Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-11-2010) 17-01-2011, n. 990

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il Tribunale di Napoli con sentenza del 21.4.2004 condannava M.S. per estorsione aggravata in concorso in danno di C.G..

Avverso la sentenza presentava appello l’imputato contestando in principalità la sussistenza del fatto e in via subordinata chiedeva la derubricazione nel reato di ragion fattasi.

La 5 Sezione della Corte d’Appello di Napoli con sentenza in data 1.12.2009 riqualificava il fatto come tentativo di estorsione aggravata e riduceva la pena.

Ricorre per Cassazione il M. contestando che la sentenza impugnata è incorsa in violazione di legge avendo qualificato il fatto, in assenza di danno patrimoniale per la parte offesa, come tentativo di estorsione anzichè come violenza privata.

Ricorre per cassazione anche il difensore dell’imputato contestando che la sentenza impugnata è stata emessa in violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 56 c.p., comma 4, che prevede una riduzione di pena pari alla metà della stessa, pur avendo accertato in fatto un recesso attivo dell’imputato che ha rilasciato spontaneamente l’appartamento in questione dopo soli 15 giorni.

Il ricorso è inammissibile.

Correttamente le Corti di merito hanno qualificato il comportamento tenuto dall’imputato come estorsione.

Nella condotta descritta sono infatti ravvisabili sia l’elemento oggettivo che soggettivo del delitto di cui all’art. 629 c.p..

Del resto la differenza fondamentale tra le due ipotesi di reato consiste nel fatto che in entrambi i casi viene tutelata la libertà di autodeterminazione spontanea dell’individuo al di mori di qualsiasi limite o condizione; se la coartazione da parte dell’agente è diretta a procurarsi un ingiusto profitto, come è accaduto nel caso di specie, ricorre il delitto di estorsione (vedi Cass. 22 aprile 1993, n. 1683, in CP 94, 2072).

Anzi nel caso in esame più correttamente il Giudice di primo grado aveva ritenuto il delitto di estorsione consumato e non tentato.

In tema di delitto di estorsione, la costrizione, che deve seguire alla violenza o minaccia, attiene all’evento del reato, mentre l’ingiusto profitto con altrui danno si atteggia a ulteriore evento, sicchè si ha solo tentativo nel caso in cui la violenza o la minaccia non raggiungono il risultato di costringere una persona al "facere" ingiunto.

(V. Cass. Sez. 2 n. 24068/08; Cass. Sez. 2 sent. n. 44319 del 18.11.2005 dep. 5.12.2005 rv 232506). Il M., in virtù del comportamento violento, aveva infatti costretto la parte offesa ad accettare la sua locazione nell’immobile dove si era trattenuto senza un titolo legittimo per ben 15 giorni.

Deve aggiungersi che nella estorsione contrattuale, quella cioè che si realizza attraverso l’imposizione al soggetto passivo di entrare in un rapporto negoziale di natura patrimoniale con l’agente, o anche con altri soggetti, l’elemento dell’ingiusto profitto con altrui danno è in re ipsa, in quanto la vittima del reato è costretta a tale rapporto in violazione della sua autonomia negoziale (cfr. Cass. n. 10463/01; Cass., sez. 1^, 30 aprile 1982, Simoncini). La deminutio patrimonii consiste infatti in ogni svantaggio che pregiudica il livello o il godimento della condizione patrimoniale del soggetto passivo; sicchè il danno patrimoniale si realizza non solo in caso di perdita di un bene o nella rinuncia a una posizione creditoria ma anche nell’assunzione (coatta) di una obbligazione.

Nessun fatto di desistenza è stato indicato dalla Corte Territoriale e che, comunque, le argomentazioni sopra indicate, impediscono di riconoscere nella fattispecie in esame.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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