Cons. Stato Sez. V, Sent., 18-01-2011, n. 290 Legittimità o illegittimità dell’atto; Rapporto di pubblico impiego; Rapporto a tempo determinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato i giorni 20, 26 aprile e 4 maggio 2009 e depositato il 14 seguente il signor S.D.M., ripetutamente assunto a tempo determinato dal Comune di Barano d’Ischia in qualità di operaio giardiniere, ha appellato la sentenza 5 febbraio 1999 n. 305 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sezione quinta, con la quale è stato respinto il suo ricorso diretto all’annullamento del provvedimento n. 3158/89 privo di data del Sindaco di Barano, di risoluzione dal 1° luglio 1989 del rapporto col Comune, ed il provvedimento 11 maggio 1989 n. 105606 del Comitato regionale di controllo della Campania, sezione provinciale di Napoli, di approvazione "in via eccezionale e senza ulteriori proroghe fino al 30 giugno 1989, con espressa avvertenza che ulteriori delibere in merito non saranno rese esecutive" della deliberazione 22 aprile 1989 n. 107 della Giunta comunale, recante chiarimenti sulle precedenti deliberazioni 2 marzo 1989 nn. 70, 71, 72 e 73, nonché all’annullamento del detto provvedimento di controllo.

Ricordati i motivi formulati in primo grado, a sostegno dell’appello ha lamentato l’omesso esame da parte del TAR dell’impugnazione del predetto provvedimento di controllo, da ritenersi illegittimo in quanto immotivato, carente di istruttoria e contenente una sorta di condizione non consentita dalla normativa in materia, costituente esercizio di poteri di amministrazione attiva anche con riguardo alla futura azione della p.a.. Inoltre il TAR erroneamente avrebbe ritenuto l’inapplicabilità della legge n. 230 del 1962 al rapporto di pubblico impiego, come pure erroneamente non avrebbe dato atto della sussistenza, nella specie, di tutte le caratteristiche proprie del detto rapporto, quindi dell’esistenza del medesimo senza che rilevi la sua qualificazione formale, col conseguente diritto del ricorrente a percepire le rivendicate differenze retributive ed alla regolarizzazione della propria posizione previdenziale ed assistenziale.

La Regione Campania si è costituita in giudizio in data 10 giugno 1999 e con memoria del 9 aprile 2010 ha svolto controdeduzioni, richiamandosi alle altre difese formulate in primo grado.

Con ordinanza collegiale 25 maggio 2010 n. 161 è stata disposta l’acquisizione del fascicolo di primo grado e, in ogni caso, di documenti a cura del Comune di Barano.

All’odierna udienza pubblica l’appello è stato nuovamente posto in decisione.

Motivi della decisione

Com’è esposto nella narrativa che precede, con ricorso davanti al TAR per la Campania il signor D.M. impugnava il provvedimento del Sindaco di Barano d’Ischia notificatogli il 26 maggio 1989, di risoluzione dal 1° luglio seguente del suo rapporto di lavoro con l’Ente in qualità di giardiniere, dal momento che, in ordine alla deliberazione 22 aprile 1989 n. 107 della Giunta municipale, di chiarimenti alle precedenti deliberazioni nn. 70, 71, 72 e 73 recanti assunzione diretta in ruolo – tra gli altri – dello stesso signor D.M., l’organo di controllo aveva vistato l’atto con la seguente dizione: "nulla da osservare, in via eccezionale e senza ulteriori proroghe fino al 30/6/1989, con espressa avvertenza che ulteriori delibere in merito non saranno rese esecutive", nonché il detto atto di controllo.

Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso ritenendo esclusa la possibilità da parte dell’ente di trasformare il rapporto a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato, sicché il Co.re.co. bene avrebbe inteso statuire l’inconfigurabilità di successivi e continuativi rinnovi che avrebbero comportato la costituzione di rapporto a tempo indeterminato, con danno erariale ed illegittima pretermissione delle procedure di selezione dei candidati a posto pubblico.

