T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 14-01-2011, n. 21 Questioni di legittimità costituzionale; Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1) Le ricorrenti sono comproprietarie di un terreno sito in Novara, individuato a catasto al Foglio 36, mappale 141, avente una superficie di mq 3.680.

2) Tale terreno, necessario per l’attuazione di un Piano di edilizia economicopopolare, venne dapprima fatto oggetto di occupazione d’urgenza e successivamente espropriato con decreto del Presidente della Giunta Regionale del Piemonte in data 30 giugno 1996.

Il provvedimento di esproprio è stato annullato con sentenza del T.A.R. Piemonte n. 3825/2005, passata in giudicato.

3) Nelle more del giudizio, sul terreno de quo erano stati realizzati alcuni interventi di edilizia residenziale pubblica, con successiva assegnazione degli alloggi ai privati.

4) Le ricorrenti proponevano ricorso dinanzi al T.A.R. Piemonte per ottenere il risarcimento dei danni provocati dall’illegittima occupazione della loro proprietà.

Il giudice adito respingeva la domanda, rilevando nel merito l’intervenuta prescrizione del diritto.

Tale pronuncia era riformata dal Consiglio di Stato che, con decisione della Sezione Quarta n. 5984 del 4 dicembre 2008, condannava il Comune di Novara alla restituzione del terreno, fatto salvo il potere di procedere ad un accordo bonario per definire il trasferimento della proprietà ovvero, nel caso di mancato conseguimento dell’accordo, l’emanazione di un formale decreto di acquisizione delle aree ex art. 43 del d.P.R. n. 327/2001.

5) Fallito il tentativo di accordo, per la mancata accettazione della somma proposta dal Comune, veniva emanato il decreto ex art. 43 cit., con il quale l’importo da corrispondere a titolo di risarcimento dei danni era quantificato in complessivi Euro 90.668,17.

6) Con ricorso giurisdizionale ritualmente notificato, le interessate hanno impugnato detto provvedimento, deducendo motivi di ricorso così rubricati:

I) Elusione del giudicato contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 5984/2008, resa "inter partes". Nullità degli atti oggetto di ricorso ai sensi dell’art. 21 septies, L. n. 241/1990. Violazione di legge. Inosservanza dell’art. 3, L. n. 241/1990 e dell’art. 2043 c.c. Eccesso di potere. Carenza di motivazione. Difetto di ponderazione proporzionata tra interessi confliggenti. Travisamento dei fatti.

II) Altro profilo di elusione del giudicato contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 5984/2008, resa "inter partes". Nullità degli atti oggetto di ricorso ai sensi dell’art. 21 septies, L. n. 241/1990. Violazione di legge. Inosservanza degli artt. 43 e 47, d.P.R. n. 327/2001, nonché dell’art. 2043 c.c. Eccesso di potere. Carenza di motivazione. Illogicità, perplessità, erroneità e contraddittorietà manifesta. Falsa rappresentazione della realtà. Mancanza dei presupposti. Sviamento della causa del potere esercitato.

III) Ulteriore profilo di elusione del giudicato contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 5984/2008, resa "inter partes". Nullità degli atti oggetto di ricorso ai sensi dell’art. 21 septies, L. n. 241/1990. Eccesso di potere. Carenza di motivazione. Illogicità e erroneità manifesta.

IV) Violazione di legge. Inosservanza dell’art. 43, d.P.R. n. 327/2001, nonché degli artt. 2043 e 1227 c.c. Eccesso di potere anche dal punto di vista dello sviamento. Illogicità e contraddittorietà manifesta.

V) Violazione di legge. Inosservanza degli artt. 7 e 8, L. n. 241/1990. Omessa comunicazione di avvio del procedimento. Difetto di trasparenza amministrativa e indebita inibizione del principio di partecipazione dell’interessato.

Sulla scorta delle censure di cui sopra, le ricorrenti instano conclusivamente per l’annullamento o la dichiarazione di nullità del decreto di acquisizione impugnato e degli atti connessi, per la condanna del Comune di Novara alla reintegrazione in forma specifica ovvero, in subordine, al risarcimento del danno per equivalente.

A quest’ultimo riguardo, le ricorrenti, sulla base della perizia di parte prodotta in giudizio, indicano il valore del terreno nell’importo di Euro 356,00/mq che, moltiplicato per la sua superficie, dà luogo alla somma complessiva di Euro 1.310.080,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi.

