Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-12-2010) 17-01-2011, n. 1006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 16 febbraio 2010, la Corte d’ Appello di Reggio Calabria, sezione penale, confermava la sentenza del Tribunale di Palmi appellata da C.P., con la quale questi era stato dichiarato colpevole di concorso del reato di cui all’art. 707 c.p. perchè, già condannato per delitti determinati da motivi di lucro, veniva colto in possesso di un seghetto e di un grimaldello, strumenti atti ad aprire e forzare serrature, dei quali non giustificava la detenzione, con la recidiva reiterata, in (OMISSIS).

La Corte territoriale, rigettata l’eccezione di nullità della sentenza, nel merito riteneva fondata la prova della responsabilità sulla scorta degli accertamenti effettuati che avevano attestato il possesso degli strumenti in ora notturna il luogo lontano dalla dimora dell’imputato, nei pressi di un obiettivo sensibile (dimora storica con beni di valore).

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione non comprendendosi per quale motivo si sia ritenuto che gli strumenti fossero nella disponibilità dell’imputato, posto che essi erano nell’autovettura condotta dal proprietario, riposti nel portabagagli;

– a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), per violazione degli artt. 420 ter e 420 quater c.p.p. per non essere stato consentita la partecipazione dell’imputato al processo in quanto detenuto per altra causa.

Motivi della decisione

1. La rinnovata eccezione di nullità è stata correttamente ritenuta infondata dalla Corte territoriale.

Va invero ribadito che La detenzione dell’imputato per altra causa, sopravvenuta nel corso del processo e comunicata solo in udienza, integra un’ipotesi di legittimo impedimento a comparire e preclude la celebrazione del giudizio in contumacia, anche quando risulti che l’imputato medesimo avrebbe potuto informare il giudice del sopravvenuto stato di detenzione in tempo utile per la traduzione, in quanto non e" configurabile a suo carico, a differenza di quanto accade per il difensore, alcun onere di tempestiva comunicazione dell’impedimento (Cass. SSUU n 37483/2006).

Per l’effetto: In caso di eventuale stato di detenzione dell’imputato per altra causa, sconosciuto dall’ufficio e non reso noto al giudice da parte del difensore, nè altrimenti dedotto dalla parte, è valida la notifica del decreto di fissazione dell’udienza (nella specie relativa a trattazione di incidente d’esecuzione) eseguita al domicilio risultante dagli atti (Cass. Sez. 1, 15-27.10.2009 n. 41339).

Nel caso in esame l’informazione al giudice di primo grado non è mai pervenuta e all’imputato il decreto di citazione era stato notificato regolarmente. Il sopravvenuto stato di detenzione non è stato reso noto al tribunale neppure dal difensore di fiducia, che ne ha fatto motivo di doglianza soltanto con l’appello. Quindi tardivamente, perchè non si verte in ipotesi di nullità assoluta ed insanabile non essendovi stata omissione della citazione (art. 179 c.p.p.) ma solo mancata possibilità di intervento dell’imputato (art. 178 c.p.p., lett. c)) verificatasi nella fase degli atti preliminari al giudizio, da dedurre prima della deliberazione della sentenza di primo grado (art. 180 c.p.p.).

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato, perchè la sentenza impugnata ha giustificato il convincimento di consapevolezza dell’esistenza degli strumenti atti allo scasso in ragione di una serie di elementi indiziari, che il ricorrente non confuta nella loro idoneità dimostrativa, avendo insistito nel rappresentare che il veicolo non era di sua proprietà che non ricorrevano elementi atti a dimostrare che egli fosse a conoscenza di quanto contenuto nel portabagagli.

3. La contravvenzione non è prescritta, perchè, essendo stata commessa il 20 gennaio 2006 nella vigenza della nuova disciplina introdotta con la L. n. 251 del 2005, il termine relativo è di quattro anni da aumentare di un quarto per l’interruzione (la recidiva è applicabile solo ai delitti), per complessivi cinque anni.

3. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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