Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-12-2010) 19-01-2011, n. 1404 Misure alternative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata il 10 febbraio 2010, il Tribunale di sorveglianza di Milano, dichiarava inammissibile l’istanza di detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47 ter, comma 1 ter Ord. Pen., avanzata da D.B.F., detenuto in esecuzione di un provvedimento di cumulo di pene concorrenti, che includeva condanne per partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso;

partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e detenzione illecita di sostanze stupefacenti.

1.1. – Il Tribunale, motivava tale decisione, facendo riferimento, per un verso, al lontanissimo fine pena (3 giugno 2032), sotto altro profilo, concernente più strettamente il merito del procedimento, alla circostanza che, in base a quanto desunto dalla documentazione acquisita, tra cui anche una recentissima certificazione medica (in data (OMISSIS)) della direzione sanitaria del carcere, le condizioni cliniche del detenuto erano soddisfacenti e le patologie da cui lo stesso era affetto potevano essere adeguatamente trattate in regime di detenzione, anche mediante trasferimento in strutture esterne, ed infine all’ulteriore dato che lo spessore criminale del detenuto risultava notevole, come desumibile dai suoi precedenti penali nonchè dall’informativa di polizia in atti.

2. – Ricorre per cassazione il difensore del condannato, col quale denunzia violazione dell’art. 47 ter, comma 1 ter Ord. Pen..

Nel ricorso si deduce, in particolare, per un verso, che il riferimento contenuto alla lontananza del fine pena costituisce elemento assolutamente incongruo; sotto altro profilo che l’ordinanza impugnata è inficiata dalla totale sottovalutazione di tutti gli accertamenti medico legali disposti sulla persona del ricorrente; che lo stesso è affetto da patologie incompatibili con lo stato di detenzione (epatite cronica HCV); che le condizioni di salute in cui versa il detenuto privano di senso giuridico la permanenza di tale condizione, da ritenersi contraria al senso di umanità, atteso anche l’insuccesso delle terapie applicate, che avevano determinato una forte anemia.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione è basata su motivi infondati e va quindi rigettata. Se è pur vero, infatti, come a ragione sostenuto in ricorso, che la lontananza del fine pena non può costituire fondato motivo per ritenere inammissibile la richiesta di detenzione domiciliare per grave infermità fisica, tale dato non è stato però l’unico e decisivo elemento di valutazione, posto a fondamento della decisione di non accogliere l’istanza.

Ed invero, nel formulare le sue censure parte ricorrente non valuta adeguatamente, che per legittimare il rinvio dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi dell’art. 147 c.p., n. 2, presupposto per la concessione della misura sostitutiva richiesta, è necessario che il soggetto abbia bisogno di cure e trattamenti indispensabili, tali da non poter essere praticati in regime di detenzione inframuraria neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura ai sensi della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 11 (cd. ordinamento penitenziario), situazione questa esclusa dal tribunale con argomentazioni concise ma immuni da vizi logici o giuridici, basandosi le stesse, su di una recente certificazione sanitaria, di cui non è dimostrato un effettivo travisamento.

Al riguardo non è superfluo ricordare, del resto, che in tema di rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena per gravi ragioni di salute, il principio costituzionale di tutela della salute (art. 32 Cost.) e del senso di umanità (art. 27 Cost.) che deve caratterizzare l’esecuzione della pena, va contemperato con l’esigenza di certezza della pena nella sua esecuzione con riferimento al principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge (art. 3 Cost.), anche perchè, come già chiarito da questa Corte, "il differimento della pena per motivi di salute può essere giustificato solo con l’impossibilità di praticare utilmente le cure necessarie nel corso dell’esecuzione della pena, non già dalla possibilità di praticarle meglio, fuori della struttura penitenziaria" (così Sez. 1, Sentenza n. 4690 del 23/9/1996, Rv. 205750, ric. Camerlengo).

2. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen. in ordine alla spese del presente procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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