T.A.R. Campania Salerno Sez. II, Sent., 14-01-2011, n. 26 Vincoli di inedificabilità; Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente premette di essere titolare in Salerno, alla via S. Allende n. 149, di alcuni immobili commerciali, sui quali ha realizzato opere di ampliamento senza titolo.

Pertanto, con domanda prot. n. 108671 del 10.12.2004, ha chiesto per queste ultime il rilascio di un ulteriore provvedimento di condono, ai sensi dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003 n. 326, versando la relativa oblazione.

Con provvedimento dirigenziale 16.5.2008 n. 195/07, prot. 79423, la domanda è stata però respinta, in applicazione del comma 27, lett. d), della predetta norma, trattandosi di opere poste a meno di 300 metri dal mare e, quindi, insistenti su un’area soggetta a vincolo paesaggistico di inedificabilità, ai sensi dell’art. 142 del D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (già art. 1 della legge n. 431/1985).

Il provvedimento di diniego è stato gravato in questa sede per violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituita l’amministrazione, chiedendo il rigetto del ricorso.

In prossimità dell’udienza di merito, il ricorrente ha versato in atti una relazione tecnica redatta dall’ing. Aniello Sessa.

All’udienza del 21.12.2010, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Col primo motivo di ricorso, la parte privata denuncia l’erroneità dei presupposti giuridicofattuali posti a sostegno del diniego.

A tal proposito, rileva preliminarmente il collegio che l’art. 32, comma 27, lett. d), d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003 n. 326, fermo restando quanto previsto dagli artt. 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, prescrive l’insuscettibilità della sanatoria di opere edilizie non autorizzate, realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali istituiti prima della esecuzione di dette opere, ove le stesse non siano conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Quest’ultima condizione, che costituisce una novità rispetto alle precedenti leggi sul condono edilizio, ha dato vita ad un meccanismo di sanatoria che si avvicina fortemente all’istituto dell’accertamento di conformità, previsto dall’art. 36 T.U. 6 giugno 2001 n. 380 (cfr. TAR CampaniaNapoli, Sez. VII, 20 marzo 2009 n. 1556).

In merito al carattere ostativo del vincolo, è stato precisato che esso va riferito non solo ai vincoli di inedificabilità assoluta, ma anche a quelli di edificabilità relativa, ossia quelli la cui deroga rientra nella disponibilità dell’amministrazione preposta alla loro tutela, che è chiamata a formulare un giudizio di compatibilità del manufatto con l’interesse tutelato (cfr. TAR Reggio Calabria 7 maggio 2009 n. 322; TAR Lombardia, Sez. II, 10 settembre 2008 n. 4042).

Di talché, secondo lo schema della norma citata, nelle aree sottoposte a vincolo idrogeologico, ambientale e paesistico, possono ottenere la sanatoria solo gli interventi di minore rilevanza – di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria – e sempre previo parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela (cfr. Cass. pen., Sez. III, 2 ottobre 2008 n. 37475, 19 giugno 2008 n. 25109, 5 dicembre 2007 n. 45242 e 1 giugno 2007 n. 21639).

Sicché, sotto questo assorbente aspetto, è stata di recente affermata la legittimità del diniego di sanatoria in presenza di vincolo idrogeologico, costituito dalla fascia di rispetto di centocinquanta metri, prevista dall’art. 142 comma 1 lett. c), D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 per i corsi d’acqua tutelati dal T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775 (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2009 n. 2905).

Orbene, nel caso di specie non v’è dubbio che si è in presenza di illeciti edilizi di ampliamento planovolumetrico di preesistenti immobili commerciali, realizzati in zona sottoposta al vincolo paesaggistico di rispetto della fascia marina imposto dall’art. 142 del citato D.lgs. n. 42/2004 (già art. 1 della legge n. 431/1985), non classificabili tra gli interventi di mero restauro, risanamento conservativo o manutenzione straordinaria, oltre che difformi dalle prescrizioni urbanistiche, sia dell’epoca che vigenti.

La situazione descritta è dunque tale determinare di per sé il rigetto dell’istanza di sanatoria.

Le predette considerazioni portano perciò a respingere anche il secondo ed il terzo motivo di gravame, che si fondano rispettivamente sulla violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 e su altri aspetti formali del provvedimento. Tanto, in applicazione dell’art. 21 octies della stessa legge n. 241/1990, che esclude l’annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata di questo, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

In definitiva, il ricorso va dichiarato infondato e dunque respinto.

Le spese di lite possono essere compensate, ricorrendo giusti motivi.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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