7) Si è costituito in giudizio il Comune di Novara, contrastando nel merito la fondatezza delle argomentazioni avversarie e concludendo per il rigetto del ricorso.

8) Con ordinanza n. 239 del 9 aprile 2010, è stato disposto l’espletamento di una consulenza tecnica "intesa ad accertare se i criteri tecnici e il procedimento tecnico applicativo adoperati dall’Amministrazione comunale per determinare, nel caso di specie, l’indennità di esproprio siano adeguati sotto il profilo di un apprezzamento tecnico specialistico", disponendo che, a tal fine, il Presidente del Collegio dei Geometri di Torino e Provincia avrebbe incaricato un "geometra particolarmente esperto nelle scienze estimative".

Con lettera del 22 aprile 2010, il Presidente del Collegio designava il geom. Daniela De Salvia di Torino.

Con ordinanza n. 55 del 18 giugno 2010, era disposta, su richiesta del professionista, una proroga del termine per il compimento delle operazioni peritali.

9) Il perito (recte: il verificatore) ha portato regolarmente a compimento le operazioni affidategli e, in data 24 settembre 2010, ha depositato la conclusiva relazione scritta nella quale, dopo aver reso conto degli accertamenti effettuati e delle osservazioni presentate dai consulenti di parte, esprime le proprie valutazioni in ordine al metodo applicato dal Comune di Novara per la determinazione del valore dell’immobile acquisito al proprio patrimonio.

Tali valutazioni confermano in parte la correttezza della metodologia utilizzata, basata sull’applicazione delle "Linee guida" redatte dagli uffici del Comune nel 1992 e successivamente approvate con formale atto di Giunta, che fa riferimento alle quotazioni medie di mercato per le abitazioni nuove site in periferia.

Il verificatore, peraltro, esprime alcune riserve circa il procedimento di stima seguito nella fattispecie, sulla base delle quali rettifica il valore unitario delle aree, e, soprattutto, censura la scelta di portare in detrazione le spese sostenute per la tombinatura della Roggia Cerana, atteso che i valori riportati dalle menzionate "Linee guida" sono già depurati dei costi per rendere edificabile l’area.

Sulla base di questi rilievi, il verificatore ridetermina nell’importo di Euro 129.223,20 il valore venale del terreno fatto oggetto di acquisizione al patrimonio comunale.

10) Le parti hanno depositato memorie difensive con le quali prendono posizione in merito alla risultanze della verificazione.

Con un’ulteriore memoria depositata il 29 ottobre 2010, la difesa delle ricorrenti ha affermato che la sentenza della Corte costituzionale n. 293/2010, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 43 del d.P.R. n. 327/2001, comporterebbe la nullità del provvedimento impugnato.

11) Il ricorso è stato chiamato alla pubblica udienza del 2 dicembre 2010 e ritenuto in decisione.

Motivi della decisione

12) Con sentenza n. 293 del 8 ottobre 2010, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per eccesso di delega, dell’art. 43 del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), recante disciplina dell’istituto cosiddetto della "acquisizione sanante".

Parte ricorrente sostiene che, per effetto di tale pronuncia, il provvedimento impugnato, con il quale si era fatta applicazione della disposizione travolta dalla declaratoria di incostituzionalità, risulterebbe "ora del tutto sprovvisto dell’attribuzione di potere" e dovrebbe, pertanto, ritenersi nullo ai sensi dell’art. 21 septies della legge n. 241/1990.

La questione dedotta da parte ricorrente riguarda gli effetti prodotti dalla sentenza della Corte costituzionale sull’atto applicativo della legge annullata, nel caso di rapporto non esaurito.

La giurisprudenza amministrativa ritiene che l’annullamento della legge non travolge, nel senso di farne cessare direttamente l’efficacia, l’atto amministrativo che ha fatto applicazione di essa.

Tale orientamento risale alla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 8 aprile 1963, n. 8, con la quale venne precisato che "non esiste, tra la legge e l’atto amministrativo, un rapporto di consequenzialità, quale si ravvisa ad esempio tra l’atto preparatorio e l’atto finale d’un procedimento amministrativo, dove la caducazione del primo travolge il secondo. L’atto amministrativo è manifestazione di autonomia del potere esecutivo ed ha perciò una vita ed una individualità sua propria; esso quindi non viene travolto dalla cessazione dell’efficacia della legge, pur subendo ovviamente l’influsso delle vicende della norma cui ha dato applicazione".

