Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-12-2010) 21-01-2011, n. 1871 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze ha confermato la pronuncia di colpevolezza di P.F. in ordine al reato di cui alla L. n. 638 del 1983, art. 2, comma 1 bis, a lui ascritto perchè, nella qualità di legale rappresentante della società Stilauto S.r.l., ometteva di versare all’INPS le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti relativamente al periodo gennaio-agosto 2003.

La Corte territoriale ha rigettato il motivo di gravarne con il quale l’appellante aveva dedotto di non avere potuto provvedere al pagamento delle ritenute entro il termine all’uopo concesso dall’INPS, essendo stato dichiarato in data 1.3.2004 il fallimento della società Stilauto. La sentenza ha osservato sul punto che il reato di cui si tratta ha natura istantanea e si era già verificato prima della dichiarazione di fallimento; che, peraltro, il fallimento della società non ha comportato l’estensione dello status di fallito al P. in proprio, sicchè questi avrebbe potuto ottemperare al pagamento entro il termine di grazia concesso dall’INPS con i propri beni personali.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione di legge.

Si osserva che l’affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale l’imputato avrebbe potuto provvedere al pagamento entro il termine concesso dall’INPS non tiene conto del disposto di cui alla L. Fall., art. 223, comma 1, che estende ai titolari di cariche sociali la previsione delle fattispecie di cui all’art. 216 medesima legge, tra le quali la condotta che integra il reato di bancarotta preferenziale.

Si aggiunge che le somme non versate all’INPS a titolo di ritenute previdenziali ed assistenziali sono rimaste nella cassa della società, nel cui passivo fallimentare si è insinuato l’INPS, che potrà vedere in tal modo soddisfatto il proprio credito avente natura privilegiata Si contesta inoltre che la commissione del reato sìa avvenuta prima della dichiarazione di fallimento in quanto deve tenersi conto della possibilità di ravvedimento post delictum previsto dalla L. n. 638 del 1983, art. 2; ravvedimento che diviene inesigibile per il limite imposto dalla legge fallimentare, che vieta all’amministratore di effettuare qualsiasi pagamento dopo la dichiarazione di fallimento senza distinguere tra crediti privilegiati e chirografari.

Con un secondo mezzo di annullamento si denuncia carenza di motivazione in ordine all’elemento psicologico.

Si deduce che destinatario della comunicazione dell’INPS, che concedeva la facoltà di estinguere il debito previdenziale, era il curatore fallimentare, mentre l’atto è stato comunicato al P. solo per conoscenza.

Si ribadisce quindi che l’imputato non poteva più provvedere al pagamento richiesto e che lo stesso non può essere punito per una condotta ormai non più esigibile.

Il ricorso è manifestamente infondato.

La sentenza impugnata ha correttamente osservato che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è reato omissivo istantaneo che si consuma alla scadenza del termine concesso dalla legge per il versamento (sez. 3^, 14.3.1992 n. 2697;

sez. 3^, 23.7.1994 n. 8327; sez. 3^ 11.7.2003 n. 29275; sez. 3^, 17.3.2005 n. 10469), sicchè le successive vicende afferenti a quella che è una causa di non punibilità non incidono sulla sussistenza della fattispecie criminosa.

E’ stato, infatti, già affermato da questa Corte in un caso analogo a quello in esame che "in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, ima volta eseguite regolarmente la notifica al debitore del verbale di contestazione e la diffida ad adempiere nel termine di tre mesi, soltanto l’intero e tempestivo pagamento del debito contributivo consente di ottenere l’effetto estintivo del reato di cui al D.L. n. 463 del 1983, art. 2, comma 1 bis, essendo irrilevante il motivo dell’omesso pagamento" (sez. 3^, 25.9.2007 n. 38502, Musei ed altro, RV 237951).

E’ evidente, invero, che a seguito del perfezionarsi della fattispecie criminosa commessa dall’imputato i rischi afferenti alla impossibilità di escludere la punibilità, in esecuzione di adempimenti all’uopo previsti dalla legge, incombono esclusivamente sul reo, sicchè la impossibilità del verificarsi della condizione di non punibilità anche per cause indipendenti dal reo non fa venir meno la sanzionabilità del reato, mentre a nulla rileva che le somme che costituiscono il provento del reato siano rimaste nella cassa della società, essendo a suo tempo obbligo dell’imputato provvedere al versamento delle stesse all’INPS. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c.. L’inammissibilità del ricorso preclude a questa Corte la possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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