Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-12-2010) 17-01-2011, n. 1034 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ordinanza a dispositivo anticipato del 16.3.2010, successivamente integrato dalla motivazione depositata il 12.7.2010, il Tribunale della Libertà di Napoli, decidendo sull’istanza di riesame proposta da D.M.A. avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere, emessa nei suoi confronti dal gip del locale Tribunale il 15.2.2010, per il reato di associazione per delinquere, finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, e per il reato di detenzione illegale e spaccio delle stesse sostanze, confermava il provvedimento restrittivo, pur escludendo l’aggravante contestata ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7.

Il tribunale ricostruiva il contesto criminale in cui si collocavano i fatti, rilevando che l’attività investigativa aveva consentito di delineare l’esistenza nel territorio di (OMISSIS), provincia di (OMISSIS), di un ampio e ramificato sodalizio criminoso, operante nel settore del traffico di droga, che sarebbe stato guidato da tale M.V. e all’interno del quale avrebbero assunto una posizione di preminenza G.G., M.C., Ma.Ra. e Ma.Ma.. Il gruppo avrebbe utilizzato due canali di vendita della sostanza stupefacente, uno gestito da M.C. in (OMISSIS); l’altro attivato presso la propria abitazione da Ma.Ma..

L’organizzazione, della quale avrebbero fatto parte anche dei soggetti tossicodipendenti, si approvvigionava presso diversi fornitori, alcuni residenti a (OMISSIS), un altro, P.A., capo di un gruppo Criminale di (OMISSIS), altri ancora infedeli appartenenti alla sottosezione della Polizia stradale di (OMISSIS).

Lo scenario criminale così delineato era desumibile, secondo i giudici territoriali, soprattutto dall’esito dell’intensa attività di intercettazione telefonica ambientale svolta nel corso delle indagini, ma anche dai risultati di servizi di appostamento e di perquisizioni locali e personali, approdate in qualche occasione al sequestro di draga. Il contenuto di molte secondo il Tribunale, nonostante gli artifici dissimulatori utilizzati dagli interessati, nel senso del riferimento degli interlocutori al traffico di sostanze stupefacenti, perchè le contrattazioni apparentemente lecite oggetto dei colloqui, riguardavano merce che non rientrava nell’attività dei dialoganti, e alla quale erano attribuiti prezzi e caratteristiche del tutto incongrue rispetto alla tipologia commerciale di riferimento.

In altri casi, peraltro, l’accenno degli interlocutori a sostanze stupefacenti sarebbe stato del tutto esplicito.

In questo contesto investigativo, ricordava il Tribunale, si era inserito il contributo dichiarativo del collaborante F. A., autore di numerose rivelazioni sull’esistenza di una consorteria criminale dedita al traffico di droga che operava nel territorio di (OMISSIS), e che aveva individuato vari componenti del gruppo criminale, anche attraverso riconoscimenti fotografici, in sintonia con le precedenti acquisizioni probatorie.

In ordine alla specifica posizione processuale del D.M., il tribunale rilevava quindi che alla sua identificazione si era pervenuti attraverso le intercettazioni effettuate sull’utenza telefonica n. (OMISSIS) formalmente intestata ad un cittadino extracomunitario ma in uso all’imputato; ricordava i contenuti collaborativi del F.A.; analizzava il contenuto di numerose intercettazioni telefoniche, tra le quali la n. (OMISSIS), deducendone dalle risultanze istruttorie esaminate l’inequivocabile indicazione della gravità indiziaria in ordine a tutti i reati contestati all’imputato.

Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, articolando i seguenti motivi:

1) erronea applicazione della legge penale e, illogicità motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in ordine alla ritenuta inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali, eseguite in assenza di un adeguata motivazione dei provvedimenti autorizzativi; nè il tribunale del riesame avrebbe spiegato "le ragioni per le quali i decreti autorizzativi fossero motivati";

2) Violazione di legge e difetto di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) c.p.p., in ordine alla ritenuta sussistenza del reato associativo. La difesa indugia ampiamente sugli elementi costituivi del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art 74 e sui caratteri distintivi della figura associativa rispetto alla fattispecie di concorso di persone nel reato;

3) Violazione di legge e travisamento del fatto ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in ordine alla ritenuta sussistenza del reato idi cui al capo 10 della rubrica accusatoria.

Sarebbe insufficiente il richiamo dei giudici territoriali al materiale intercettativo in atti, tanto più che le conversazioni intercettate sarebbero difformi da quelle indicate nell’ordinanza genetica. La difesa ritiene comunque di dover rinviare, al riguardo, al contenuto di una memoria scritta depositata all’udienza del 16.3.2010;

4) Violazione di legge e difetto di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e), relativamente alla valutazione delle chiamate di correo. Il tribunale non avrebbe sottoposto al doveroso vaglio critico di attendibilità le fonti dichiarative in questione, violando palesemente l’art. 273 c.p.p., nella misura in cui avrebbe ritenuto la sussistenza di gravi indizi di reità a carico del D. M. "nonostante gli elementi emergenti dagli atti non fossero dotati della gravità". 5) Violazione di legge e difetto di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) c) ed e), in ordine all’affermazione della sussistenza delle esigenze cautelari. I giudici territoriali non avrebbero considerato che la presunzione di pericolosità stabilita dall’art. 275 c.p.p., comma 3 in relazione al titolo del reato associativo, non è assoluta, e avrebbe "dimenticato la positiva presenza di concreti elementi idonei a vincere la presunzione delle esigenze".

Il ricorso è inammissibile per assoluta genericità in ordine a tutti i motivi proposti.

Il ricorrente non spiega in quale misura e relativamente a quali presupposti fosse "insufficiente" la motivazione dei decreti autorizzativi delle intercettazioni, nemmeno puntualmente indicati;

non prende posizione su nessuna delle numerose risultanze istruttorie analizzate dai giudici territoriali, che ne hanno tratto coerentemente la valutazione della gravità indiziaria, il ricorso essendo incentrato esclusivamente su generiche affermazioni di principio e sull’apodittica deduzione dell’inesistenza dei presupposti della impugnata misura coercitiva; deduce, infine, la mancanza delle esigenze cautelari presuntivamente desumibili ai sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 3, ma anche concretamente rilevate dal Tribunale con riguardo alla gravità dei fatti e alla personalità dell’imputato, senza indicare quali elementi concreti di segno contrario sarebbero idonei a vincere la presunzione di pericolosità.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle (ammende della somma di Euro 1000,00, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso, ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 1000,00; manda al cancelliere per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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