Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-11-2010) 14-01-2011, n. 781 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 22.04.2008 il GUP del Tribunale di Lecce, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava A.C. e M. R. colpevoli del reato di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80 cpv., per aver concorso, tra loro e con P.A., nel trasporto e nella detenzione di due panetti di cocaina per grammi 1982,97 (con principio attivo del 71,11% e del 68,96%), in esecuzione di un accordo di compravendita che vedeva l’ A. come acquirente, condannandoli, con le attenuanti generiche equivalenti e la diminuente per il rito, rispettivamente l’ A. alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa, e il M., ritenuto colpevole altresì del reato ex art. 378 c.p., per favoreggiamento del latitante P.A., alla pena di anni sei di reclusione ed Euro 22.000,00 di multa.

Sugli appelli proposti dai prevenuti, con sentenza del 23.09.2009 la Corte di Appello di Lecce assolveva il M. dal reato ex art. 378 c.p., con eliminazione della relativa pena e confermava nel resto l’impugnata sentenza. Ricorrono per cassazione gli imputati.

L’ A. deduce col primo motivo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione della sua responsabilità, siccome basata:

– sulla circostanza che egli si trovò a passare con la macchina, su cui trasportava la somma di Euro 99.000,00, nel luogo in cui furono fermati il M. e il P. e dove fu poi rinvenuta la sostanza stupefacente in un involucro recante l’impronta del P.;

– sull’indimostrato assunto che la detta somma era congrua per l’acquisto della droga rinvenuta;

– sulla pretermissione della documentazione comprovante la lecita provenienza e la diversa finalità della detta somma.

In ogni caso, poi, secondo il ricorrente, il fatto avrebbe dovuto essere considerato un tentativo di acquisto, mancando qualsiasi prova di un accordo già intervenuto. Con altro motivo l’ A. contesta la legittimità della confisca del denaro, sia a sensi della L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies (trattandosi di ipotesi tentata ed essendosi dimostrata la lecita provenienza della somma), sia a sensi dell’art. 240 c.p. (mancando qualsiasi motivazione in ordine alla pericolosità del denaro e non potendosi considerare lo stesso come prezzo del reato).

Il M. deduce col primo motivo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione della sua responsabilità, siccome basata sul solo fatto che egli si trovò insieme al P. e sull’indimostrata consegna da parte sua allo stesso della sacca in cui fu rinvenuto l’involucro con la droga, null’altro emergendo in atti a suo carico.

Con altro motivo il ricorrente denuncia che la pena residua, una volta escluso il reato di favoreggiamento, non è di anni cinque e mesi otto di reclusione, come indicato in motivazione nella sentenza impugnata, bensì di anni cinque e mesi quattro di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa.

Motivi della decisione

Il ricorso dell’ A. è infondato.

Per quanto concerne, invero, la conferma della sua responsabilità, si osserva che la Corte di merito ha motivato sul punto in modo congruo e logico, con riferimento:

– alle circostanze di fatto accertate, che vedevano il prevenuto, da un lato, diretto in ora serale a bordo della sua autovettura – su cui trasportava, nascosta sotto il sedile anteriore lato passeggero, la ingente somma di Euro 99.000,00 – verso il luogo, isolato e in aperta campagna, ove si erano recati, a bordo di due moto, il M. e il P., e quest’ultimo, sorpreso dai Carabinieri, aveva gettato un borsello nero calamitato per moto (poi successivamente rinvenuto) in cui vi era una busta di cellophane contenente oltre 1987 grammi di cocaina, suddivisa in due panetti, e, dall’altro, impegnato nel tentativo di allontanarsi repentinamente appena accortosi della presenza di più persone (i Carabinieri erano già sopraggiunti sul posto e fermato il M. e il P.);

– alla (correttamente) ritenuta congruità della somma detenuta dal l’ A. per il pagamento della droga rinvenuta;

– alla (corretta e non contraddittoria) reiezione della richiesta di accertamento ufficiale del costo della droga, stante la illiceità e clandestinità del mercato in questione;

– alla (correttamente) ritenuta inverosimiglianza delle spiegazioni fornite dal prevenuto per la sua presenza in quel luogo e per il possesso, nelle circostanze dette, della riferita ingente somma in contanti.

Circa la qualificazione del fatto, la Corte di merito ha correttamente ritenuto la sussistenza del reato consumato, desumendo logicamente dalle riferite circostanze di fatto che tra le parti era già intervenuto un completo accordo sullo scambio di droga contro denaro.

Per quanto concerne la confisca del denaro, la stessa è stata giustificata dai giudici di merito col rilievo che lo stesso era strettamente funzionale alla commissione del denaro. Si tratta, com’è evidente, di confisca disposta a norma dell’art. 240 c.p., comma 1. Tale confisca tende a prevenire la commissione di altri reati, sottraendo alla disponibilità del colpevole cose che, se in suo possesso, potrebbero agevolarlo nel realizzare nuovi fatti criminosi della stessa indole. I presupposti per la sua applicazione ricorrono ogni volta che sussista uno stretto collegamento, per la natura e le modalità del reato, fra la detenzione della cosa sequestrata e la possibilità di reiterazione della condotta delittuosa (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 11982 del 14/02/2007, dep. 22/03/2007, Rv. 236282, Indelicato; Sez. 4, Sentenza n. 34365 del 17/06/2004, dep. 11/08/2004, Rv. 229094, Schoti). Tanto – al di là di una non completa esplicitazione formale nella sentenza impugnata – emerge ex se nel caso di specie, intrinsecamente caratterizzato dall’univoco e immediato collegamento del denaro al reato e da una modalità ed entità dell’illecito affare, tale da implicare per i suoi principali protagonisti una vocazione operativa destinata a ripetersi nel tempo.

Infondato in punto responsabilità è anche il ricorso del M..

Al riguardo, infatti, la Corte di merito ha logicamente argomentato con riferimento alle modalità dei fatti, implicanti una concordata convergenza operativa fra il P. e il M., e alla circostanza – singolare in relazione alla diversità dei modelli e provenienza dei motoveicoli, appartenenti a persone dimoranti in luoghi distanti, e tale da far ragionevolmente ricostruire un passaggio (contestato in ricorso con valutazioni assertive e alternative) dall’uno all’altro soggetto – della identità della sacca per motocicletta in cui fu rinvenuto l’involucro contenente la droga (recante un’impronta del P.) con la sacca posizionata sul motociclo condotto dal M..

Fondato è invece il rilievo del M. circa l’entità della pena già applicata (in aumento art. 81 c.p., ex cpv.) dal primo giudice per il reato di favoreggiamento e da eliminare per effetto dell’assoluzione disposta in appello. Tale pena, infatti, era (già decurtata per la riduzione per il rito) di mesi otto di reclusione – e non di mesi quattro, come implicitamente ed erroneamente indicato nella motivazione della sentenza impugnata – ed Euro 2000.00 di multa. Il dispositivo di questa deve, pertanto, essere rettificato con la precisazione integrativa di cui sopra.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso di A.C., che condanna al pagamento delle spese processuali. Rettifica la sentenza impugnata nei confronti del M., nel senso che ove in dispositivo è scritto "elimina la relativa pena" deve aggiungersi "di mesi otto di reclusione ed Euro 2000,00 di multa". Rigetta nel resto il ricorso del M..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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