Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-12-2010) 17-01-2011, n. 807 Applicazione della pena

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Svolgimento del processo e motivi della decisione

1) Con sentenza del 29.3.2010 il GUP del Tribunale di Pordenone, ritenuta la diminuente per la scelta del rito e concessa la circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7, applicava la pena concordata ex art. 444 c.p.p. a P. P. di anni 2, mesi 4 di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa, a R.E. di anni 2, mesi 6 di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa, ed V.J., previa concessione al medesimo anche delle circostanze attenuanti generiche, di anni 2, mesi 4 di reclusione ed Euro 5.000,00 di multa per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 rispettivamente ascritti.

Propone ricorso per cassazione P.P. denunciando la violazione di legge in relazione all’art. 163 c.p., la erronea qualificazione giuridica del fatto come prospettata dalle parti e recepita dal giudice, ravvisandosi dagli atti l’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, e la eccessiva quantificazione della pena anche per la mancata concessione delle circostanze attenuanti generi che, nonchè il vizio di motivazione.

Ricorre per cassazione V.J., denunciando la violazione di legge in relazione all’art. 163 c.p., la erronea qualificazione giuridica del fatto, non essendo stata riconosciuta l’ipotesi lieve di cui al comma 5, la eccessiva quantificazione della pena, nonchè il vizio di motivazione.

Propone, infine, ricorso R.E. per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla quantificazione e determinazione della pena.

2) Il ricorso del P. è manifestamente infondato.

2.1) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il giudice ha il potere – dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art. 129 cpv. c.p.p. Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art. 444 c.p.p., l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie perchè essi sono coperti dal patteggiamento.

Con il ricorso per cassazione, pertanto, possono essere fatti valere errores in procedendo ed il mancato proscioglimento ex art. 129 cpv.

2.1.1) Quanto alla circostanza attenuante speciale di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 è pacifico che la sua concessione non era prevista nel concordata di pena.

Sicchè non può essere censurata in sede di legittimità la motivazione della sentenza ex art. 444 c.p.p. in relazione ad una circostanza non richiesta. Il giudice, a norma dell’art. 444 c.p.p., comma 2, è tenuto solo a verificare la corretta qualificazione giuridica del fatto e l’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle parti (cfr. sez. 6, ord. n. 3769 del 4.12.1996).

Le medesime considerazioni valgono anche per le circostanze attenuanti generiche (non previste nel concordato di pena).

Infine, in ordine alla congruità della pena, secondo la giurisprudenza di questa Corte "In mancanza di elementi macroscopicamente rivelatori di incongruità, per eccesso o per difetto, il giudizio in ordine alla ritenuta congruità della pena patteggiata nei limiti di cui all’art. 27 Cost., comma 3 può dirsi adeguatamente motivato, quando il giudice si limiti ad esplicitare la propria valutazione in tal senso, allorchè risulti dal contesto dell’intera decisine che, nella valutazione complessiva, egli ha tenuto presenti quegli elementi che possono assumere rilevanza determinante, come le circostanze del reato e la condizione personale dell’imputato" (cfr. Cass. sez. 6, ord. n. 549 dell’11.2.1994).

Sicchè "Nella motivazione della sentenza applicativa della pena richiesta dalle parti appare sufficiente il rilievo che detta pena, ricompresa nei limiti di legge inderogabili, è congrua: ciò dimostra l’avvenuto controllo da parte del giudice di tale rilevante elento dell’accordo intervenuto tra imputato e P.M. e la valutazione favorevole operata ai fini dell’art. 27 Cost., comma 3" (Cass. sez. 1^ n. 1878 del 28.3.1995).

Il GUP ha effettuato il necessario controllo, ritenendo congrua la pena così come concordata.

2.2) Il R., con dichiarazione pervenuta in cancelleria, ha dichiarato di rinunciare al ricorso proposto avverso la sentenza n. 92/10, emessa in data 29.3.2010 dal Tribunale di Pordenone, per cui il suo ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d).

2.3) I ricorsi del P. e del R. debbono quindi essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno a norma dell’art. 616 c.p.p. 2.4) Non essendoci prova della notifica all’altro ricorrente V.J. (difeso d’ufficio), è stata disposta nei suoi confronti la separazione degli atti, con rinvio a nuovo ruolo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi di P.P. e R. E. e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00 ciascuno.

Dispone la separazione degli atti relativi al ricorso di V. J., con rinvio a nuovo ruolo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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