Cass. pen. Sez. III, Ord., (ud. 24-11-2010) 18-01-2011, n. 1058 Durata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

G.B. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale del riesame di Firenze rigettava l’appello da quest’ultimo presentato avverso l’ordinanza con la quale il gip del tribunale di Firenze aveva respinto in data 3 novembre 2009 la richiesta di declaratoria d’inefficacia della misura cautelare per la decorrenza del termine ex art. 297 c.p.p., comma 3.

Deduce in questa sede il ricorrente la violazione dell’art. 297 c.p.p., comma 3 per violazione del divieto della c.d. contestazione a catena e l’assoluta carenza di motivazione del provvedimento impugnato.

In ordine al primo motivo il G. premette che:

– in data 14 luglio 2008 egli era stato attinto da ordinanza custodiale emessa dall’autorità giudiziaria di Ferrara, poi dichiaratasi incompetente per la detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina;

– il successivo 30 luglio 2008, il gip del tribunale di Firenze, decidendo ai sensi dell’art. 27 c.p.p., contestava al predetto anche una diffusa attività di spaccio in favore di numerosi soggetti;

– in precedenza, nell’ambito della medesima indagine culminata con la trasmissione degli atti al gip di Firenze, egli era stato tratto in arresto il (OMISSIS) dall’AG di Ferrara;

– i delitti contestati con ordinanze cautelari originanti anche il procedimento fiorentino sono inerenti al commercio illecito di sostanze stupefacenti e risultano tutti commessi in data anteriore all’esecuzione del provvedimento adottato in data 29 ottobre 2007;

– egli risulta pertanto attinto da due diversi provvedimenti restrittivi emessi in tempi diversi nell’ambito della medesima indagine di polizia giudiziaria e quando, sin dall’arresto in flagranza dell'(OMISSIS), esistevano tutti gli elementi di valutazione essendo il procedimento di Firenze in sostanza uno stralcio del procedimento principale pendente a Ferrara;

e si duole che il tribunale del riesame di Firenze abbia rigettato l’appello apoditticamente affermando l’insussistenza dei presupposti applicativi dell’art. 297 c.p.p., comma 3, escludendo che al momento dell’emissione della prima misura custodiale da parte del gip di Ferrara fossero presenti anche gli elementi per addivenire alla contestazione di tutti gli episodi di spaccio di sostanza stupefacente indicati nell’ordinanza del gip di Firenze.

Con il secondo motivo, invece, lamenta l’assoluta carenza sotto il profilo motivazionale assumendo che i giudici del riesame non avevano indicato specificamente le ragioni che sorreggevano la conclusione cui erano pervenuti e l’iter argomentativo seguito.

Il ricorso inammissibile per le ragioni di seguito indicate.

Avuto riguardo al primo motivo, come si rileva dalle stesse enunciazioni del ricorrente, dopo la misura dell’ottobre 2008, il gip di Ferrara ha emesso una seconda ordinanza cautelare per fatti di competenza della procura della Repubblica di Firenze contestualmente disponendo l’inoltro a quest’ultima degli atti di competenza.

Sostanzialmente il ricorrente si trova oggi nella condizione di dover rispondere di alcuni reati dinanzi al tribunale di Ferrara e di altri dinanzi al tribunale di Firenze.

Sostiene il G. che i fatti contestati dall’AG di Firenze erano già noti prima del provvedimento custodiale inizialmente emesso dall’AG di Ferrara e che le questioni di competenza territoriale non fanno venire meno l’obbligo di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare in seguito alle c.d. contestazioni a catena in quanto la circostanza che i fatti oggetto di separate ordinanze siano giudicati separatamente non esclude la continuazione rilevante ai sensi dell’art. 12 c.p.p., lett. b), richiamata dall’art. 297, comma 3 citato.

L’assunto del ricorrente non tiene evidentemente conto dei principi affermati dalle sezioni unite di questa corte nella sentenza n. 14535 del 19/12/2006 Rv. 235911. Nell’occasione le Sezioni Unite hanno sì ribadito quanto in precedenza dalle stesse affermato e, cioè, che la retrodatazione opera anche nel caso delle ordinanze cautelari emesse in procedimenti diversi per fatti legati da connessione qualificata, qualora essi siano desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio nel procedimento in cui è stata emessa la prima ordinanza cautelare (art. 297 c.p.p., comma 3, seconda parte);

Hanno tuttavia precisato anche che "… la retrodatazione non ha ragione di operare, come invece è stato talvolta sostenuto, quando la seconda misura viene disposta in un procedimento pendente davanti a un diverso ufficio giudiziario. In questo caso infatti la diversità delle autorità giudiziarie procedenti indica una diversità di competenza, e fa ritenere che i procedimenti non avrebbero potuto essere riuniti e che quindi la sequenza dei provvedimenti cautelari non è il frutto di una scelta per ritardare la decorrenza della seconda misura.

Se la competenza appartiene a giudici diversi, il primo non ha ragione di disporre una misura cautelare per fatti di competenza del secondo, anche perchè, a norma dell’art. 291 c.p.p., comma 2, il giudice incompetente è tenuto a disporre la misura cautelare nel solo caso in cui "sussiste l’urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall’art. 274 c.p.p…..

Ciò posto osserva il Collegio che non solo il ricorrente non si confronta con i principi affermati dalle Sezioni Unite ma, pur non contestando la competenza dell’AG di Firenze, si limita ad invocare in maniera assai generica e priva dell’indicazione dei necessari riscontri l’esistenza di una connessione qualificata la cui esistenza andava in ogni caso dimostrata.

Ed allo stesso modo si appalesa del tutto generico il rilievo formulato con il secondo motivo con il quale si sostiene l’assenza di motivazione del provvedimento impugnato.

In conclusione prevale quindi nella specie il profilo dell’inammissibilità del ricorso ravvisabile in presenza di motivi generici.

A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue per la ricorrente l’onere delle spese del procedimento nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa nella misura di Euro 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 1000,00.

La corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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