T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 14-01-2011, n. 21 Aggiudicazione dei lavori Contratto di appalto Risarcimento dei danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 27.3.2010, tempestivamente depositato, l’A.T.I. deducente premetteva di aver partecipato alla gara pubblica indetta dal Comune di Frosinone, con bando del 15.1.2009 ed avente ad oggetto: Campionamenti ed analisi chimico fisiche, esecuzione sondaggi e piezometri, prove in campo ed elaborazione finale dei dati raccolti relativi al piano di caratterizzazione del sito denominato "Discarica Le Lame" sulle matrici suolo ed acqua"; suddivisa in due fasce, per un importo complessivo di Euro. 664.785,00, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 83 del Codice dei contratti pubblici, secondo il metodo determinato da una pluralità di criteri da applicarsi disgiuntamente e con fattori ponderali meglio indicati nell’art. 7 del bando e richiamati nell’art. 8 del capitolato d’oneri.

Precisava che i criteri di aggiudicazione indicati nelle viste disposizioni prevedevano l’attribuzione, da parte dell’apposita Commissione di Gara, dei seguenti valori ponderali:

"capacità ed esperienza desunta dalla documentazione relativa all’attività e ai mezzi del concorrente e dei curricula dei professionisti che svolgeranno i servizi": peso di un massimo di punti 40;

"caratteristiche qualitative e metodologiche dell’offerta desunte dalla relazione illustrativa delle modalità di svolgimento delle prestazioni oggetto dell’incarico": peso di punti 50;

"ribasso percentuale indicato nell’offerta economica": peso di punti 10.

Soggiungeva che l’art. 6 del citato bando di gara fissava i seguenti requisiti minimi di carattere tecnico per la partecipazione: "espletamento negli ultimi cinque anni di servizi analoghi a quelli oggetto del presente bando; fatturato globale complessivo conseguito nel triennio 2005 – 2007 per un importo non inferiore al triplo dell’importo complessivamente previsto (664.785×3) pari a 19934.355,00 al netto IVA; fatturato nel triennio 2005 – 2007 in servizi similari a quello oggetto del presente bando per un importo, complessivamente non inferiore a quello previsto (664.785,00 al netto IVA)".

Lamentava che né nel bando, né nel capitolato d’oneri, né nei verbali della commissione sarebbero stati individuati i prescritti criteri di legge per l’attribuzione dei visti punteggi.

La commissione di gara, in sede di prima seduta, stabiliva di avvalersi, per la valutazione delle offerte, del metodo del confronto a coppie.

Come documentato nei prodotti verbali, la gara veniva provvisoriamente disposta in favore dell’impresa resistente, con i seguenti punteggi: 8,00 per capacità ed esperienza desunta dalla documentazione; 50,00 per caratteristiche qualitative e metodologiche dell’offerta, 1,77 per l’offerta economica (ribasso d’asta del 7,80%).

L’aggiudicataria si posizionava pertanto al primo posto della graduatoria, con il punteggio di 59,77.

Con il presente ricorso insorgeva, avverso l’operato della stazione appaltante, la deducente svolgendo i seguenti motivi di diritto: 1) violazione dell’art. 38 del D. Lgs. 12.4.2006, n. 163, oltre che vizio di eccesso di potere per difetto d’istruttoria e violazione del principio di buon andamento, atteso che la ditta controinteressata avrebbe reso dichiarazioni allegatamente non veritiere riportate nella relazione metodologica, là dove assumeva di essere in possesso di laboratorio di analisi attrezzato per l’effettuazione delle analisi previste dal bando; 2) violazione del D. Lgs. 12.4.2006, n. 163, oltre che vizio di eccesso di potere per difetto d’istruttoria e violazione del principio di buon andamento, violazione del bando di gara, tenuto conto che l’A.T.I. aggiudicataria non avrebbe prestato negli ultimi cinque anni servizi analoghi, peraltro espressamente richiesti dal bando di gara; 3) violazione dell’art. 83 del D. Lgs. n. 163/2006, violazione dell’art. 3 della L. 7.8.1990, n. 241, non risultando dal bando di gara, né dal disciplinare, i criteri motivazionali per l’attribuzione dei punteggi; 4) violazione di legge e difetto di motivazione; 5) violazione del d.P.R. n. 554/1999, all. "A".

Con memoria notificata il 3.8.2010 la ricorrente ha dedotto motivi aggiunti, avanzando richiesta di risarcimento dei danni provocati dall’asserito illegittimo comportamento dell’Amministrazione comunale in materia di appalto.

Il Comune di Frosinone si è costituito in giudizio, richiedendo la reiezione del prodotto ricorso.

Si è, altresì, costituita la G.I. – S.r.l., che ha assunto identiche conclusioni.

Successivamente, all’udienza del 2.12.2010, la causa è stata trattenuta a sentenza.

Motivi della decisione

Il ricorso proposto dall’ATI – S. S.r.l è fondato. Il Collegio reputa, invero, che sia da accogliere la censura afferente all’illegittimità del bando di gara per carenza dei sub criteri, tenuto conto della eccessiva genericità dei criteri principali (o primari) previsti.

Nel quarto motivo del ricorso introduttivo, la ricorrente innesta, in particolare, la domanda di annullamento del bando per allegata carenza dei subcriteri, la cui presenza avrebbe indubbiamente consentito una più analitica griglia di valutazione.

Osserva, in proposito, il Collegio che secondo il modulo procedurale di cui all’art. 83 del D.Lgs. n. 163/06, quando il contratto è affidato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, è fatto obbligo alla stazione appaltante d’indicare, nel bando, "i criteri di valutazione e… la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, anche mediante una soglia, espressa con un valore numerico determinato" (comma 2). Lo stesso art. 83 stabilisce, poi, che:…" ove necessario" il bando preveda, per ciascun criterio di valutazione prescelto, anche i subcriteri e i subpesi o i subpunteggi, definendo così una griglia di valutazione ancora più analitica (comma 4).

La necessità di definire anche i subcriteri, sub- pesi o i subpunteggi va, perciò, valutata di volta in volta in relazione: all’analiticità dei criteri principali (o primari); all’idoneità di questi ad assicurare il rispetto del principio di trasparenza sopra indicato; ai poteri integrativi riconosciuti alla commissione giudicatrice (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 7 dicembre 2007, n. 1296).

Quest’ultima, infatti, secondo il ridetto modulo procedurale, dispone solo del potere di stabilire, prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte, "i criteri motivazionali cui si atterrà per attribuire a ciascun criterio e subcriterio di valutazione il punteggio tra il minimo e il massimo prestabiliti dal bando".

Non appare superfluo sul punto accennare anche all’orientamento espresso della Corte di Giustizia, Sez. II, del 24.11.2005 in C331/04, la quale ha stabilito: "che il diritto comunitario non osta a che una commissione aggiudicatrice attribuisca un peso relativo ai subelementi di un criterio di aggiudicazione stabilito precedentemente, effettuando una ripartizione tra questi ultimi del numero di punti previsti per il detto criterio dall’amministrazione aggiudicatrice al momento della redazione del capitolato d’oneri o del bando di gara, purché una tale decisione: non modifichi i criteri di aggiudicazione dell’appalto definiti nel capitolato d’oneri o nel bando di gara; non contenga elementi che, se fossero stati noti al momento della preparazione delle offerte, avrebbero potuto influenzare la detta preparazione; non sia stata adottata tenendo conto di elementi che possono avere un effetto discriminatorio nei confronti di uno dei concorrenti".

Ai fini dell’esame della censura in oggetto, non risulta essere necessario, peraltro, indagare sul coordinamento della vista norma interna, che disciplina (e limita) i poteri della commissione aggiudicatrice (art. 83 comma 4 ultima parte del D.Lgs. n. 163/06), con il surriferito indirizzo comunitario apparentemente di contenuto più ampio.

Invero, nel caso di specie, l’art. 7 del bando di gara non prevedeva, in maniera esaustiva, gli elementi primari né, i sub criteri (in questo caso necessari), sulla base dei quali si sarebbe potuto effettivamente assicurare il rispetto del principio di trasparenza ed imparzialità nella valutazione delle offerte.

Sussiste, dunque, sotto tale profilo un vizio idoneo ad invalidare il bando, posto che, gli elementi principali, non erano supportati da una descrizione esaustiva delle caratteristiche che l’offerta doveva contenere.

In altri termini, solo l’esaustività degli elementi di valutazione individuati dalla lex specialis di gara, avrebbe potuto escludere la necessità di integrare, nell’ambito di quest’ultima, gli elementi medesimi con altri subparametri.

In tal senso è il costante indirizzo del giudice amministrativo secondo cui: "nelle gare pubbliche indette con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa la necessità di stabilire ulteriori subcriteri, subpesi o subpunteggi deve essere valutata di volta in volta in relazione all’analiticità dei criteri principali, all’idoneità di questi ad assicurare il rispetto del principio di trasparenza e ai poteri integrativi riconosciuti alla commissione giudicatrice" (T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 07 dicembre 2007, n. 1296)

Si tratta, nella sostanza, di assicurare che la definizione dei criteri di valutazione delle offerte avvenga in un momento antecedente la redazione delle stesse da parte degli offerenti, assicurando così il rispetto del fondamentale principio di trasparenza su cui si regge tutto lo svolgimento della procedura selettiva.

Nel caso in esame va ricordato che la lex specialis di gara definiva i seguenti criteri (art. 7 del bando e richiamati nell’art. 8 del capitolato d’oneri) per la valutazione dell’offerta tecnica e precisamente: i)"capacità ed esperienza desunta dalla documentazione relativa all’attività e ai mezzi del concorrente e dei curricula dei professionisti che svolgeranno i servizi": peso di un massimo di punti 40; ii)"caratteristiche qualitative e metodologiche dell’offerta desunte dalla relazione illustrativa delle modalità di svolgimento delle prestazioni oggetto dell’incarico": peso di punti 50; iii) "ribasso percentuale indicato nell’offerta economica": peso di punti 10.

I surriferiti criteri appaiono, come detto, alquanto generici e, di conseguenza, avrebbero reso necessaria una loro specificazione attraverso la predefinizione di subcriteri con relativa ponderazione.

L’illegittimità del bando del bando è perciò palese, atteso che il citato art. 83 del d. lgs 163/2006 prevede, come detto, che sia il bando a individuare i subcriteri, i subpesi ed i subpunteggi, eliminando in proposito ogni margine di discrezionalità in capo alla Commissione giudicatrice (T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 01 luglio 2008, n. 1710).

Non appare, poi, conferente la questione, adombrata dalla difesa dell’ente comunale resistente, riguardo alla sindacabilità delle scelte relative ai criteri più adeguati per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tenuto conto che, nel caso di specie, non si tratta tanto di sindacare la scelta relativa all’individuazione dei criteri – certamente appannaggio della commissione di gara in quanto espressione di discrezionalità tecnica – quanto piuttosto, come sopra evidenziato, di censurare l’assenza dei sub criteri, indubbiamente necessari in quelle ipotesi che – come il caso che ci occupa – gli elementi primari di valutazione delle offerte non erano sufficientemente definiti.

Il detto motivo deve essere conseguentemente accolto.

Devono ora esaminarsi le pretese risarcitorie formulate dall’A.T.I. ricorrente.

In primo luogo non è contestata l’avvenuta esecuzione dei lavori da parte della ditta illegittimamente aggiudicataria: si deve, quindi, escludere la possibilità di provvedere al risarcimento in forma specifica, essendo allo stato astrattamente possibile solo quella per equivalente monetario, che l’ATI – S. S.r.l ha espressamente richiesto, con i motivi aggiunti, in conseguenza della avvenuta stipula del contratto definitivo e del successivo completamento dei lavori oggetto dell’appalto.

La fattispecie ricade nel raggio di applicazione dell’art. 122 del Codice del processo amministrativo, ai sensi del quale il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, tenendo conto tra l’altro "dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare" nel medesimo. La giurisprudenza, nel caso di contratti in avanzato stato di esecuzione, ha recentemente reputato conforme all’interesse della stazione appaltante e all’interesse generale garantire la continuità del servizio in corso, privilegiando l’opzione del risarcimento per equivalente (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI – 15/6/2010 n. 3759). A fortiori nel caso di specie dunque si deve propendere per la soluzione della riparazione pecuniaria.

Con riferimento ai profili di responsabilità di cui, come è noto, costituiscono elementi dell’illecito extracontrattuale il fatto, l’antigiuridicità e la colpevolezza si osserva quanto segue.