Ciò premesso, la pronunzia merita conferma quanto alla sostanziale affermazione dell’inapplicabilità alla fattispecie della legge 18 aprile 1962 n. 230, con conseguente esclusione dell’esistenza di rapporto di lavoro "a tempo indeterminato", giacché – com’è ormai assodato in giurisprudenza – la trasformazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato in presenza delle circostanze previste dalla stessa legge, in particolare dall’art. 2, è possibile nel settore del pubblico impiego solo quando l’amministrazione ne riceva legittimazione da apposita fonte legislativa che faccia proprio il principio affermato dalla legge stessa; pertanto, non può trovare applicazione in relazione al rapporto a tempo determinato instaurato presso gli enti pubblici locali, il quale trova una sua completa disciplina nell’art. 5 del d.l. 10 novembre 1978 n. 702, convertito dalla legge 8 gennaio 1979 n. 3 che, tra l’altro, esclude la possibilità di assumere a tempo indeterminato il personale non di ruolo (cfr., tra le più recenti, Cons. St., Sez. V, 3 settembre 2009 n. 5170 e 20 agosto 2008 n. 3985).

Non è invece condivisibile la reiezione delle censure più specificamente attinenti al provvedimento dell’organo di controllo ed a quello sindacale, in realtà non esaminate. Più precisamente, il TAR ha omesso di considerare tali doglianze, con le quali si sosteneva, tra l’altro, l’illegittimità del primo atto sia in quanto consistente in un’approvazione condizionata, sia perché, ove da intendersi come di controllo negativo, assolutamente sprovvisto di motivazione, neppure ob relationem ad altri precedenti provvedimenti negativi (resi su delibere di assunzione a tempo determinato), e del secondo atto in via derivata.

Le stesse doglianze colgono nel segno.

Quanto al carattere condizionato, al riguardo la giurisprudenza ha affermato la possibilità che il controllo di legittimità sia esercitato con visto condizionato, di per sé atipico ma non per ciò solo illegittimo, purché l’organo di controllo non invada le competenze dell’amministrazione controllata e la condizione apposta non sia tale da snaturare l’indole, lo scopo e la sostanza dell’atto controllato (cfr. Cons. St., Sez. IV, 30 settembre 2002 n. 4983 e Sez. V, 1° aprile 1999 n. 348).

Nella specie, in effetti il Co.re.co, nel convertire l’atto di assunzione in ruolo a decorrere dalla data di esecutività della delibera – avente espresso scopo di sopperire ad esigenze permanenti in ordine a servizi essenziali, oltre che di "sanatoria" di situazioni di precariato – in uno di assunzione a tempo determinato di per sé diretto a soddisfare necessità contingenti e temporanee, ha indubbiamente sostituito scelte proprie a quelle operate dall’Amministrazione attiva, pervenendo così a snaturare del tutto il rispettivo provvedimento che, in sostanza, ha annullato, senza peraltro indicare il vizio di legittimità riscontrato.

E proprio in relazione a ciò va ravvisato il difetto più grave dell’atto, tenuto conto che in esso non v’è neppure – come bene deduceva l’appellante in primo grado e qui ribadisce – un mero richiamo alle ragioni che avevano condotto all’annullamento di precedenti deliberazioni di assunzione a termine per "contrasto con la legge n. 3 dell’8179, art. 5, 15° comma" (rectius: art. 5, co. 15, del d.l. n. 702 del 178, conv. in l. n. 3 del 1979). In altri termini, ancorché sia particolarmente evidente che la disposta assunzione in ruolo si poneva in aperta violazione di norme imperative e basilari nel settore del pubblico impiego (quali il co. 12 del cit. art. 5, secondo le assunzioni negli enti locali "dovranno avvenire solo per pubblico concorso o per prova pubblica selettiva che è consentita per il solo personale salariato ed ausiliario"), tali da determinarne addirittura la nullità, dal dato testuale del provvedimento di controllo non è dato rilevare in alcun modo siffatto elemento essenziale, che avrebbe dovuto necessariamente recare e dal quale non è possibile prescindere, giacché ai sensi dell’art. 59 della legge 10 febbraio 1953 n. 62 l’atto negativo (al quale, come detto, va assimilato il provvedimento condizionato in esame) deve essere adottato con ordinanza "motivata". D’altra parte, l’essenzialità dell’elemento in parola discende dalla natura stessa dello stesso atto negativo, la quale esige che sia esternato, sia pur succintamente mediante semplice richiamo al principio o parametro normativo ritenuto violato, l’iter logico seguito dall’organo di controllo per pervenire a quel giudizio in base ad un operato raffronto tra fatto e detto principio o parametro normativo.

In conclusione, l’appello non può che essere accolto, sia pure nei limiti sopra precisati, con conseguente annullamento del provvedimento del Co.re.co. di cui si è discusso, nonché del pedissequo provvedimento sindacale, impugnati, in accoglimento negli stessi limiti del ricorso di primo grado.

Tuttavia, l’esito complessivo della controversia consiglia la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie per quanto di ragione e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti con esso impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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