T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 14-01-2011, n. 47 Concessione per nuove costruzioni; Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ordinanza 7.06.2010 il Tribunale di Milano rigettava l’appello proposto da B.C., indagato del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, avverso l’ordinanza in data 11.05.2010 con cui il GIP del Tribunale di Varese aveva rigettato la domanda di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.

Rilevava il Tribunale che B. arrestato il 27.02.2010 per avere detenuto nella sua abitazione 500 grammi di hashish unitamente a bilancini, sacchetti con residui di stupefacente, un quaderno con indicazione di somme riferibili alla contabilità relativa allo spaccio, la somma di Euro 650,00 era stato ammesso agli arresti domiciliari; che il 17.03.2010, essendo stato rinvenuto, nel corso di altra perquisizione domiciliare, un sacchetto con 624 grammi di hashish da cui erano ricavabili 252,9 dosi medie giornaliere sicuramente non presente nel corso della precedente intervento di PG oltre ad alcune bustine con modiche quantità di hashish e marijuana, al B. era stata imposta la misura cautelare della custodia in carcere.

L’allarmante contesto cautelare rendeva, quindi, impraticabile l’invocata rimodulazione del regime cautelare difettando elementi positivi cui ancorare la modifica del precedente giudizio di assoluta inadeguatezza della restrizione domestica a recidere l’attività di spaccio.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando violazione di legge; manifesta illogicità della motivazione sulla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria che andava esclusa perchè la sostanza, che si trovava nel suo appartamento già all’epoca della prima perquisizione, era in cattivo stato di conservazione e, quindi, invendibile.

Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza.

Il ricorso, che non investe le esigenze cautelari, è manifestamente infondato perchè la decisione impugnata non presenta i denunciati vizi di motivazione essendo stati correttamente individuati gravi indizi di colpevolezza a carico dell’imputato.

Nel presente procedimento incidentale gli indizi, per i quali non sono richiesti, come per l’art. 192 c.p.p., n. 2, i requisiti dell’univocità e della concordanza, devono essere gravi, idonei, cioè, a dimostrare l’esistenza di un reato e la rilevante probabilità che l’imputato ne sia autore.

Deve trattarsi di elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che consentono di prevedere che saranno sufficienti a dimostrare la responsabilità, fondando nel contempo una qualificata probabilità di colpevolezza.

Sulle valutazioni effettuate a tal fine, il compito del giudice di legittimità è limitato alla verifica della sussistenza e logicità della motivazione, la cui mancanza o manifesto vizio risultino dal testo del provvedimento impugnato, essendo inibito il controllo sull’attendibilità del fonte di prova allorquando essa sia stata sottoposta alla verifica di attendibilità oggettiva e soggettiva, nei limiti consentiti dalla fase processuale di un’indagine preliminare.

Ha anche affermato questa Corte che "la motivazione dei provvedimenti che impongono la misura cautelare della custodia in carcere, necessariamente sommaria, non può trasformarsi in una pronuncia anticipatoria del conclusivo giudizio finale, anche se deve, comunque, sempre fondarsi su fatti e circostanza concrete e ragionevolmente significative nella effettiva ipotesi criminosa formulata nei confronti dell’indagato onde consentire la ricostruzione dell’iter argomentativo attraverso cui il giudice è pervenuto alla decisione adottata" Cassazione Sezione 1^, 21.10.1993, Lombardo, RV. 196907.

Ne consegue che l’insussistenza degli indizi richiesti dall’art. 273 è deducibile in sede di legittimità solo se si traduce in mancanza assoluta o illogicità manifesta della motivazione o in violazione di specifiche norme, sicchè non è consentito censurare la ricostruzione dei fatti nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la concludenza e rilevanza dei dati probatori, ove l’apprezzamento sia adeguatamente motivato cfr.

Cassazione Sezione 1^, n. 707/1992, D’Avino, RV. 189227: "in materia di provvedimenti restrittivi della libertà personale le doglianze espresse in un ricorso per cassazione e attinenti al difetto sia dei gravi indizi di colpevolezza sia delle esigenze cautelari possono assumere rilievo solo se si traducono in un motivo di annullamento che può essere ravvisato unicamente nella violazione dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. e), il quale, per essere rilevabile in sede di legittimità, deve rientrare nelle previsioni di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e). Ne consegue che esula dalle funzioni della Corte di Cassazione la valutazione sulla concreta sussistenza tanto degli indizi quanto delle esigenze cautelari, ciò rientrando fra i compiti esclusivi dei giudici del merito, dapprima del giudice cui e stata chiesta l’applicazione della misura, e poi, eventualmente, del giudice del riesame.

Non sono, quindi, proponibili censure che richiamano circostanze di fatto implicitamente esaminate dal Tribunale e che tendono sostanzialmente a una diversa valutazione dei dati fattuali su cui è fondato il convincimento espresso in sede di merito".

Nel caso di specie, il Tribunale ha osservato i sopraindicati principi, avendo, con congrua motivazione comprensiva di tutte le argomentazioni contenute nel provvedimento impositivo, riconosciuto la serietà indiziaria alla stregua del rinvenimento, in data 17.03.2010, di 624 grammi di hashish (da cui, nonostante lo stato di vetustà e di cattiva conservazione, erano ricavatali – secondo i rilievi del consulente tecnico del PM – circa 252 dosi medie giornaliere) nell’abitazione dell’imputato, ivi ristretto agli arresti domiciliari quale detentore di altro quantitativo di hashish sequestrato meno di un mese prima.

La reiterazione del reato dopo il primo arresto era sicuramente indicativo di proclività allo spaccio.

Non risponde al vero, quindi, che le acquisizioni delle indagini preliminari siano state travisate in danno dell’indagato.

Il ricorso, basato su censure meramente fattuali, deve perciò essere dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge.

A norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, copia del presente provvedimento va trasmessa al Direttore dell’istituto penitenziario dove il ricorrente è ristretto.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’Istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *