Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 05-10-2010) 17-01-2011, n. 987 Cause di non punibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

S.A., personalmente ricorre per Cassazione avverso la sentenza 13.1.2010 con la quale la Corte d’Appello di Napoli, confermando la decisione 5.2.2009 del Tribunale di nola, lo ha condannato alla pena di anni tre mesi sei di reclusione, Euro 700,00 di multa, applicando la sanzione accessoria della interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque, siccome ritenuto responsabile dei reati di cui: a) all’art. 629 c.p.; b) artt. 56, 629 comma 2 in relazione all’art. 628 c.p., commi 1 e 3; c) artt. 582, 585 in relazione agli artt. 576 n. 1 e art. 577 c.p., comma 1 e art. 61 c.p., n. 2; d) art. 572 c.p., fatti commessi in danno dei genitori S.L. e S.G..

Il ricorrente richiede l’annullamento della sentenza lamentando:

1) vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), perchè la Corte territoriale lo avrebbe ritenuto responsabile dei reati ascritti sulla base di una motivazione meramente apparente, attribuendo efficacia probatoria alle dichiarazioni rese dalle parti offese, in assenza di riscontri oggettivi.

2) violazione del diritto di difesa perchè il processo si sarebbe svolto senza il rispetto del principio del contraddicono previsto dall’art. 111 Cost.;

3) violazione di legge per mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 649 c.p., comma 1.

Esaminati la sentenza impugnata, il Collegio osserva quanto segue.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile perchè si traduce in una mera riproposizione delle doglianze già formulate con l’atto di appello senza introdurre elementi di novità e critiche specifiche alla motivazione della sentenza impugnata, posto che i vizi della motivazione devono essere desumibili o dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti processuali che devono essere indicati in modo puntuale dalla parte che propone il gravame.

In particolare, si deve osservare che la Corte territoriale dopo avere riconsiderato le dichiarazioni delle parti offese, ne ha valutato l’intima coerenza e il riscontro con le deposizioni rese dal fratello dell’imputato e dall’appuntato dei Carabinieri intervenuto presso la abitazione dell’imputato nella immediatezza dei fatti, oltre che dal referto medico in atti.

Si deve pertanto affermare che la motivazione della sentenza non è "apparente" come sostenuto dal S., e l’accusa trova preciso conforto nelle deposizioni delle parti offese che hanno trovato altresì riscontri oggettivi.

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perchè generico non essendo indicato lo specifico fatto processuale dal quale si possa desumere che siano state violate disposizioni sanzionate di nullità ai sensi dell’art. 178 o art. 179 c.p.p..

Nella trattazione del motivo, il ricorrente ha sostanzialmente ripreso il tema relativo alla attendibilità delle dichiarazioni delle parti offese che è già stato esaminato sub 1).

Il terzo motivo di impugnazione è manifestamente infondato.

La Corte territoriale ha affermato che le richieste di denaro da parte dello imputato, sono state formulate nei confronti dei propri genitori con modalità "violente", peraltro descritte con riferimento al capo b) tentativo di estorsione in modo puntuale, essendo il reato di cui al capo a) nella forma del delitto consumato.

Ciò posto va osservato che l’art. 649 c.p., prevede, in via generale, la non punibilità di chi abbia commesso taluno dei delitti di cui al titolo 13^ del libro 2^ del codice penale in danno di ascendente, come è avvenuto nel caso di specie. Peraltro la stessa norma all’ultimo comma prevede che la disposizione non si applichi ai delitti preveduti dagli artt. 628, 629 e 630 c.p. e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone. Il S. è accusato di due diversi delitti contro il patrimonio commessi in danno dei propri ascendenti: a) il delitto di estorsione consumata; b) il delitto di tentata estorsione aggravata con violenza alla persona della madre.

Pertanto il S. è punibile per il delitto di estorsione consumata ai sensi della prima parte dell’art. 649 c.p., ultimo comma ed è altrettanto punibile per il delitto di tentata estorsione aggravata di cui al capo b) in forza dell’ultima parte della citata disposizione perchè il fatto è si traduce in un reato contro il patrimonio commesso con violenza alla persona della madre.

Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali ed, ex art. 616 c.p.p., al pagamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della Cassa per le ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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