Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-12-2010) 18-01-2011, n. 1080 Reati tributari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1) Con ordinanza in data 21 luglio 2010 il Tribunale di Milano rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di L. F. avverso l’ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Milano il 2.7.2010, con la quale era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del predetto per il reato di cui all’art. 416 c.p. per aver promosso, costituito ed organizzato una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di frodi fiscali in ambito nazionale mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti (capo a), per il reato di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p., D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 per avere, in concorso con altri soggetti, emesso per gli anni 2007, 2008 e 2009 fatture per operazioni soggettivamente inesistenti (capo b), per il reato di cui agli artt. 81 cpv e 110 c.p e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 per aver emesso, in concorso con altri soggetti, fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nell’anno 2008 (capo c).

Rilevava il Tribunale che i gravi indizi di colpevolezza si desumevano chiaramente dalla c.n.r. della G.d.F. di Milano del 14.5.2009 e da quella conclusiva del 16.12.2009, nelle quali si evidenziava che le operazioni illecite attraverso l’interposizione di società fittizie avevano comportato l’evasione di IVA per Euro 2.849.719,59 (ripartita tra i soci).

Dopo aver richiamato la motivazione del provvedimento impugnato, riteneva il Tribunale che la richiesta di riesame fosse infondata.

Innanzitutto, priva di fondamento era l’eccezione di incompetenza territoriale, in quanto il reato più grave (associazione per delinquere) risultava certamente commesso in Milano.

Sussistevano, poi, le esigenze cautelari.

Il L. aveva avuto un ruolo fondamentale ed i reati erano particolarmente gravi.

L’indagato aveva, inoltre, le conoscenze tecniche e la disinvoltura per reiterare la condotta criminosa in caso di necessità di procurarsi denaro.

Nella fase iniziale delle indagini, sussisteva concreto ed attuale il pericolo di inquinamento probatorio (era emerso che l’indagato aveva già operato per distruggere ed occultare le prove).

I richiesti arresti domiciliari, infine, non erano idonei a salvaguardare le esigenze cautelari.

2) Ricorre per Cassazione L.F..

Con il primo motivo denuncia la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla prospettata questione di incompetenza territoriale, non avendo il Tribunale preso in alcuna considerazione i rilievi sollevati dalla difesa.

Con il secondo motivo denuncia la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alle ritenute esigenze cautelari.

Il Tribunale, ancora una volta, non ha preso in considerazione le doglianze contenute nella memoria depositata in relazione alla richiesta di interrogatorio (non espletato) del luglio 2009, all’ampia confessione resa, all’attualità e concretezza del pericolo di reiterazione.

In ordine alla ritenuta sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274 c.p.p., lett. a), la motivazione è assolutamente apodittica, non emergendo in alcun modo condotte da parte del ricorrente (tra l’altro sottoposto a perquisizione un anno prima della esecuzione della misura) finalizzate ad inquinare la prova.

Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3) Il ricorso è infondato.

3.1) In relazione all’eccezione di incompetenza territoriale il Tribunale, con argomentazioni corrette ed adeguate in fatto ed in diritto, ha ritenuto che, allo stato delle acquisizioni, l’associazione per delinquere era stata costituita dal L. che risiedeva a (OMISSIS) insieme a P., anche egli capo, organizzatore e promotore dell’associazione e che le società cartiere utilizzate per realizzare i reati fine facevano capo ai medesimi L. e P., entrambi residenti a (OMISSIS).

Doveva quindi ritenersi che il reato più grave di associazione per delinquere fosse stato commesso nel circondario del Tribunale di Milano, essendo irrilevante che la società Delta Petroli s.r.l., operatore economico effettivo al quale si interponevano le società fittizie, avesse sede in (OMISSIS).

3.2) Quanto al secondo motivo, va ricordato, per quanto riguarda i limiti di sindacabilità in questa sede dei provvedimenti "de libertate", che, secondo giurisprudenza consolidata, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo dei giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Cass. sez. 6^, n. 2146 del 25.5.1995).

L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione.

Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr. ex multis Cass. sez. 1^, n. 1769 del 23.3.1995).

3.2.1) Tanto premesso, il Tribunale, riportando e facendo propria la motivazione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare, ha ritenuto che sussistessero le esigenze cautelari e che l’unica misura adeguata fosse quella in atto.

Il GIP aveva, infatti, già evidenziato, quanto al pericolo di recidivanza, il carattere abituale e sistematico della commissione da parte del tonati e degli altri indagati di delitti di frode fiscale e di appropriazione indebita al fine di trame un profitto considerevole e la indubbia abilità ed elevata professionalità dimostrate nel porre in essere sistematiche negoziazioni di idrocarburi in regime di evasione di imposta, ricorrendo ad una articolata trama di conti correnti e di effetti cambiari ed alla interposizione di alcuni schermi societari privi di reale struttura.

Inoltre, il L., già condannato per sostituzione di persona e per violazione delle disposizioni sul controllo delle armi, era stato reiteratamente indagato per violazioni all’IVA con il metodo delle "frodi carosello", per reati finanziari in genere, per ricettazione e sostituzione di persona ed era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere nel 2001 per partecipazione ad associazione per delinquere e reati in materia di carte di credito ed intercettazione di flussi informatici".

Egli era inoltre il capo ed l’organizzatore delle operazioni illecite poste in essere dall’associazione.

Aveva ritenuto il GIP sussistente anche il pericolo di inquinamento probatorio in considerazione del "metodo sistematico di distruzione di ogni documento contabile dal quale possa ricostruirsi l’attività criminosa posta in essere attraverso le società "cartiere".

Infine, a salvaguardare le evidenziate esigenze cautelari, era, secondo il GIP, inadeguata ogni altra misura diversa da quella detentiva in carcere, sia perchè tali misure non consentivano un controllo continuativo e permanente, sia perchè le stesse presupponevano "un’affidabilità all’autocustodia non ipotizzatabile nei confronti di alcuno degli indagati, anche se incensurato, in considerazione della rilevante gravità dei reati contestati e della elevata capacità criminale dimostrata dagli indagati".

I giudici del riesame hanno ritenuto che le deduzioni difensive non fossero idonee a scalfire tale articolata motivazione ed hanno evidenziato, ulteriormente, che depongono per la pericolosità del L. il ruolo fondamentale svolto dallo stesso nella ideazione ed organizzazione dell’associazione per delinquere e nell’attuazione dei reati fine, la gravità dei reati contestati, le modalità fraudolente attuate, l’importo complessivo dell’IVA evasa e redistribuita, nonchè le sue "conoscenze tecniche e la disinvoltura per reiterare la condotta criminosa….".

In presenza di tale allarmante quadro di pericolosità, le ammissioni rese dall’indagato (peraltro in relazione ad "addebiti che non poteva negare") non sono particolarmente significative, nè indicative di resipiscenza o di volontà di collaborare con gli inquirenti".

Secondo i giudici del riesame, infine, risulta concreto ed attuale, nella fase iniziale del procedimento, il pericolo di inquinamento probatorio da parte dell’indagato "che ha già operato per distruggere ed occultare le prove dei reati contestati, di manipolare il quadro probatorio, precostituendo elementi di prova atti ad attenuare comunque le sue responsabilità".

Tale motivazione "complessiva", coerente ed adeguata, è immune da palesi vizi logici, per cui si sottrae al controllo di legittimità. 3.3) Il ricorso deve quindi essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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