Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-12-2010) 17-01-2011, n. 1043 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il gip del Tribunale di Roma, con ordinanza del 18.6.2010, rigettava l’istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare, e in subordine per il sopravvenuto venir meno della gravità indiziaria, formulata nell’interesse di C.F. in relazione alla misura restrittiva carceraria disposta nei confronti del predetto con provvedimento dello stesso gip del 10.5.2010 per il reato di tentato omicidio in danno di G. F. e B.E., e connessi reati in materia di armi, eseguiti il (OMISSIS).

L’istanza muoveva dal presupposto della doverosa retrodatazione dei termini di durata della custodia cautelare per i reati in questione, a decorrere dall’analoga misura cautelare applicata nei confronti del C. dal gip del Tribunale di Roma, con ordinanza del 31.1.2008 per il reato di tentato omicidio in danno di S.P. e per connessi; reati in materia di armi, eseguiti il (OMISSIS).

Sull’appello dell’imputato, il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza del 27.8.2010, confermava il provvedimento del gip. Ricorre il difensore deducendo il difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata in relazione ad entrambi i presupposti per la retrodatazione della durata di una misura cautelare in caso di contestazioni a catena.

I giudici territoriali non avrebbero infatti considerato, da un lato il collante tra i due tentati omicidi costituito dai reati in materia di armi, ritenuti in continuazione con i singoli fatti di sangue, ma che dato il breve tempo trascorso tra i due tentativi di omicidio, avrebbero dovuto essere ritenuti in continuazione anche tra loro;

dall’altro la circostanza che già al momento della prima misura custodiale, riguardante i fatti che coinvolgevano come persona offesa il S., erano disponibili la dichiarazione di una teste e la confessione stragiudiziale dello stesso C. sulla sua responsabilità anche per l’altro tentativo da omicidio.

Sotto altro profilo, i giudici avrebbero illogicamente sopravvalutato l’influenza delle dichiarazioni accusatorie del collaborante B. E., rese solo il (OMISSIS), cioè dopo l’emissione del primo provvedimento cautelare.

La questione del contributo del B. viene ripresa con il secondo motivo, relativo alla valutazione della permanenza della gravità indiziaria a seguito dell’accertata inattendibilità del dichiarante, e della conseguente assoluzione del C. in relazione ad altri fatti di reato, oggetto di separato procedimento.

Il tribunale avrebbe in sostanza eluso la questione, trincerandosi dietro l’incertezza sulle ragioni dell’assoluzione, non essendo ancora disponibile la motivazione della sentenza.

Il ricorso è infondato.

Ed invero, quanto al collegamento tra i due tentativi di omicidio, il Tribunale rileva correttamente che si tratta di fatti rispetto ai quali non è ipotizzatile alcun collegamento in termini di connessione qualificata ex art. 12 c.p.p., lett. b) dal momento che l’attentato al S. era maturato in circostanze del tutto occasionali e per futili motivi, mentre quello contro il G. e il B. era stato caratterizzato da un movente "difensivo", cioè dall’intento di rintuzzare le iniziative estorsive delle due vittime predestinate nei confronti dello stesso imputato.

Ed è ovvio che la circostanza che in entrambe le occasioni furono impiegate delle armi, non sposta di nulla i termini della questione, perchè la strumentalità del loro uso rispetto alle due aggressioni personali, comporta la stessa assenza di collegamento tra i detti reati-mezzo, rilevabile tra i fatti "principali". In realtà con riferimento ai reati in materia di armi il ricorrente finisce con l’allegare soltanto l’identità del loro titolo giuridico, di per sè del tutto irrilevante, come lo è del resto per i due tentati omicidi quanto al profilo della desumibilità dei fatti oggetto della seconda ordinanza cautelare già al momento dell’emissione della prima, che rileverebbe indipendentemente dalla concessione qualificata tra i vari reati (cfr. ex plurimis, Corte di Cassazione SENT. 39931 18/9/2009 sez. 5 Froncillo), la difesa nemmeno precisa quale sia stato il contenuto delle dichiarazioni della teste Ga., mentre è evidente la problematicità, anche riguardo alla sua utilizzabilità, della confessione "stragiudiziale" dell’imputato (si tratta più propriamente, di dichiarazioni rese agli investigatori), confessione che comunque il Tribunale non ha affatto ignorato, riportandola peraltro in termini che non sembrano implicare una piena ammissione dei fatti quanto al profilo soggettivo, al movente e alla preventiva individuazione delle vittime. Il contributo del Br., direttamente coinvolto nei fatti, non sembra quindi affatto trascurabile, dovendosi pertanto condividere il rilievo che vi hanno attribuito i giudici territoriali come dato di riferimento temporale dell’effettiva insorgenza di un quadro di gravità indiziaria, infondata, infine, è anche la censura relativa all’illogicità della motivazione rispetto alla deduzione difensiva del sopravvenuto difetto della gravità indiziaria a seguito del presunto accertamento giudiziario dell’inattendibilità del Br., non avendo la difesa indicato per quali ragioni, peraltro in effetti non evincibili prima del deposito della motivazione della sentenza di assoluzione, le dichiarazioni del collaborante non abbiano condotto ad una affermazione di responsabilità degli imputati in quel procedimento, senza dire che la qualità dei riscontri offerti dal Br. riguardo al tentato omicidio del (OMISSIS), dei quali è cenno nell’ordinanza impugnata, potrebbe; comunque consentire fa validazione probatoria della sua chiamata in reità, anche alla luce del principio della frazionabilità delle dichiarazioni accusatorie dei soggetti indicati dall’art. 210 c.p.p. (cfr. Corte di Cassazione sez. 6, Sent. N. 20514 del 28/04/2010, Arman Ahmed e altri, secondo cui l’accertata falsità della chiamata di correo in ordine ad uno specifico fatto narrato non comporta, in modo automatico, l’aprioristica perdita di credibilità di tutto il compendio conoscitivo-narrativo dichiarato dal collaboratore di giustizia, rientrando piuttosto nei compiti del giudice la verifica e la ricerca di un "ragionevole equilibrio di coerenza e qualità di ciò che viene riferito nel contesto di tutti gli altri fatti narrati anche se nel rispetto del criterio secondo cui la debole valenza di attendibilità soggettiva deve essere compensata con l’individuazione di un più′ elevato e consistente spessore dei riscontri attraverso il necessario minuzioso raffronto con le verifiche di credibilità estrinseca delle dichiarazioni).

Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese.

Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al manda al cancelliere per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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