Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-09-2010) 14-01-2011, n. 747

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con decreto in data 2 marzo 2009 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha disposto l’archiviazione del procedimento riguardante le indagini avviate nei confronti di C.G. e altri, a seguito di denuncia- querela presentata da R.D.A..

La notizia di reato si riferiva al contenuto di missive inviate dagli indagati al locale Consiglio dell’Ordine degli Avvocati per contestare la parcella professionale loro trasmessa dal R., successivamente alla revoca del mandato difensivo conferitogli quale avvocato.

Il G.I.P. ha ritenuto che il tono – certamente polemico – delle missive non si discostasse dall’oggetto della controversia, rendendo perciò applicabile l’esimente di cui all’art. 598 c.p.; e che l’opposizione proposta dalla persona offesa fosse inammissibile, in quanto le indagini suppletive con essa richieste (audizione di altri assistiti che, invece, non avevano inteso revocare il mandato professionale; audizione della stessa persona offesa) non erano di alcuna utilità ai fini del decidere.

Ha proposto ricorso per cassazione il R., per il tramite del difensore munito di procura speciale, affidandolo a un solo motivo.

Con esso deduce violazione dell’art. 410 c.p.p., comma 2 e carenza motivazionale, lamentando che non sia stata ben valutata la pertinenza delle indagini richieste dall’opponente.

Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.

Per costante giurisprudenza, quando l’archiviazione sia stata disposta de plano per essere stata riconosciuta inammissibile l’opposizione della persona offesa, questa non è legittimata a censurare in sede di legittimità il difetto di motivazione del provvedimento in ordine alla ritenuta infondatezza della notizia di reato, considerato che la delibazione di inammissibilità costituisce momento preliminare al procedimento di archiviazione e che determina una situazione equivalente alla mancata opposizione della persona offesa (Cass. 6 novembre 2006 n. 8426/07; Cass. 25 ottobre 2005 n. 43867).

Conseguentemente la denunciata illegittimità del decreto di archiviazione qui impugnato va riguardata sotto il solo profilo della declaratoria di inammissibilità dell’opposizione. Sul punto in questione va tenuto presente il principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte Suprema, secondo cui "nel valutare l’ammissibilità del l’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero, il giudice è tenuto a verificare se l’opponente abbia adempiuto l’onere, impostogli dall’art. 410 c.p.p., comma 1, di indicare l’"oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova", con l’esclusione di ogni valutazione prognostica del merito" (Cass. Sez. Un. 14 febbraio 1996 n. 2); nonchè dell’ulteriore regula iuris secondo la quale rende inammissibile l’opposizione non soltanto la mancata indicazione delle investigazioni suppletive, ma anche la loro manifesta irrilevanza o non pertinenza (giurisprudenza costante:

v. da ultimo Cass. 10 giugno 2010 n. 23687; Cass. 6 maggio 2010 n. 21929).

Orbene, la motivazione del decreto qui impugnato da conto in modo esauriente delle ragioni che hanno indotto il G.I.P., per un verso, a ravvisare la non pertinenza del supplemento d’indagine sollecitato dall’opponente con riferimento all’assunzione di informazioni testimoniali da V.A.A. e Sc.Gi., sul rilievo per cui dalla scelta di costoro di seguitare ad avvalersi delle prestazioni professionali dell’Avv. R. non può trarsi alcun indice sintomatico dell’esistenza dell’ipotizzata diffamazione;

e per altro verso a giudicare irrilevante l’audizione dello stesso R., per essere già nota e illustrata negli atti processuali la sua versione dei fatti, della quale l’invocato mezzo d’indagine dovrebbe recare conferma (o, al più, maggiori precisazioni), secondo la prospettazione stessa dell’opponente.

La linea argomentativa testè riassunta è perfettamente allineata ai principi giuridici enunciati dalla giurisprudenza dianzi citata e risponde ai canoni della logica consequenzialità: per cui è manifestamente infondata ogni critica mossa al provvedimento sotto il profilo del vizio motivazionale.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 300,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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