Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 14-02-2011, n. 3617 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 954/2005 il Giudice del lavoro del Tribunale di Firenze rigettava la domanda, proposta da D.R. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto ai contratti di lavoro intercorsi e la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato fin dalla stipula del primo contratto (1-7-2002), con la condanna della società alla sua riammissione in servizio e al risarcimento del danno, commisurato alle retribuzioni maturate.

La D. proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con l’accoglimento della domanda.

La società si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza depositata il 15-2-2006, in accoglimento dell’appello dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato il 1-7-2002 e per l’effetto dichiarava che tra la D. e la s.p.a. Poste Italiane si era costituito un rapporto a tempo indeterminato dalla predetta data;

condannava la società a riammettere in servizio la D. ed a corrisponderle la retribuzione globale di fatto maturata dal 25/5/2004, con rivalutazione e interessi.

Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con tre motivi.

La D. ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione degli artt. 1428, 1429, 1431 c.c., dell’art. 115 c.p.c., e vizio di motivazione, censura la impugnata sentenza nella parte in cui senza dichiarare la nullità delle dimissioni, e giunta ad affermare in maniera del tutto illogica e contraddittoria che: "le dimissioni presentate dalla D. furono dettate unicamente da un’erronea valutazione in ordine all’effettiva situazione lavorativa in cui versava".

In sostanza la società lamenta che la Corte fiorentina avrebbe erroneamente ritenuto che Terrore in esame, che cadeva sul motivo, fosse essenziale e riconoscibile.

Il motivo risulta in parte inammissibile e in parte infondato.

Come è stato affermato da questa Corte, le dimissioni de lavoratore – che costituiscono un negozio unilaterale recettizio idoneo a determinare la risoluzione del rapporto indipendentemente dalla volontà del datore di lavoro -soggiacciono, ai sensi dell’art. 1324 cod. civ., in quanto atto tra vivi avente contenuto patrimoniale, alle norme che regolano i contratti, comprese quelle in tema di annullabilità per vizi della volontà ed in particolare, ai sensi dell’art. 1428 c.c., dell’art. 1429 c.c., n. 4 e dell’art. 1431 cod. civ., per errore di diritto – che si verifica quando l’errore riguarda l’esistenza (o la permanenza in vigore) o il contenuto e la portata di una norma giuridica ovvero il modo in cui la stessa deve essere interpretata o applicata – fermo restando che l’errore deve essere riconoscibile dal destinatario delle dimissioni (v. Cass. 19/8/1996 n. 7629).

Nel contempo Terrore di diritto, ai sensi dell’art. 1429 c.c., n. 4 è considerato essenziale "quando è stato la ragione unica o principale del contratto".

Infine, come pure è stato precisato, la presenza dei requisiti di essenzialità e riconoscibilità dell’errore costituisce accertamento di fatto riservato al giudice del merito e incensurabile in cassazione se congruamente motivato (v. fra le altre Cass. 7-2-2008 n. 2870, Cass. 7-8-2003 n. 11934, Cass. 29-6-1985 n. 3892).

Orbene, nella fattispecie, la Corte d’Appello, come si evince chiaramente dalla lettura della motivazione, ha accolto la domanda di annullamento delle dimissioni della lavoratrice, ritenendo – a differenza del primo giudice – che. sulla base degli elementi fattuali emersi, nel caso in esame l’errore della D. "ha riguardato una qualità essenziale del contratto dalla stessa risolto in forza delle dimissioni", "dettate esclusivamente da un’erronea valutazione in ordine alla effettiva situazione lavorativa in cui versava", in quanto essa "non aveva al momento di presentazione delle dimissioni alcuna consapevolezza della effettiva natura giuridica del rapporto in corso con la società appellata" ed "a fronte di un contratto a termine della durata di tre mesi – che per una donna di oltre 50 anni di età garantiva una assoluta precarietà occupazionale, in assenza di ragionevoli prospettive di venire assunta dalle Poste in pianta stabile – le veniva offerta la possibilità di reperire una occupazione più stabile, sia pure con un contratto ad orario parziale, ma pur sempre a tempo indeterminato, e sotto la spada di Damocle del superamento del periodo di prova".

Quanto, poi, alla riconoscibilità dell’errore la Corte territoriale ha evidenziato: "a) che Poste Italiane non sono di certo estranee all’errore della lavoratrice su una qualità essenziale del contratto, avendo le stesse dato causa alla falsa rappresentazione della realtà giuridica in virtù della stipula di un contratto caratterizzato dalla nullità della clausola appositiva del termine;

b) che la società appellata ben avrebbe potuto e dovuto sapere – con l’uso di una men che modesta diligenza: all’epoca delle dimissioni il contenzioso giudiziario a livello nazionale sui contratti a termine stipulati dalle Poste era in essere già da diversi anni – che le uniche e sole ragioni che spingevano la D. a risolvere anticipatamente il rapporto di lavoro erano quelle della temporaneità del rapporto, che non offriva alla lavoratrice altro che una precaria ed effimera soluzione occupazionale".

Tale accertamento di fatto risulta conforme al diritto e congruamente motivato, e resiste alla censura della società ricorrente.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. nonchè vizio di motivazione, in sostanza deduce la legittimità del termine apposto al contratto de quo sostenendo che nella fattispecie erano specificate (e sussistevano) le "ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo" ai sensi dell’art. 1 D.Lgs. citato.

In particolare, essendo il contratto de quo stato stipulato "per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile 2002, congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo", la ricorrente, per quanto riguarda la prima causale, in sostanza rileva che la specificazione era insita nel richiamo alla attuazione del processo di mobilità interaziendale di cui agli accordi collettivi indicati che appunto esplicavano le ragioni di carattere "tecnico, produttivo, organizzativo" indicate.

Per quanto concerne, poi, la seconda causale la società lamenta che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che fosse necessaria la indicazione del dipendente sostituito e delle specifiche mansioni da lui svolte.

Premesso che "l’indicazione di due o più ragioni legittimanti l’apposizione di un termine ad un unico contratto di lavoro non è in sè causa di illegittimità del termine per contraddittorietà o incertezza della causa giustificatrice dello stesso, restando tuttavia impregiudicata la valutazione di merito dell’effettività e coerenza delle ragioni indicate (v. Cass. 17-6-2008 n. 16396), osserva il Collegio che. per quanto riguarda la prima causale, la censura risulta inammissibile.

Come è stato affermato da questa Corte (Cass. 1-2-2010 n. 2279) in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del datore di lavoro delle "specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo", ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CH, come interpretata dalla Corte di Giustizia (….), un onere di specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal modo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto; tale specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da esso per relationem ad altri testi scritti accessibili alle parti" (come accordi collettivi richiamati nello stesso contratto individuale).

In particolare, poi, come è stato precisato da Cass. 27-4-2010 n. 10033, l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1" a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo. organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa. Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto".

Orbene osserva il Collegio che la ricorrente, in sostanza, pur sostenendo, la specificità "per relationem" della causale indicata nel contratto de quo, con riferimento agli accordi citati, in realtà, al di là del generico richiamo alle esigenze organizzative connesse con il processo di mobilità in atto, violando palesemente il principio di autosufficienza del ricorso, non riproduce affatto il contenuto dei detti accordi, di guisa che non è dato in alcun modo a questa Corte di apprezzarne la decisività.

Viceversa va accolta la censura per quanto riguarda la seconda causale ("necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenza per ferie contrattualmente dovute a lutto il personale nel periodo estivo").

Con riferimento alle ragioni sostitutive, questa Corte (v. Cass. 26/1/2010 n. 1576, Cass. 26-10-2010 n. 1577) ha precisato che "nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa. le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità".

Orbene la Corte di merito, erroneamente, ha ritenuto necessaria la indicazione nominativa del personale in ferie sostituito e tanto basta per cassare, in relazione alla censura accolta, la impugnata sentenza, con rinvio per il riesame alla luce del principio da ultimo richiamato, risultando, peraltro. assorbito il terzo motivo (che concerne le conseguenze economiche della declaratoria di nullità del termine).

Il Giudice di rinvio, che si designa nella stessa Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il primo motivo, accoglie in parte il secondo, assorbito il terzo, cassa la impugnata sentenza in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione.

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