Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-11-2010) 17-01-2011, n. 798 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 10 luglio 2009, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Sala Consilina, nell’ambito di un procedimento che vedeva numerosi imputati chiamati a rispondere di una pluralità di reati di traffico di sostanze stupefacenti, D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, commessi in (OMISSIS) ed altrove, fra il dicembre 2005 ed il marzo 2006, ha rinviato a giudizio alcuni imputati ed ha invece dichiarato non luogo a procedere nei confronti di V.M., L.F., N.I., M.L., T.V., S.B., D.M. V., C.J.L., B.K., G.B., Bi.Gr., La.Fr., C. L., R.Y., Z.F. e Ma.Da. per essere gli elementi raccolti inidonei a sostenere l’accusa in giudizio.

Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Salerno ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza per erronea applicazione della legge penale (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b)). Il ricorrente ha lamentato che il proscioglimento sarebbe stato fondato su tre assunti, dei quali il secondo ed il terzo palesemente erronei: 1) l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche disposte con decreto del GIP in data 25/11/2005, per insussistenza dei gravi indizi di reato, in quanto l’autorizzazione fu concessa solo sulla base delle notizie confidenziali ricevute dalla polizia giudiziaria; 2) l’inutilizzabilità delle intercettazioni autorizzate con successivi decreti (nei quali veniva fatto richiamo al risultato delle intercettazioni già svolte), poichè quelle originarie, proprio in quanto inutilizzabili, non avrebbero potuto essere poste a fondamento di provvedimenti ulteriori; 3) poichè le condotte descritte nei capi d’imputazione riguardavano il mero accordo per la cessione di sostanze stupefacenti, non costituirebbero ipotesi di reato, neanche allo stadio di tentativo, sulla base del disposto dell’art. 115 c.p..

Ha osservato invece il P.G. che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’inutilizzabilità degli esiti di intercettazioni telefoniche non preclude la possibilità di condurre indagini per l’accertamento dei fatti-reato eventualmente emersi dalle intercettazioni stesse, in quanto tale vizio non si trasmette agli atti consecutivi a quello dichiarato nullo, diversamente da quanto previsto per le nullità dall’art. 185 c.p.p.. Quindi correttamente il GIP aveva posto a fondamento dei decreti autorizzativi successivi a quello del 25/11/2005 le intercettazioni già svolte, ancorchè inutilizzabili.

Quanto al secondo degli aspetti in esame, deve ritenersi sufficiente ad integrare il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 il consenso tra le parti sulla qualità e quantità della sostanza e sul suo prezzo, senza che sia necessaria la materiale consegna dello stupefacente pattuito.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Il proscioglimento è stato innanzitutto basato sul fatto che siano del tutto inutilizzabili i risultati delle intercettazioni disposte sulla base di risultati ottenuti attraverso precedenti intercettazioni, ritenute inutilizzabili in quanto fondate geneticamente su notizie confidenziali. L’assunto è erroneo.

La giurisprudenza di legittimità ha infatti già precisato che il decreto autorizzativo di intercettazioni può trovare il suo presupposto in qualsiasi notizia di reato, anche desunta da precedenti intercettazioni inutilizzabili (cfr. Sez. 1, n. 16293 del 27/4/2010, Aquino e altri, Rv. 246656). Del resto, il nostro sistema processuale non conosce la sanzione processuale della "inutilizzabilità derivata", istituto che farebbe diventare giuridicamente rilevanti circostanze di acquisizione della notitia criminis, invece apprezzabili solo quale mero antecedente storico (in tal senso, si veda la parte motiva della sentenza della Sez. 6, n. 47109 del 19/12/2007, Ali ed altri, Rv. 2387149).

Quindi sono pienamente utilizzabili le risultanze di intercettazioni disposte in via successiva, con decreti nei quali si richiamano – a fondamento della sussistenza dei presupposti di legge – i risultati di precedenti intercettazioni, benchè i risultati di queste siano da dichiararsi inutilizzabili.

Risulta parimenti fondata la censura relativa all’erronea interpretazione dell’elemento oggettivo, tipizzato nel reato previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, fatta propria dalla sentenza impugnata, che ha ritenuto che non costituissero reato le condotte di accordo relative alla cessione di sostanze stupefacenti accertate nelle indagini svolte.

E’ interpretazione consolidata in giurisprudenza, e corroborata in dottrina, che la consumazione del reato di acquisto di sostanze stupefacenti non richiede la consegna, ossia la cessione e la ricezione della droga, in quanto la compravendita è un istituto che si perfeziona con l’incontro delle volontà tra venditore ed acquirente (cfr. Sez. 4, n. 32911 del 29/7/2004, Saber e altri, Rv.

229267), tanto che il locus commissi delicti coincide con il luogo di tale accordo (in tal senso, anche recentemente, Sez. 6, n. 20543 del 28/5/2010, Avitabile e altri, Rv. 247385).

Di conseguenza la sentenza di non luogo a procedere nei confronti di V.M., L.F., N.I., M.L., T.V., S.B., D.M. V., C.J.L., B.K., G.B., Bi.Gr., La.Fr., C. L., R.Y., Z.F. e Ma.Da. deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Sala Consilina per un nuovo esame.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Sala Consilina.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *