Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-12-2010) 17-01-2011, n. 1009

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G.M., tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, in data 11.2.2010, della Corte di Appello di Torino con cui veniva confermata la sentenza 12.2.2004 del Tribunale di Vercelli che lo aveva condannato alla pena di un mese di reclusione ed Euro 100,00 di multa, per il reato di cui agli artt. 110-648 c.p. (per avere acquistato, in concorso con tale C. F., giudicato separatamente, n. 250 listelli di alluminio di provenienza furtiva).

Il ricorrente deduceva:

1) erronea interpretazione dell’art. 648 c.p. in relazione all’art. 712 c.p., posto che, nel caso di specie, la natura dei beni in libero commercio e le circostanze della vendita, non consentivano di ravvisare la consapevolezza dell’imputato sulla provenienza furtiva dei beni stessi; 2)erronea valutazione delle prove, avendo i giudici di merito configurato la malafede dell’imputato nel fatto che l’acquisto del materiale in questione era stato effettuato senza alcun tipo di documentazione scritta, non tenendo conto che il Guccio aveva effettuato l’acquisto da due sconosciuti, condotta che poteva integrare il reato di cui all’art. 712 c.p., per violazione del dovere di cautela e diligenza da parte del G.; 3) manifesta illogicità della motivazione in punto di accertamento dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione , avuto riguardo al fatto che la vendita da parte de G. era avvenuta in luoghi in cui era conosciuto, circostanza che escludeva la sussistenza del dolo; 4) violazione del principio del ragionevole dubbio, ex art. 533 c.p.p, tenuto conto che, secondo i fatti accertati, era configurabile un comportamento negligente, ma non la malafede dell’imputato.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha dato conto della sussistenza degli elementi costitutivi del reato di ricettazione, evidenziando che l’imputato aveva ammesso di aver venduto il materiale di provenienza furtiva. Ha, peraltro, disatteso la tesi difensiva, secondo cui il G. lo avrebbe ricevuto da due sconosciuti e lo avrebbe venduto per conto dello zio, C. F., rilevando, con motivazione esente da vizi di manifesta illogicità, la inattendibilità di detta versione dei fatti, posto che l’acquisto era stato fatto in difetto di ogni documentazione scritta; in conformità alla giurisprudenza in materia della S.C. è stato inoltre, correttamente ravvisato il dolo della ricettazione con riferimento alla mancanza di valide indicazioni sulle modalità di ricezione della merce, circostanza rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Cass. n. 2436/97). La prospettata valutazione alternativa dei tatti e delle prove comporta, quindi, la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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