Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-11-2010) 17-01-2011, n. 1005

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza del 26.2.2009 la 4 Sezione penale della Corte d’Appello di Palermo confermava la sentenza emessa il 21.1.2008 dal Tribunale di Palermo in composizione monocratica che aveva condannato M.M. per i reati di ricettazione di una carta d’identità intestata ad A.R., risultata provento di furto, e del reato di falso per avere apposto su tale documento la propria fotografia, ancora del reato di falsificazione in certificati amministrativi per avere formato un falso codice fiscale.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato contestando che la sentenza impugnata è stata emessa in violazione di legge, in quanto non vi è alcuna prova che l’imputato abbia contraffatto il documento, rinvenuto nella sua disponibilità durante una perquisizione personale.

Il motivo di ricorso è una mera ripetizione della stessa doglianza avanzata in sede d’Appello e disattesa dalla Corte Territoriale con argomentazione puntuale, specifica e priva di vizi logici.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.

I motivi formulati dal ricorrente sono la mera ripetizione di doglianze già esposte coi motivi d’appello e debitamente disattese dalla corte d’Appello e pertanto, vanno qualificati come generici. E ciò sia perchè il carattere autonomo di ogni impugnazione postula che essa rechi in sè tutti i requisiti voluti dalla legge per provocare e consentire il controllo devoluto al giudice superiore, sia perchè in tal caso i motivi non assolvono la loro funzione tipica di critica, ma si risolvono in una mera apparenza (Cass. Sez. 6^, 29.10.96, n. 12, Del Vecchio; id., 7.4.88, n. 12023, D’Alterio;

Cass Sez. 6 n. 20377/09; Cass. Sez. 5 n. 119333/05).

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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