La giurisprudenza successiva ha confermato la soluzione della Plenaria e precisato ulteriormente che, in linea di principio, la dichiarazione di incostituzionalità della legge attributiva di un potere amministrativo non rende di per sé nulli i provvedimenti che ne hanno fatto applicazione, dovendo invece detti provvedimenti essere considerati affetti da illegittimità derivata (Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2006, n. 3458), anche se parrebbe più appropriato affermare che l’atto, come nel caso di legge retroattiva, sia affetto da illegittimità sopravvenuta.

Ragionano in termini di illegittimità derivata, comunque, anche le più recenti pronunce del giudice amministrativo d’appello (Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2102 e 18 giugno 2009, n. 4002), con le quali si è affermato che "la sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma disciplinante il potere di adozione di un provvedimento oggetto di gravame giurisdizionale… comporta l’illegittimità derivata dell’atto stesso lì dove l’interessato abbia censurato la norma di che trattasi ancorché non sotto il profilo della poi dichiarata incostituzionalità".

Alla luce di tali approdi giurisprudenziali, va conclusivamente disattesa la tesi della nullità dell’atto proposta da parte ricorrente, atteso che la declaratoria di incostituzionalità della disposizione normativa attributiva del potere esercitato nella fattispecie non esplica di per sé un simile effetto (soprattutto, va soggiunto, laddove la legge sia risultata affetta da un vizio formale), né possono essere valorizzati ai fini del decidere i profili di illegittimità derivata (o sopravvenuta) dell’atto medesimo, non avendo la ricorrente proposto censure direttamente riferibili alla norma stessa, bensì all’applicazione che ne è stata fatta dall’Amministrazione resistente.

13) Nel merito, paiono destituite di fondamento le censure dedotte con il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso.

Con il primo motivo, le esponenti denunciano i vizi di carenza di motivazione e di elusione del giudicato.

L’Amministrazione, infatti, non avrebbe reso conto di un interesse pubblico specifico all’acquisizione delle aree né provveduto alla doverosa comparazione di tale interesse con quelli dei soggetti privati coinvolti; il tutto in violazione del giudicato formatosi sulla decisione del Consiglio di Stato n. 5984/2008 che, nel prevedere la facoltà di acquisizione al patrimonio comunale, aveva stabilito che si dovesse provvedere con "formale e motivato decreto comunale".

L’inconsistenza degli accennati rilievi critici emerge ad una prima lettura del provvedimento impugnato che, contrariamente a quanto ritiene parte ricorrente, è corredato da un diffuso supporto motivazionale atto a rendere conto sia dell’interesse pubblico all’acquisizione sia della prevalenza rispetto agli interessi privati ("Considerato che gli interventi di edilizia residenziale realizzati rivestono tutt’oggi carattere di pubblica utilità. Valutati gli interessi in conflitto e ritenuti prevalenti gli interessi pubblici rispetto agli interessi privati in considerazione della ritenuta oggettiva irreversibilità della situazione di fatto oggi in essere, attesa la concreta impossibilità di restituire l’immobile espropriato e modificato alla originaria situazione senza affrontare enormi e pregiudizievoli oneri per la collettività e per gli enti assegnatari…").

14) Con il secondo motivo di ricorso, le esponenti denunciano nuovamente il vizio di elusione del giudicato in quanto l’intimata Amministrazione, anziché provvedere al risarcimento del danno cagionato dall’acquisizione, avrebbe inteso "a ogni costo fissare un’indennità a suo piacimento": l’esiguità della somma quantificata con il provvedimento impugnato dimostrerebbe ex se, infatti, che si tratta di indennità di esproprio e non di valore di mercato.

Tale prospettazione contrasta con quanto emerso dalla verificazione disposta in corso di causa, dalle cui risultanze il Collegio non ha motivo per discostarsi, la quale ha consentito di accertare che il Comune di Novara ha effettivamente proceduto alla determinazione del valore venale dell’immobile, sulla base delle possibilità legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell’emanazione del decreto di esproprio poi annullato, applicando a tal fine parametri ("Linee guida") che fanno riferimento alle quotazioni medie di mercato e sono stati ritenuti adeguati dal verificatore.

Non deve trarre in inganno, al riguardo, il riferimento alla "indennità di esproprio" contenuto nell’ordinanza cautelare n. 239/2010, trattandosi di mero refuso subito colto dal verificatore che ha preliminarmente individuato nel risarcimento del danno l’esatto oggetto della sua analisi.

