T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, Sent., 13-01-2011, n. 18 Infermita’: rimborso spese di cura

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente ha presentato il 5 maggio 1999 istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità "turbe depressive ansiose reattive".

La CMO di Torino con verbale del 9.1.2001 riteneva la patologia "disturbo delirante, tipo di persecuzione di grado moderato a decorso cronico" non dipendente da causa di servizio (fattori individuali e costituzionali) e non stabilizzata.

La Commissione medica di II^ istanza della regione militare Nord (Padova), con verbale del 14/11/2002, ha riconosciuto invece che l’infermità fosse dipendente da causa di servizio. In particolare tale Commissione riteneva che:

"Come ribadito dalla giurisprudenza, in tema di causalità di servizio, la sussistenza del nesso causale o concausale efficiente e determinante tra l’infermità ed il servizio stesso vanno condotti non alla stregua di un concetto assoluto bensì relazionato alle effettive concrete possibilità di resistenza psicofisica del soggetto di fronte a particolari stimoli esterni. Nella fattispecie risulta che il dipendente negli anni immediatamente precedenti l’insorgenza dell’infermità lamentata ha prestato servizio al carcere palermitano dell’Ucciardone, in ambiente particolarmente ostile e caratterizzato da rapporti molto tesi con i detenuti. Per altro alla luce della negatività anamnestica per patologie psichiatriche, escludendo un carattere di endogeno costituzionale della stessa per l’aspetto reattivo della sintomatologia psichiatrica, escludendo anche fatti estranei al servizio non documentati in atti, questa CM II^ istanza, in discordanza con quanto sancito dalla CMO, giudica l’infermità di cui al giudizio diagnostico SI DIPENDENTE da causa di servizio".

Tale provvedimento medico legale venne fatto proprio dal ministero della giustizia il 23/4/2004.

Con una prima domanda del 23/1/2003 il ricorrente formulava la richiesta di equo indennizzo per "disturbo delirante cronico di tipo persecutorio a carattere moderato".

Con nota del 6 novembre 2003 del dirigente ministeriale competente veniva comunicato il mancato accoglimento, in quanto l’infermità non risultava stabilizzata (come da verbale della CMO di Torino del 9/1/2001).

Con nuova domanda del 27/30 aprile 2004 il ricorrente chiedeva di essere sottoposto ai prescritti accertamenti sanitari per ottenere una classificazione tabellare della menomazione dell’integrità fisica.

La Commissione Medica Ospedaliera di Cagliari, con verbale del 1/9/2005, ha giudicato la menomazione "disturbo delirante in fase di compenso" ascrivibile alla tabella A5^ categoria annessa al d.p.r. 30/12/1981 n. 834 (data di stabilizzazione 30/4/2004).

Con successiva istanza del 6 dicembre 2005 il ricorrente ha chiesto la liquidazione dell’ "equo indennizzo" per l’infermità "disturbo delirante cronico di tipo persecutorio a carattere moderato ".

Il Comitato di Verifica per le cause di servizio, con proprio parere del 27 dicembre 2007, ha invece negato che l’infermità possa riconoscersi dipendente da fatti di servizio.

Con decreto del 7 agosto 2009 il Direttore Generale del Ministero ha quindi respinto la richiesta di concessione dell’equo indennizzo formulata il 6/12/2005.

Con ricorso consegnato per la notifica il 23 dicembre 2009 il ricorrente ha impugnato il diniego e gli atti endoprocedimentali in epigrafe indicati, formulando le seguenti censure:

eccesso di potere per evidenti vizi logici – contraddittorietà con i precedenti accertamenti medici effettuati dalla stessa amministrazione (contrasto con i pareri medici resi dalle Commissioni mediche di Padova e di Cagliari, che invece hanno riconosciuto la sussistenza del "nesso causale" tra l’infermità ed il servizio svolto, in particolare in considerazione del periodo prestato presso il carcere dell’Ucciardone di Palermo) – omessa sufficiente motivazione per sostenere la decisione di segno negativo ai fini dell’equo indennizzo – illegittimità del parere reso dal Comitato di verifica, nel dicembre 2007, il quale ha ritenuto, contrariamente alle informazioni emergenti dagli atti, che non sarebbero state documentate "situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata, a favorirne lo sviluppo" – omessa considerazione e verifica della documentazione d’ufficio – insufficiente valutazione della documentazione in atti ed evidente difetto di motivazione.

Con il ricorso è stata formulata, inoltre, richiesta di "accertamento del diritto" al riconoscimento della causa di servizio ed all’equo indennizzo, con nomina, eventualmente, di CTU al fine di confermare la sussistenza del nesso di "derivazione causale" tra la patologia riscontrata ed il servizio lavorativo prestato dal ricorrente.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione chiedendo il rigetto del ricorso; in ogni caso l’Avvocatura ha chiesto il rigetto della domanda "di accertamento" del diritto, in quanto, in materia di riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio, il dipendente pubblico non è titolare di una posizione di "diritto soggettivo" ma solo di "interesse legittimo", in relazione alla quale non sono ammesse azioni dichiarative, di accertamento o di condanna.

All’udienza del 9 dicembre 2010 il ricorso è stato spedito in decisione.

Motivi della decisione

I) DOMANDA IMPUGNATORIA.

Il ricorrente ha svolto l’attività di agente penitenziario fin dal 1993 (senza manifestazioni di patologie psichiche) ed è stato posto in congedo -come agente- per riforma, il 28/3/2001; svolge servizio nella Casa circondariale di Isili come collaboratore "B2".

Sostiene in ricorso di essersi trovato ad affrontare un periodo lavorativo molto difficile nell’estate 1997, quando fu inviato in missione, come agente penitenziario, presso il carcere palermitano dell’Ucciardone. La circostanza è stata riconosciuta ed attestata anche dalla Commissione medica di seconda istanza di Padova nel novembre 2002 (la missione iniziata nel maggio del 1997 è proseguita fino all’ 1.10.1997).

In particolare risulta dagli atti depositati che le Commissioni Mediche di Padova (in seconda istanza, il 14 novembre 2002) e di Cagliari (CMO dell’ 1 settembre 2005) hanno riconosciuto la sussistenza del nesso causale tra la delicata patologia ("disturbo delirante cronico di tipo persecutorio a carattere moderato""disturbo delirante in fase di compenso") ed il servizio svolto come agente di p.p., indicando -specificamente- nel servizio prestato presso il carcere di Palermo un "ambiente particolarmente ostile e caratterizzato da rapporti molto tesi con i detenuti", escludendo espressamente la sussistenza di "un carattere endogeno costituzionale della malattia" (cfr. motivazioni del giudizio medicolegale di Padova, in seconda istanza, ed in riforma al giudizio precedentemente espresso dalla CMO di Torino il 9 gennaio 2001, che invece negava la sussistenza della dipendenza da causa di servizio).

Per contro il Comitato di verifica, nell’espressione del proprio parere tecnicogiuridico di "sintesi" (il 27/12/2007), ai fini della concessione dell’equo indennizzo, ha disconosciuto la sussistenza della dipendenza da fatti di servizio con la seguente motivazione:

"in quanto trattasi di forma di nevrosi che si estrinseca con disturbi di somatizzazione attraverso i canali neurovegetativi, scatenata spesso da situazioni contingenti che si innescano, di frequente, su personalità predisposta. Non rinvenendosi, nel caso di specie, documentate situazioni conflittuali relative al servizio, idonee, per intensità e durata, a favorirne lo sviluppo, l’infermità non può ricollegarsi agli invocati eventi, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante".

Il Collegio ritiene che il Comitato per la Verifica delle cause di servizio, nell’analizzare la situazione personale e di servizio, non abbia adeguatamente valutato gli elementi fattuali che hanno determinato -quale fattore scatenante- il disturbo sofferto dal ricorrente.

Dall’esame degli atti emerge che l’esperienza palermitana ha realmente iniziato a menomare la salute del ricorrente per il disagio ambientale ivi riscontrato, a causa dei rapporti che si sono sviluppati con i detenuti, con la nascita di forti preoccupazioni personali (telefonate anonime, minacce, ritorsioni,…).

La Questura di Palermo segnalava al Ministero dell’Interno e di Grazia e Giustizia (con nota del settembre 1998), da fonte confidenziale, che comportamenti vessatori assunti nei confronti di detenuti da parte di agenti di p.p. provenienti da istituti di pena della Sardegna avrebbero suscitato "propositi di vendetta" (cfr. doc. n. 16).

Risulta che il ricorrente abbia prestato servizio in sezioni ove erano detenuti soggetti sottoposti al 41 bis. In particolare è emerso che alcuni agenti (tra cui il F.) sono stati coinvolti in fatti che hanno scatenato peculiari e rilevanti tensioni emotive per gli addetti al controllo delle sezioni, fatti che hanno reso necessario (per il ricorrente) l’allontanamento da quel settore, con assegnazione alle sezioni detentive "a regime ordinario" ("curando che lo stesso non abbia per nessun motivo contatti con detenuti sottoposti alle limitazioni di cui all’articolo 41 bis O.P" -cfr. la disposizione del 5 febbraio 1999 del Direttore della casa circondariale di Cuneo, in riferimento "a quanto comunicato al gruppo operativo mobile dalla questura di Palermo"; cfr. doc. n. 30).

Anche una particolare attenzione, diretta alla protezione della sua famiglia, emerge dagli atti; in particolare dalla nota del prefetto di Nuoro del 30 marzo 1999 da cui risulta che "il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica ha esaminato la problematica concernente la sicurezza dei familiari dell’agente scelto di polizia penitenziaria V. F.. Al riguardo è stato disposto l’inserimento dell’abitazione dei predetti tra gli "obiettivi sensibili" che verranno vigilati nel contesto del piano di controllo coordinato del territorio, da parte della stazione carabinieri di Gergei" (cfr. doc. n. 21).

Tali "elementi oggettivi" non risulta che siano stati tenuti in adeguata considerazione da parte del Comitato, che si è espresso con opposta valutazione (negativa), semplicemente rimettendo, sbrigativamente, alla sfera meramente soggettiva (qualificandola "personalità predisposta") la delicata patologia del ricorrente.

Al fine di descrivere in modo approfondito l’eziologia e lo sviluppo della patologia sono state depositate in giudizio 2 consulenze mediche di parte (redatte il 28.12.2000 e il 14.7.2005 dal dott. Stefano Scano, Psichiatra -docc. n. 23 e n. 24), oltre a svariati "certificati psichiatrici" (del 2000, 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009, doc. 25). Nell’insieme si rileva un "disturbo d’ansia con umore depresso, disturbi del sonno, incubi, a partire dal 1999, con comparsa di ideazione paranoide a tematiche persecutorie; con riconoscimento di una situazione di "discreto compenso"". La patologia viene identificata come "disturbo delirante, Tipo di persecuzione, di grado moderato", caratterizzato da ansia, rabbia, risentimento. Inoltre, per quel che qui interessa, il tema delirante viene riconosciuto come "riguardante direttamente il contesto lavorativo" (cfr. pag. 18 della relazione medica del 2005). L’insorgenza dei primi disturbi psichici viene individuata nell’estate del 1997, in corrispondenza dell’ "episodio responsabile" (esperienza nel carcere palermitano) per la lamentata difficoltà nella gestione dei rapporti con i detenuti. Tale servizio in missione è stato riconosciuto scatenante la patologia (sia dal consulente di parte che dalle Commissioni mediche di Padova e di Cagliari).

La situazione medica presentò, poi, una fase di "stasi" nel corso del 1998 (in quanto il ricorrente, in seguito all’incidente stradale subìto nel dicembre 1997, usufruì di diversi mesi di convalescenza, giovandosi di un lungo allontanamento dall’ambiente di lavoro); ma a partire dal 1999 le problematiche si sono riacutizzate, con lievitazione dei sentimenti di angoscia e delle sensazioni di minaccia, con ansia paranoide e ideazione persecutoria, ed ancora maturazione di sentimenti di rabbia e di risentimento.

I fatti e la patologia erano stati valutati positivamente ai fini del riconoscimento della "causa di servizio" anche dalle Commissioni mediche di Padova e di Cagliari (nel 2002 e nel 2005).

Per contro la correlazione e la sussistenza del nesso di causalità non è stato riconosciuto ai fini del procedimento dell’equo indennizzo.

In questa sede però non risulta che siano stati adeguatamente valutati, dal Comitato, tutti i fatti oggettivamente rilevanti.

L’art. 11 rubricato "Pareri del Comitato" del DPR 29 ottobre 2001, n. 461 " Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell’equo indennizzo, nonchè per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie." stabilisce che:

"1. Il Comitato accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione.

2. Entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti, il Comitato, nel giorno fissato dal Presidente, sentito il relatore, si pronuncia sulla dipendenza dell’infermità o lesione da causa di servizio con parere da comunicare entro quindici giorni all’amministrazione.

3. Il parere è motivato ed è firmato dal Presidente e dal Segretario.

4. Entro venti giorni dal ricevimento degli atti, il Comitato può richiedere supplementi di accertamenti sanitari alla Commissione medica prevista dall’articolo 6 o ad una delle Commissioni di cui all’articolo 9, scelta in modo da assicurare la diversità dell’organismo rispetto a quello che ha reso la prima diagnosi; la visita medica è effettuata nel rispetto dei termini e delle procedure di cui ai predetti articoli. Salvi i casi di impossibilità di ulteriore corso del procedimento ai sensi dell’articolo 6, commi 8 e 11, il verbale della visita medica è trasmesso direttamente al Comitato entro quindici giorni; il Comitato si pronuncia ai sensi del comma 2 entro trenta giorni dalla ricezione del verbale."

Il Comitato di Verifica per le cause di servizio (corrispondente all’ex C.P.P.O.) è dunque l’unico organo competente, ai sensi dell’art. 11 del d.P.R. 461/ 2001, ad esprimere un "giudizio conclusivo" circa il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio, in sede di liquidazione dell’equo indennizzo.

Ma avendo questa peculiare funzione di elemento consultivo decisorio (per tutti gli aspetti sia medici che giuridici) deve essere un parere ancor più analitico, specie se si considera che l’autorità decidente, in presenza di pareri medico – legali di segno opposto sulla dipendenza da causa di servizio dell’infermità contratta e sofferta dal pubblico dipendente, non ha l’ obbligo di indicare le ragioni in favore della scelta compiuta dal Comitato di Verifica, atteso che il d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 attribuisce a detto organo competenza esclusiva nella materia de qua e, anzi, impone all’organo di amministrazione attiva di conformarsi al parere reso dal Comitato e di assumerlo come motivazione dell’adottando provvedimento (sia esso di accoglimento che di rigetto).

La fase di espressione del parere del Comitato è dunque essenziale e ancor più delicata: nelle sue valutazioni debbono trovare riscontro tutti gli elementi caratterizzanti la fattispecie, in particolare tutti i fattori scatenanti e oggettivamente riscontrabili negli atti e nei documenti.

Il Collegio ritiene che il Comitato, nell’esprimere il proprio giudizio tecnicogiuridico, non abbia adeguatamente analizzato e valutato, con la dovuta attenzione ed approfondimento, in particolare l’esperienza maturata in missione (nel carcere di Palermo, come agente di p.p.), nel corso del 1997. Tale servizio ha duramente provato il ricorrente, scatenando un sentimento di ansia e di preoccupazione patologica. Da ciò sono derivati forti timori sia per la propria persona, che per la propria famiglia (composta dal coniuge e da figli piccoli, residenti in Gergei, prov. di Nuoro) -come risulta dal verbale di dichiarazioni rese dall’agente F. il 5.2.1999, doc. n. 17, presso la Casa circondariale di Cuneo, ove il ricorrente era stato convocato per il radiogramma della Questura di Palermo del 8.9.1998.

Il servizio reso in missione presso un carcere particolarmente difficile -Ucciardone di Palermo- (non così fino ad allora era stata l’esperienza presso gli altri carceri di Mamone e di Cuneo, sedi di servizio) è divenuto, nel caso esaminato, elemento scatenante la patologia sofferta.

