T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 14-01-2011, n. 56

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente impugna il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno di cui in epigrafe che trova causa nella insufficienza del reddito da egli dichiarato rispetto al minimo previsto dalle vigenti norme sull’immigrazione.

In particolare, per l’anno 2005 il Sig. R. avrebbe dichiarato un reddito di 175 euro derivante da una sua partecipazione per la quota del 1% ad una società di persone.

Nei periodi successivi egli avrebbe costituito una nuova società al 50% insieme ad altro socio senza tuttavia riuscire a ritrarne un reddito sufficiente ai fini della permanenza in Italia.

Infine il ricorrente si sarebbe risolto a farsi assumere come lavoratore dipendente dalla Cooperativa Service Treville di Treviglio.

A giudizio del ricorrente la Questura non avrebbe tenuto conto dei tempi fisiologici che un’attività imprenditoriale richiede per produrre un reddito minimo, né avrebbe tenuto in considerazione il suo inserimento socio lavorativo nello Stato Italiano nel quale è residente da molto tempo. E, comunque, a tutto voler concedere, il Questore, appurata l’assenza attuale di un rapporto lavorativo, avrebbe dovuto rilasciargli un permesso di soggiorno in attesa di occupazione.

Si è costituita l’Avvocatura Distrettuale per resistere al ricorso.

All’udienza del 15/12/2010, sentiti gli avvocati delle parti, relatore Dr. Raffaello Gisondi, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Ai sensi dell’art. 4 comma 3 del D.Lgs 268 del 1998 lo straniero che intenda soggiornare in Italia per motivi di lavoro subordinato o autonomo deve dimostrare di possedere mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno.

In base all’art. 5 comma 4 del medesimo testo unico tale requisito non deve essere posseduto solo al momento del rilascio del primo permesso di soggiorno ma durante tutta la permanenza dello straniero in Italia, ben potendo la sua sopravvenuta mancanza dare luogo a diniego del rinnovo del permesso, o alla revoca di quello già rilasciato senza che, a tal fine, si rendano necessarie valutazioni discrezionali che comparino l’interesse pubblico con quello al mantenimento di una situazione residenziale consolidatasi nel tempo.

La predetta normativa deve considerarsi di stretta interpretazione e non ammette deroghe diverse da quelle tassativamente stabilite dalla legge.

In particolare, non è previsto un periodo minimo durante il quale lo straniero possa permanere sul territorio nazionale al fine di avviare un’attività commerciale, in quanto i cittadini extracomunitari che intendano soggiornare per motivi di lavoro autonomo devono da subito dimostrare di disporre di risorse adeguate per l’esercizio dell’attività che intende intraprendere in Italia (art. 26 comma 3 D.Lgs 268 del 1998).

Infondata è poi la censura con cui si lamenta il mancato rilascio di un permesso di soggiorno in attesa di occupazione.

Infatti, è dubbia l’applicabilità di tale istituto anche ai lavoratori stranieri autonomi e, comunque, nel caso di specie, tale permesso non è mai stato chiesto.

Infine, non risulta che l’asserita assunzione del ricorrente come lavoratore subordinato sia mai stata comunicata alla Questura nel corso del procedimento ai fini delle verifiche del caso. La ricevuta di invio della lettera raccomandata prodotta in giudizio dal ricorrente reca, infatti, come destinatario lo sportello unico presso la Prefettura e non la Questura.

Il ricorso deve, quindi, essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite che liquida in Euro 500.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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