15) Un ulteriore profilo di elusione del giudicato viene rilevato con il terzo motivo di ricorso, in riferimento al momento nel quale andava determinato il valore dell’immobile: l’Amministrazione ha considerato la data (25 giugno 1992) in cui è intervenuto il decreto di occupazione d’urgenza, mentre la decisione del Consiglio di Stato avrebbe imposto di fare riferimento alla data (1° luglio 1991) di adozione del P.E.E.P.

La ricorrente interpreta in modo erroneo la decisione del Consiglio di Stato che, ovviamente, ha inteso ricollegare il risarcimento del danno alla classificazione urbanistica che l’immobile aveva al momento dell’adozione del P.E.E.P., come di fatto avvenuto, ma non ha posto vincoli in relazione al momento in cui determinare il valore dell’immobile stesso.

Correttamente, pertanto, l’Amministrazione ha considerato la data dell’occupazione senza titolo, poiché nessun danno si era verificato in precedenza.

16) Con il quinto e ultimo motivo di ricorso, le esponenti denunciano l’omessa comunicazione di avvio del procedimento definito con il provvedimento di acquisizione impugnato.

La censura sottende una concezione formalistica dell’adempimento previsto dall’art. 7 della legge n. 241/1990 e deve essere disattesa in quanto, avendo riguardo alla chiara statuizione del Consiglio di Stato, le ricorrenti sapevano con certezza che, successivamente al fallimento del tentativo di accordo bonario, il Comune avrebbe adottato il decreto di acquisizione sanante ed erano pienamente in condizione, perciò, di partecipare al relativo procedimento, pur in assenza di un formale avviso di avvio dello stesso.

17) Le risultanze della verificazione impongono, invece, di formulare una diagnosi positiva in merito alla fondatezza del quarto motivo di ricorso, con cui le esponenti denunciano l’illegittimità dell’impugnato decreto di acquisizione nella parte in cui pone a loro carico i costi di trasformazione del sedime necessari per l’edificazione.

La difesa comunale obietta che la qualificazione di un’area come edificabile non può prescindere dagli oneri che si sono dovuti sostenere per renderla utilizzabile a scopo edificatorio, nella specie rappresentati dalle spese per la "tombinatura" del corso d’acqua esistente (Roggia Cerana).

L’argomento non è astrattamente privo di pregio, ma, come appurato dal verificatore, non può trovare applicazione nel caso di specie in quanto i valori fissati dalle "Linee guida" sono già depurati dei costi e degli oneri di costruzione, nella misura del 40% dei ricavi netti, nei quali devono ritenersi inclusi anche quelli per la tombinatura del corso d’acqua.

Il Comune non dimostra, d’altronde, che i costi ivi considerati siano solo quelli "ordinari" gravanti sull’operazione edificatoria, nei quali non potrebbero conteggiarsi le spese "straordinarie" imposte dalla particolare conformazione del sito.

18) L’accoglimento del motivo di ricorso da ultimo esaminato comporta il parziale annullamento del provvedimento impugnato in principalità, limitatamente alla statuizione inerente la determinazione dell’importo da corrispondere a titolo di risarcimento del danno.

Ne consegue la condanna del Comune di Novara al risarcimento del danno per equivalente, pari alla somma di 129.223,20, accertata dal verificatore quale valore venale dell’immobile alla data dell’occupazione d’urgenza, dalla quale dovranno essere ovviamente detratti eventuali importi già corrisposti dal Comune di Novara alle ricorrenti per la medesima causale.

In base ai principi generali sulla liquidazione dell’obbligazione risarcitoria, a tale somma va aggiunta la rivalutazione monetaria, calcolata secondo l’indice Istat dei prezzi al consumo, e gli interessi legali sulle somme anno per anno rivalutate.

19) La soccombenza reciproca giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti costituite.

Pare equo, invece, che il compenso per la verificazione, liquidato in complessivi Euro 4.764,00, come da parcella in atti, sia posto a carico del Comune di Novara.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, annulla in parte qua il provvedimento impugnato, come da motivazione.

Condanna il Comune di Novara al risarcimento del danno in favore delle ricorrenti, quantificato come da motivazione.

Compensa le spese di lite.

Condanna il Comune di Novara al pagamento del compenso per la verificazione, liquidato come da motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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