T.A.R. Basilicata Potenza Sez. I, Sent., 14-01-2011, n. 33 Ricorso giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La signora C. riferisce, in punto di fatto, che:

in data 1 giugno 2005 le era notificato il decreto di espropriazione definitiva dei terreni di sua proprietà siti nel Comune di Bella, distinti in catasto al foglio 27, part. 859, foglio 28, part. 215217, per complessivi mq 1.152;

da tale decreto di espropriazione apprendeva che con determina dirigenziale n. 1343 del 22 agosto 2001 era stato approvato il progetto dei lavori di ammodernamento e recupero funzionale della strada provinciale n. 14 "Bellese" con dichiarazione di pubblica utilità delle opere da realizzare che era stato stato successivamente disposto decreto di occupazione d’urgenza n. 5/2003/E del 16 maggio 2003 con redazione del verbale di consistenza ed immissione in possesso;

– l’amministrazione provinciale di Potenza con decreto dirigenziale n. 594 del 4 marzo 2004 approvava una perizia di variante tecnica e suppletiva con relativo piano dell’area da espropriare, a seguito del quale emetteva nuovo decreto di occupazione d’urgenza n. 5 bis/E del 27 aprile 2004, comunicando il giorno per la redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso;

– a tali operazioni partecipava, per delega della ricorrente, il geometra Alberto De Luca il quale faceva rilevare che i terreni risultavano già occupati dall’opera realizzata.

Con ricorso notificato in data 12 settembre 2005 e depositato in data 6 ottobre 2005 la signora R.M. C. ha chiesto l’annullamento del decreto di espropriazione definitiva n. 01/2005/ED 30 aprile 2005 disposto dal dirigente dell’unità di direzione edilizia civile e patrimonio della provincia di Potenza notificato in data 1 giugno 2005, nonché di tutti gli altri atti della procedura espropriativa indicati in epigrafe, nonché la condanna dell’amministrazione al risarcimento in forma specifica, tramite la restituzione dei suoli illegittimamente occupati oppure al risarcimento per equivalente, per il ristoro dei danni derivanti dalla perdita dei suoli illegittimamente occupati ed espropriati.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

1)violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento preordinato all’adozione della determina 22 agosto 2001, n. 1343 di approvazione del progetto di ammodernamento della strada provinciale Biellese n. 14 e alla dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dell’opera;

2)illegittimità derivata della perizia di variante, del decreto di occupazione d’urgenza e del decreto di esproprio;

3)violazione dell’art. 3, legge 3 gennaio 1978, n. 1, in quanto non sarebbe stato notificato alla ricorrente l’avviso di inizio delle operazioni relative all’immissione in possesso e alla redazione dello stato di consistenza;

4) violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per mancata indicazione, nel decreto di esproprio, della determinazione dirigenziale 4 marzo 2004, n.594 con la quale fu approvata la perizia di variante e il nuovo piano particellare grafico e descrittivo delle aree da espropriare.

Con memoria depositata in data 16 giugno 2010 la Provincia di Potenza ha eccepito preliminarmente l’irricevibilità del ricorso, in quanto depositato oltre il termine dimidiato di quindici giorni decorrenti dalla notifica e comunque l’infondatezza del ricorso nel merito.

In via subordinata la Provincia propone domanda a norma dell’art. 43, comma 3, del d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, il quale consente all’amministrazione che ne ha interesse o che utilizza il bene di chiedere al giudice amministrativo, nel caso di fondatezza del ricorso o della domanda, di disporre la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo.

Con memoria depositata in data 20 novembre 2010 la difesa della ricorrente afferma la non applicabilità, nella fattispecie, del termine dimidiato per il deposito del ricorso, poiché nella controversia verrebbero in gioco profili esclusivamente risarcitori ed invoca al riguardo la pronunzia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 30 luglio 2007, n. 9.

All’udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

Preliminarmente l’amministrazione resistente eccepisce l’irricevibilità del ricorso per mancato rispetto del termine dimidiato per il deposito del ricorso.

Al riguardo, osserva il Collegio, l’art 23 bis, comma 2, della legge n. 1034 del 1971 inserito nella l. n. 1034 del 1971, in base all’art. 4 l. n. 205 del 2000, ha introdotto una speciale disciplina processuale allo scopo di accelerare la definizione delle controversie in determinate materie considerate di particolare interesse pubblico (tra le quali figurano, per quel che in questa sede interessa, anche "le procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all’esecuzione di opere pubbliche e di pubblica utilità"), ponendo la regola generale secondo la quale nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa i termini processuali previsti sono ridotti alla metà salvo quelli per la proposizione del ricorso.

Al momento dell’introduzione di questa particolare disciplina processuale la giurisprudenza amministrativa non era univoca sulla questione se tale deroga alla regola dimidiazione dei termini processuali fosse applicabile anche al deposito del ricorso, oltre che alla notifica. In passato, parte della giurisprudenza, tra cui questo Tribunale amministrativo, ritenne, sulla base della menzione dei termini come "quelli" (al plurale) e come "proposizione" (intesa anche come deposito, oltre che notifica), che nella deroga alla dimidiazione fosse compreso anche il termine di deposito del gravame (TAR Campania, Napoli, Sez. V, 3 maggio 2002 n. 2505; TAR Basilicata, 13 giugno 2002 n. 472; T.A.R. Basilicata Potenza, 06 marzo 2003, n. 200); tale interpretazione trovava fondamento sulla base della considerazione che nel processo amministrativo il ricorso dovesse considerarsi "proposto" solo con il suo deposito presso la Segreteria del T.A.R., momento a partire dal quale, nel giudizio amministrativo, a differenza del processo civile, si costituisce il rapporto processuale, il giudice amministrativo è investito della controversia ed insorge per lui il poteredovere di provvedere sulla domanda e di pronunciare sul rito e sul merito del ricorso stesso.

Altra parte della giurisprudenza, però, in un’ottica interpretativa logicosistematica nel quadro della ratio acceleratoria che caratterizza la norma in parola, dettata per la definizione delle controversie in determinate materie di particolare interesse pubblico, e tenuto conto che la deroga si giustifica con l’esigenza di assicurare alla parte un congruo margine di tempo per organizzare e porre in atto la propria iniziativa processuale, si affermò l’inapplicabilità della stessa deroga una volta che l’iniziativa processuale fosse stata concretamente esercitata attraverso la notificazione del ricorso col patrocinio di un legale (cfr., tra le altre, Consiglio di Stato 5 aprile 2002 n. 183).

A fronte delle due possibili interpretazioni, la tesi da ultima esposta è quella prevalsa nella giurisprudenza amministrativa che, anche nel suo più autorevole consesso(C.d.S., Ad. Plen. 31 maggio 2002 n. 5 nonché C.d.S, Ad. Plen. 18 marzo 2004, n. 5), si è definitivamente ed unanimemente consolidata in favore dell’interpretazione logicosistematica, valorizzando la ratio acceleratoria che caratterizza la norma in parola, affermando che la novella legislativa di cui alla legge n. 205 del 2000, che ha introdotto l’art. 23 bis nella legge n. 1034 del 1971, nel sottrarre la proposizione del ricorso al generale regime della riduzione alla metà di tutti i termini processuali, ha inteso riferirsi alla sola notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, non anche al deposito dell’atto notificato, che deve, pertanto, avvenire nei quindici giorni successivi alla notifica, a pena di inammissibilità (cfr, ex plurimis: C.d.S., V, 6 ottobre 2003, n. 5897; C.d.S., 18 settembre 2003, n. 5326; C.d.S., 25 febbraio 2003, n. 1074; C.d.S., 17 aprile 2003, n. 2066; C.d.S., 18 settembre 2003 n. 5321; C.d.S., 31 maggio 2002 n. 3043; C.d.S., 25 novembre 2002 n. 6480; C.d.S., IV, 7 giugno 2004, n. 3541; C.d.S., 28 agosto 2001 n. 4562; C.d.S., 9 ottobre 2002 n. 5363; C.d.S., 29 novembre 2002, n. 6526; Consiglio di Giustizia per la Regione Sicilia 16 ottobre 2002 n. 591; C.d.S., VI, 24 ottobre 2002 n. 5861; conformi, ex multis, anche T.A.R. Campania, Napoli, I, 9 marzo 2004, n. 2801; T.A.R. Lazio, Roma, I, 8 ottobre 2004, n. 10491; T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, 12 marzo 2004, n. 624; T.A.R. Toscana, I, 17 dicembre 2003, n. 6061; T.A.R. Puglia, Bari, I, 19 maggio 2004, n. 2480; T.A.R. Lombardia, Brescia, 17 febbraio 2004, n. 106; T.A.R. Sardegna, I, 22 ottobre 2004, n. 1509; T.A.R. Campania Napoli sez. V 10 ottobre 2008 n. 14685; T.A.R. Emilia Romagna Bologna sez. I 30 giugno 2008 n. 3156; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 10 dicembre 2009, n. 8642; T.A.R. Lazio Roma sez. I 08 aprile 2009 n. 3727).

Tale consolidato orientamento giurisprudenziale ha chiarito che l’uso, nel corpo del secondo comma dell’art. 23 bis della legge n. 1034 del 1971, del plurale "quelli", con riguardo ai termini per la "proposizione del ricorso", discende dalla circostanza che la norma si riferisce non solo al ricorso introduttivo, ma anche al ricorso incidentale nel processo di primo grado, per il quale valgono le stesse esigenze (riconducibili alla necessità di garantire ai destinatari dell’azione amministrativa un tempo congruo per predisporre le proprie difese) che hanno condotto all’esclusione dalla regola del dimezzamento del ricorso principale (Ad. Plen. cit. n. 5 del 2002 e n.5 del 2004, nonché C.d.S., V, 6 ottobre 2003, n. 5897).

Ciò premesso, questo Tribunale non può che aderire all’univoco orientamento giurisprudenziale sopra riferito che ha ormai da tempo chiarito che la regola del dimezzamento non si applica al termine per il deposito del ricorso.

Nella fattispecie, dunque, l’odierno ricorso, essendo stato depositato presso la Segretaria del T.A.R. in data 6 ottobre 2005, oltre il termine (dimezzato) di 15 giorni di cui all’art. 23bis, comma 2, legge n. 1034/71, decorrente dall’ultima notifica, avvenuta in data 12 settembre 2005, deve essere dichiarato improcedibile.

Rileva, peraltro, il Collegio che non può applicarsi il beneficio dell’errore scusabile, che può essere concesso anche d’ufficio, in assenza di una specifica domanda della parte ricorrente (tra le tante cfr: Consiglio di Stato, IV, 2 marzo 2004, n. 949 e Consiglio di Stato, V, 8 ottobre 2002, n. 5315). E ciò per un duplice ordine di ragioni: in primo luogo perché la norma relativa al dimezzamento dei termini processuali nei giudizi aventi ad oggetto le procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all’esecuzione di opere pubbliche è entrata in vigore ben cinque anni prima rispetto alla proposizione del presente gravame; in secondo luogo perché, al momento della notifica del presente ricorso, sulla questione del dimezzamento dei termini, anche per quanto concerne il deposito del ricorso di primo grado, si era già pronunciata una copiosa ed univoca giurisprudenza, come sopra richiamata.

Osserva, infine, il Collegio la inconferenza del richiamo da parte della ricorrente alla pronunzia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 30 luglio 2007, n. 9, al fine di sostenere la non applicabilità, nella fattispecie, del termine dimidiato per il deposito del ricorso, in quanto la questione oggetto del giudizio, presenterebbe, a suo avviso, profili esclusivamente risarcitori.

Invero, l’Adunanza plenaria del Consiglio Stato 30 luglio 2007, n. 9, ha affermato la inapplicabilità del rito abbreviato di cui all’art. 23 bis della legge T.a.r. alle sole controversie introdotte da domande autonome di risarcimento del danno, nelle quali non si mira a demolire i provvedimenti adottati nell’ambito della procedura di esproprio, ma si lamenta il danno derivante dalla loro esecuzione. La pronunzia dell’Adunanza plenaria citata dalla ricorrente ribadisce quindi l’applicabilità del rito abbreviato ai giudizi aventi ad oggetto " l’impugnazione di provvedimenti..relativi..alle procedure di espropriazione" e ne esclude l’applicabilità al giudizio risarcitorio proposto con domanda autonoma, il quale non rientra tra quelli tassativamente enumerati al comma 1 dell’art. 23 bis della legge n. 1034 del 1971.

Nel presente giudizio non è pertanto invocabile il principio affermato dalla Adunanza plenaria n. 9 del 2007, atteso che con il ricorso in esame la domanda di risarcimento del danno non è proposta autonomamente, ma unitamente alla domanda impugnatoria di provvedimenti della procedura espropriativa.

In conclusione, alla luce delle esposte considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.

Sussistono, tuttavia, gravi ed eccezionali ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese e degli onorari del giudizio, tenuto conto della non agevole interpretazione della questione trattata.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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