T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 14-01-2011, n. 52

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe il ricorrente impugna il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno emesso dalla Questura di Milano per il fatto che egli non risulterebbe titolare di alcuna attività lavorativa, tale non potendo considerarsi la mera dichiarazione di disponibilità ad assumerlo rilasciata dal fratello.

Secondo il Sig. E. la sua situazione lavorativa avrebbe dovuto essere valutata al momento in cui egli fece richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno (2001) e non alla data in cui la Questura ha provveduto (2006), altrimenti i ritardi burocratici verrebbero a ritorcersi a suo danno.

Anche la mancata iscrizione nelle liste di collocamento dipenderebbe dalla Questura che non avrebbe mai rilasciato un permesso di soggiorno in attesa di occupazione che ne costituisce il presupposto.

Il provvedimento impugnato non reca, inoltre, alcuna motivazione in ordine alle specifiche esigenze di interesse pubblico che giustificherebbero la cessazione di una situazione residenziale e di inserimento sociale oramai consolidata.

Si è costituita l’Avvocatura distrettuale per resistere al ricorso.

All’udienza del 15 dicembre 2010, sentiti gli avvocati delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Secondo una giurisprudenza divenuta oramai costante, che trae fondamento dall’art. 5, quinto comma, del D.Lgs 286/98, la sussistenza dei requisiti per il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere riscontrata al momento del rilascio del titolo abilitativo a nulla rilevando il fatto che essi non sussistessero al tempo della presentazione della istanza (TAR Milano, III, 1794/2010).

Bene ha fatto quindi, la Questura a tenere conto della situazione lavorativa del ricorrente quale essa era al momento della emanazione del provvedimento con cui si è pronunciata sulla istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.

Senza contare, poi, che i requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno devono essere costantemente mantenuti durante la permanenza dello straniero in Italia; pertanto, se il ricorrente al momento della adozione del provvedimento impugnato li aveva perduti non può in alcun modo dolersi del ritardo con cui la Questura ha provveduto.

Non appare, inoltre, sufficiente ai fini della dimostrazione del possesso di un’attività lavorativa e di un reddito sufficiente la mera dichiarazione di disponibilità ad una futura assunzione rilasciata da un familiare, richiedendo, invece, la legge sulla immigrazione la stipula di un contratto di lavorativo di soggiorno con il quale il datore di lavoro assuma precisi impegni fra cui quello di fornire un alloggio al lavoratore.

Infine, appare del tutto infondata anche la censura con cui il Sig. E. si duole del mancato rilascio di un permesso di soggiorno in attesa di occupazione che gli avrebbe consentito di iscriversi nelle liste di collocamento.

Il ricorrente avrebbe dovuto, infatti, chiedere alla Questura tale permesso una volta perduta la sua precedente sistemazione lavorativa, onde reperire un nuovo posto di lavoro nei sei mesi successivi; cosa che egli, invece, si è ben guardato dal fare.

Il ricorso deve, quindi, essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione III di Milano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite che liquida in Euro 500.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *