Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-12-2010) 17-01-2011, n. 1040 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ordinanza del 10.3.2010, successivamente integrata dalla motivazione depositata il 15.7.2010, il Tribunale della Libertà di Napoli, decidendo sull’istanza di riesame proposta da D.M. F., avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere, emessa dal gip del locale Tribunale il 15.2.2010, per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, e per il reato di detenzione illegale e spaccio delle stesse sostanze, confermava il provvedimento restrittivo, pur escludendo l’aggravante contestata ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7.

Il tribunale ricostruiva il contesto criminale in cui si collocavano i fatti, rilevando che l’attività investigativa aveva consentito di delineare l’esistenza nel territorio di (OMISSIS), provincia di (OMISSIS), di un ampio e ramificato sodalizio criminoso, operante nel settore del traffico di droga, che sarebbe stato guidato da tale M.V., e all’interno del quale avrebbero assunto una posizione di preminenza G.G., M.C., Ma.Ra. e Ma.Ma.. Il gruppo avrebbe utilizzato due canali di vendita della sostanza stupefacente, uno gestito da M.C. in (OMISSIS); l’altro attivato presso la propria abitazione da Ma.Ma..

L’organizzazione, della quale avrebbero fatto parte anche dei soggetti tossicodipendenti, si approvvigionava presso diversi fornitori, alcuni residenti a (OMISSIS), un altro, P.A., capo di un gruppo criminale di (OMISSIS), altri ancora infedeli appartenenti alla sottosezione della Polizia stradale di (OMISSIS). Lo scenario criminale così delineato era desumibile, secondo i giudici territoriali, soprattutto dall’esito dell’intensa attività di intercettazione telefonica e ambientale svolta nel corso delle indagini, ma anche dai risultati di servizi di appostamento e di perquisizioni locali e personali, approdate in qualche occasione al sequestro di droga. Il contenuto di molte conversazioni intercettate era agevolmente decifrabile, secondo il Tribunale, nonostante gli artifici dissimulatori utilizzati dagli interessati, nel senso del riferimento degli interlocutori al traffico di sostanze stupefacenti, perchè le contrattazioni apparentemente lecite oggetto dei colloqui, riguardavano merce che non rientrava nell’attività dei dialoganti, e alla quale erano attribuiti prezzi e caratteristiche del tutto incongrue rispetto alla tipologia commerciale di riferimento.

In altri casi, peraltro, l’accenno degli interlocutori a sostanze stupefacenti sarebbe stato del tutto esplicito.

In questo contesto investigativo, ricordava il Tribunale, si era inserito il contributo dichiarativo del collaborante F. A., autore di numerose rivelazioni sull’esistenza di una consorteria criminale dedita al traffico di droga che operava nel territorio di (OMISSIS), e che aveva individuato vari componenti del gruppo, criminale, anche attraverso riconoscimenti fotografici, in sintonia con le precedenti acquisizioni probatorie. In ordine alla specifica posizione processuale del D.M., il tribunale rilevava quindi che alla sua identificazione si era pervenuti attraverso le intercettazioni effettuate sull’utenza telefonica n. (OMISSIS), intestata alla madre e in uso allo stesso imputato. Dal contenuto delle conversazioni, sarebbe emerso che il D.M. aveva sofferto un costante contributo nel tempo alle attività del gruppo criminale capeggiato da M.V., o occultando sostanza stupefacente, o curando gli approvvigionamenti, o ingerendosi in transazioni in denaro, fino a conquistare un proprio spazio autonomo nella gestione dell’illecito traffico, grazie alla fiducia guadagnata all’interno dell’organizzazione. Analogamente, il Tribunale riteneva consolidato un quadro di gravità indiziaria a carico dell’imputato anche in ordine ai reati fine di cui ai capi 10 e 18 della rubrica accusatoria, rilevando che lo stesso imputato aveva ammesso il proprio coinvolgimento in attività di spaccio di droga, pur negando qualunque collegamento associativo.

Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed c), in ordine alla gravità indiziaria per il delitto di associazione per delinquere finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti.

Le valutazioni del Tribunale sarebbero in contrasto con l’esclusione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 e d’altra parte i giudici territoriali non avrebbero nemmeno definito il ruolo del ricorrente all’interno della presunta organizzazione criminale, della quale non risulterebbero peraltro delineati gli elementi costitutivi. Il ricorso è manifestamente infondato.

Il tribunale del riesame ha ricostruito il contesto organizzativo di riferimento delle attività criminali degli indagati con ampio richiamo a numerose risultanze istruttorie dalle quali si evince non solo lo stabile collegamento di più persone nell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, ma anche la partecipazione all’accordo criminoso del ricorrente. Soprattutto significativa, secondo i giudici territoriali, è la conversazione n. (OMISSIS) intercettata in ambiente il (OMISSIS), sulla quale la difesa non interloquisce in alcun modo, come non interloquisce su altre analoghe intercettazioni (vedi la n. (OMISSIS)), nè, in generale, sugli specifici elementi di prova analizzati dal Tribunale, essendo in sostanza il ricorso riduttivamente concentrato su generiche affermazioni di principio in ordine agli elementi costitutivi del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e sull’apodittica deduzione dell’estraneità del ricorrente al contesto associativo.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa; delle ammende della somma di Euro 1000,00, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 1000,00; manda al cancelliere per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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