Il fatto consiste nella condotta commissiva o omissiva produttiva – attraverso il rapporto di causalità – dell’evento dannoso, che nel caso di specie è dato dall’illegittima attribuzione dell’aggiudicazione quale conseguenza della indeterminatezza dei criteri previsti dal bando.

L’antigiuridicità consiste nella violazione delle regole giuridiche – e quindi nel caso di specie – nell’illegittimità appunto del bando.

Riguardo al profilo dell’accertamento della sussistenza della colpa esso è destinato a perdere consistenza alla luce della recente sentenza della Corte di Giustizia CE, sez. III – 30/9/2010 (causa C314/2009).

La Corte ha, infatti, ritenuto che gli Stati membri non possono subordinare la concessione di un risarcimento al riconoscimento del carattere colpevole della violazione della normativa sugli appalti pubblici commessa dall’amministrazione aggiudicatrice. Ha statuito la Corte che "il tenore letterale degli artt. 1, n. 1, e 2, nn. 1, 5 e 6, nonché del sesto "considerando" della direttiva 89/665 non indica in alcun modo che la violazione delle norme sugli appalti pubblici atta a far sorgere un diritto al risarcimento a favore del soggetto leso debba presentare caratteristiche particolari, quale quella di essere connessa ad una colpa, comprovata o presunta, dell’amministrazione aggiudicatrice, oppure quella di non ricadere sotto alcuna causa di esonero di responsabilità". Tale conclusione è suffragata da un duplice rilievo: da un lato gli Stati membri possono prevedere per questo tipo di ricorsi termini ragionevoli da osservarsi a pena di decadenza, e ciò per evitare che i candidati e gli offerenti possano in qualsiasi momento allegare violazioni della normativa suddetta (esigenza di certezza), e dall’altro gli stessi hanno la facoltà di prevedere che, dopo la conclusione del contratto successiva all’aggiudicazione dell’appalto, i poteri dell’organo responsabile delle procedure di ricorso siano limitati alla concessione di un risarcimento.

In questo quadro complessivo il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività perseguito dalla direttiva soltanto a condizione che la possibilità di riconoscerlo "… non sia subordinata… alla constatazione dell’esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall’amministrazione aggiudicatrice". Ciò posto, anche l’inversione dell’onere della prova a carico dell’amministrazione aggiudicatrice non è accettabile, poiché genera "il rischio che l’offerente pregiudicato da una decisione illegittima di un’amministrazione aggiudicatrice venga comunque privato del diritto di ottenere un risarcimento per il danno causato da tale decisione, nel caso in cui l’amministrazione suddetta riesca a vincere la presunzione di colpevolezza su di essa gravante".

Riconosciuto l’an debeatur, si tratta quindi di affrontare la questione della determinazione del quantum risarcitorio.

In relazione al danno risarcibile, l’ATI ricorrente, correttamente, determina il valore contrattuale muovendo dal prezzo a base d’asta di euro 314.195,00, diminuito della percentuale di ribasso praticata del 37,01%, ottenendo così l’importo di euro 197.911,43.

Assume, poi, che esso possa essere determinato nelle seguenti voci:

1. Danno emergente: Euro 197.911,43 X 2%;

2. Lucro cessante (equivalente): Euro 197.911,43 X 10% = Euro 19.791,14;

3. Ulteriore perdita di chance: Euro 197.911,43 X 3% = Euro 5.937,34;

4. Mancato amm. to attrezzature: Euro 197.911,43 X 3% = Euro 5.937,34;

5. Danno esistenziale: Euro197911,43X 5% = Euro 9.895,57;

per un totale complessivo pari ad Euro. 45.519,62;

Detto ordine di idee deve essere condiviso con le precisazioni che seguono e tenuto conto della peculiarità della fattispecie (annullamento del bando, l’impossibilità di una rinnovazione della gara essendo stato interamente eseguito il servizio).

In primo luogo per la quantificazione va, in proposito, esclusa la rifusione del danno emergente perché tale voce, consistente nelle spese sostenute per la partecipazione alla gara, non può essere riconosciuta all’impresa che lamenti -come nella specie- la mancata aggiudicazione dell’appalto. Infatti, la reclamata partecipazione alle gare di appalto comporta per le imprese dei costi che, ordinariamente, restano a carico delle imprese medesime, sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi di partecipazione possono essere riconosciuti a titolo di danno emergente nel caso in cui dall’illegittima esclusione si reclami solo la (mancata ed ormai impossibile) partecipazione alla gara, perché in tal caso viene in considerazione la pretesa del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili, ma non anche quando si faccia valere il diritto alla denegata aggiudicazione (sul punto, cfr. Consiglio di Stato, sez. VI n. 2751 del 9.6.08 e Consiglio di Stato sez. VI, n. 4435/02).

Relativamente invece al lucro cessante da mancata aggiudicazione, secondo una parte della giurisprudenza che il collegio condivide, tale voce può essere risarcita per intero se e in quanto l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi, mentre quando tale dimostrazione non venga offerta è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi servizi, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con conseguente riduzione del danno risarcibile. Trattasi anche in questo caso di un’applicazione del principio dell’aliunde perceptum, in base al quale, per scongiurare che a seguito del risarcimento il danneggiato possa trovarsi in una situazione addirittura migliore rispetto a quella in cui egli si sarebbe trovato in assenza dell’illecito, va detratto dall’importo dovuto a titolo risarcitorio (oltre ai costi di gestione che la ditta avrebbe comunque affrontato nell’esecuzione dell’appalto) quanto dalla ditta stessa percepito grazie allo svolgimento di diverse attività lucrative, nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l’appalto in contestazione (Consiglio di Stato, sez. VI n. 2751 del 9 giugno 2008, ove viene ben chiarito come l’onere di provare l’assenza dell’aliunde perceptum spetti al ricorrente e non alla PA, nel più generale contesto di quantificazione del danno lamentato).

Anche tale voce non può pertanto essere riconosciuta non avendo la parte ricorrente prodotto alcuna prova al riguardo.

Analogamente ritiene il Collegio che, nella specie, pur essendo astrattamente ammissibile configurare il danno risarcibile come "perdita di chances", la ricorrente non ha tuttavia prodotto la prova dell’esatta quantificazione.

Del resto trattandosi di annullamento del bando (così come richiesto dalla interessata) non sarebbe stato agevole stabilire se alla stregua dei diversi criteri adottati in sede di rinnovo della gara, qualora i lavori non fossero stati eseguiti, la stessa ricorrente sarebbe risultata l’effettiva aggiudicataria.

Ritiene, perciò, il Collegio, in presenza di un danno da perdita di chance difficilmente quantificabile (cfr. Cass. Sez. I 25/11/03 n. 17940) di dover necessariamente ricorrere alla liquidazione in via equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c..

Ritiene quindi congruo liquidare il danno in 4.000,00 (Euro quattromila/00). Sulla somma sopra liquidata a titolo di risarcimento deve essere riconosciuta la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT con decorrenza dalla data di adozione del provvedimento illegittimo annullato dal T.A.R. (2 dicembre 2010) e fino alla data di pubblicazione della presente decisione, momento in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta (cfr. Cons. Stato Sez. IV 14/12/02 n. 6894; T.A.R. Veneto 16/11/02 n. 6345; T.A.R. Basilicata 13/9/05 n. 767; ecc.).

Deve poi escludersi il danno cd curriculare (cfr. T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 29 ottobre 2010, n. 1857), che secondo l’orientamento seguito dalla sezione sarebbe stato stimato nella misura dell’ 1% dell’importo contrattuale come sopra determinato, per la semplice ragione che nel caso in esame è stato annullato anche il bando di gara.

In conclusione il ricorso deve essere accolto nei sensi suindicati, con conseguente condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni nella misura liquidata in dispositivo.

Le spese, ivi compresi i diritti e gli onorari di difesa, seguono la soccombenza e possono essere liquidate nella somma di Euro 2500,00 oltre agli oneri di legge.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla gli atti con esso impugnati;

Respinge l’istanza tesa ad ottenere la dichiarazione di inefficacia del contratto.

Accoglie la domanda di risarcimento del danno per equivalente, e per l’effetto condanna l’amministrazione aggiudicatrice a corrispondere la somma da determinare secondo i criteri e le modalità indicate in narrativa.

Condanna l’amministrazione aggiudicatrice a liquidare alla ricorrente la somma di Euro. 2.500,00 a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.

Condanna altresì l’amministrazione soccombente a rifondere alla ricorrente le spese del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 6bis del D.P.R. 30/5/2002 n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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