atti questi che consentono di ritenere certa la conoscenza della lingua italiana da parte dell’interessata, anche senza dover fare riferimento ai ricorsi presentati alla Corte di Cassazione, sottoscritti dalla sola imputata, che sicuramente vanno ricondotti alla mano del legale, ma poichè sottoscritti dalla stessa, fanno presumere l’intervenuta presa di conoscenza e la accettazione dell’atto, manifestazioni queste che presuppongono la comprensione della lingua italiana. E’ stato giustamente asserito dai primi giudici che il fatto che in alcune occasioni, per un eccesso di scrupolo, si sia fatto ricorso all’opera dell’interprete, non elide la portata dei contributi suindicati, attestanti senza ombra di dubbio, la conoscenza della nostra lingua da parte della suddetta.

E’ parimente inammissibile il motivo incentrato sulla mancanza, contradeittorietà ed illogicità della motivazione sulla ritenuta circostanza aggravante della premeditazione, avendo fornito la Corte territoriale una solido ed inattaccabile motivazione. E’ stato infatti ricordato che l’azione criminosa non fu oggetto di improvvisazione, ma venne studiata, se vero è che l’uomo venne attirato in una trappola, nel senso che la E. finse di volerlo incontrare, gli fece credere di aver deciso di concedersi a lui, con il che l’uomo assolutamente ignaro dei reali propositi della donna, si presentò nel luogo convenuto e proprio mentre si stava spogliando, fu accecato dalla E. con spray orticante, quindi fu derubato e colpito con cinque colpi di un tronchetto di legno dal T., che si era momentaneamente nascosto tra i rovi. Lo sviluppo di questa azione veniva ritenuto altamente dimostrativo dell’intercorrenza di un tempo significativo tra la progettazione dell’azione e la sua realizzazione e del perfetto sincronismo in cui si inserirono le parti giocate dai due attori sulla scena del crimine. A ciò la Corte territoriale aggiungeva un argomento tratto dalle regole di esperienza, facente leva sul fatto che poichè entrambi gli imputati erano conosciuti dalla vittima, non potevano che aver programmato un’azione con eliminazione della vittima, poichè se mai la vittima fosse sopravvissuta, li avrebbe certamente smascherati. La critica mossa a siffatto ragionamento dalla difesa di E., secondo cui poichè l’uomo arrivò da tergo, non sarebbe mai stato visto dalla vittima, con il che la donna avrebbe sempre potuto a sua volta passare come vittima, non offre una lettura alternativa basata su plausibilità logica. Se ne deve concludere che la critica di illogicità del ragionamento condotto è assolutamente fuor di luogo, poichè l’excursus motivazionale è stato fondato su una coerente analisi critica degli elementi indiziari, con impiego di massime di comune esperienza sostenute da intuibile e persuasiva verifica empirica e logica, con il che non è dato apprezzare alcun deficit argomentativo. Gli elementi suggeriti a sostegno della tesi contraria (intervenuto acquisto delle valige e dei vestiti non prima, ma dopo l’azione di sangue) non supportano la tesi difensiva della insussistenza della premeditazione, non avendo sufficiente plausibilità logica e non si prestano come base inferenziale nei termini proposti dalla difesa.

Nè può essere condivisa la censura di insufficienza, contraddittorietà, illogicità della motivazione in relazione al fatto che sia stata preferita la prima versione della donna, – in cui ammise la volontà omicidiaria, rispetto a quella successiva, in cui oppose di aver attirato il F. solo per derubarlo. Sul punto la Corte territoriale ha correttamente motivato che la successiva ritrattazione andava ricondotta ad un estremo tentativo di allontanare la pesante responsabilità, poichè smentita dalle emergenze disponibili (scelta di luogo isolato, agguato, predisposizione di un’arma, reiterazione di colpi, abbandono della vittima, successivo occultamente di cadavere). Il ragionamento non soffre di fratture o cadute nella sua coerenza e congruità, per cui la motivazione anche sul punto, si sottrae alla censura di illegittimità.

Quanto infine alla asserita carenza di motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, il motivo è ancora inammissibile, poichè si scontra con il fatto che i giudici di merito hanno dato conto delle ragioni dello loro decisione, motivando sia i profili oggettivi, che soggettivi del reato, valutando il comportamento tenuto anche dopo il fatto, dai due imputati, nonchè il loro comportamento processuale, giungendo alla ragionata conclusione di non ritenere concedibili le invocate circostanze attenuanti generiche, con motivazione congrua e coerente che, come tale, non è censurabile in questa sede.

Alla dichiarazione di inammissibilità per manifesta infondatezza del ricorso, consegue la condanna al pagamento delle spese processuali, nonchè al pagamento della somma di Euro 1000,00 ciascuno, alla cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p.. Entrambi gli imputati vanno condannati, in solido, alla rifusione a favore delle parti civili delle spese del presente giudizio, che vengono liquidate in complessivi Euro 3.200,00, oltre accessori, come per legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al pagamento della somma di Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, nonchè in solido alla rifusione a favore delle parti civili delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, oltre accessori, come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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