Disconoscere tale profilo di causalità/concausalità determinante significa negare apoditticamente che un servizio reso in condizioni oggettivamente particolarmente difficili e stressanti (specie sotto il profilo psicologico) possa assumere un ruolo essenziale nel verificarsi della patologia ansiosa/delirante.

E tali elementi fattuali erano oggettivamente riscontrabili dalla documentazione in atti, contrariamente a quanto affermato dal Comitato, che invece ha ritenuto -nel passaggio della motivazione- "non rinvenendosi, nel caso di specie, documentate situazioni conflittuali relative al servizio, idonee, per intensità e durata, a favorirne lo sviluppo".

Sotto il profilo motivazionale il parere del Comitato risulta quindi carente ed inidoneo, non avendo valutato elementi e profili che invece appaiono essenziali nell’eziologia e nella creazione del rapporto di causalità determinante.

In materia il Consiglio di Stato, sez. IV, 16 ottobre 2009 n. 6352, ha affermato che:

"L’uso di formule generiche e, per alcuni versi, stereotipe per dare atto di adempimenti istruttori e valutazioni impedisce di verificare se effettivamente è tenuta in considerazione tutta la documentazione di ufficio presentata. In sostanza, costituisce obbligo del Comitato per la verifica delle cause di servizio dare contezza specifica di aver esaminato i documenti prodotti, attraverso una loro puntuale indicazione, ed esternare, in caso di contrasto di pareri, la motivazione puntuale che dia conto del percorso logico seguito dal predetto Comitato e delle considerazioni tecniche per le quali la patologia accertata non ha alcuna incidenza favorevole ai fini del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio."

Inoltre, come la Commissione medica di 2^ istanza ha espressamente considerato, non si può approcciare a questa delicata patologia in senso assoluto, ma è necessario rapportarsi con concetti di resistenza psicofisica individuali.

Il ricorso, per la parte impugnatoria, è quindi fondato, con annullamento del disposto rigetto e del presupposto parere espresso dal Comitato di Verifica.

II) DOMANDA DI ACCERTAMENTO.

Per quanto attiene, invece, la domanda di accertamento del diritto si riporta la recente massima del Consiglio di Stato, sez. IV, 06 maggio 2010, n. 2619:

"I giudizi resi dagli organi medicolegali sulla dipendenza da causa di servizio dell’infermità denunciata dal pubblico dipendente sono connotati da discrezionalità tecnica, sicché il sindacato esperibile su di essi dal giudice amministrativo deve intendersi limitato ai profili di irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti; si tratta quindi di limite che permette al giudice amministrativo una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, vale a dire sulla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, ma l’accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, che sostanzia il giudizio sulla dipendenza o meno dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato al Comitato di verifica per le cause di servizio." (v. anche: Consiglio Stato, sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2099).

Analogamente CS 6352/2009: "Il sindacato giurisdizionale sui giudizi espressi in relazione a domande di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di patologie contratte da pubblici dipendenti in costanza di servizio e/o di riconoscimento dell’equo indennizzo è ammesso esclusivamente nelle ipotesi in cui emergano dall’atto contestato evidenti vizi logici, desumibili dalla sua motivazione, in ragione dei quali si evidenzi l’inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l’Amministrazione; segue da ciò che il giudice della legittimità non può impingere nel merito, specialmente se tecnico, di valutazioni che competono esclusivamente all’Amministrazione, né tanto meno sostituire la valutazione di merito dell’Amministrazione con una propria determinazione di merito di segno opposto, che direttamente conceda il beneficio richiesto dall’interessato."

La domanda di accertamento del diritto va quindi respinta.

Il procedimento dovrà dunque essere rinnovato ed il Comitato per la verifica è tenuto a riesaminare la situazione del ricorrente alla luce di tutti i fatti evidenziati in motivazione ed emergenti dalla documentazione in atti, con nuova adozione del provvedimento finale.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente, limitatamente alla domanda impugnatoria, con conseguente annullamento degli atti impugnati (diniego e correlato parere negativo del Comitato).

Condanna l’Amministrazione al pagamento di euro 2.000 (duemila) per spese di giudizio, oltre iva e cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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