Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 14-02-2011, n. 3610 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 22 – 23 febbraio 2007, la s.p.a. Poste Italiane chiede, con un unico motivo (relativo alla violazione degli artt. 342 e 434 c.p.c. e al vizio di motivazione), la cassazione della sentenza depositata il 22 febbraio 2006, con la quale la Corte d’appello di Trieste ha confermato la decisione di primo grado di dichiarazione di nullità del termine apposto – ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 così come integrato dall’accordo 25 settembre 1997 "per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi di sperimentazione di nuovi servizi ed in attuazione del progressivo completo equilibrio sul territorio delle risorse umane – al contratto di lavoro intercorso con C.S. dal 19 febbraio al 30 aprile 1998, quindi prorogato al 6 giugno successivo, con l’ordine di riammissione in servizio del lavoratore e la condanna della società a risarcire a quest’ultimo il danno, rapportato alle retribuzioni perdute dall’atto di messa in mora del creditore della prestazione.

In particolare, nella motivazione, la Corte territoriale aveva dichiarato inammissibile l’appello per difetto di specificità dei motivi principali, in quanto estranei alle statuizioni della sentenza impugnata e alle relative argomentazioni.

La Corte d’appello aveva inoltre valutato come non aderenti al contenuto della sentenza anche le censure relative alle conseguenze economiche tratte in ordine alla nullità del termine e aveva dichiarato infondato il motivo subordinato relativo al preteso mancato esame della deduzione della società relativa alla sottrazione dal danno da risarcire del c.d. aliunde perceptum, che viceversa il Tribunale aveva esplicitamente sottratto.

Col ricorso, la società, riproducendo il contenuto dell’atto di appello, sostiene l’erroneità della valutazione di genericità, astrattezza e non pertinenza di tale atto formulata dalla sentenza impugnata.

Resiste alle domande C.S. con rituale controricorso.

Motivi della decisione

Col controricorso, la difesa di C.S. deduce l’inammissibilità del ricorso, in quanto notificatogli con consegna al servizio postale per la notifica il 23 febbraio 2007 e pertanto oltre il termine lungo di un anno dalla pubblicazione della sentenza (avvenuta il 22 febbraio 2006).

La deduzione è infondata.

Premesso che – a seguito delle decisioni della Corte costituzionale n. 477 del 2002, 28 e 97 del 2004 e 154 del 2005 e per l’affermarsi del principio della scissione del momento di perfezionamento della notificazione per il notificante e per il destinatario – il momento determinate della notificazione per il primo è quello della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica (c/r., da ultimo, Cass. 1 giugno 2010 n. 13338), risulta nel caso di specie dagli atti che il ricorso è stato consegnato per la notifica dalla società all’ufficiale giudiziario della Corte d’appello di Roma in data 22 febbraio 2007, pertanto nell’ultimo giorno utile per il notificante ed è stato affidato dall’ufficiale giudiziario all’ufficio postale di (OMISSIS) per la notifica a mezzo posta il giorno successivo, pervenendo successivamente al destinatario.

Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.

Nell’atto di appello della società, il cui contenuto è riprodotto nel ricorso per cassazione, emergono infatti con sufficiente chiarezza i motivi per i quali la società ha sostenuto la legittimità del termine apposto al contratto di lavoro tra le parti per il periodo dal 19 febbraio al 30 aprile 1998 e della successiva proroga dello stesso fino al 6 giugno 1998, sulla base della considerazione che, secondo l’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. S.U. n. 4588/06 e le successive conformi della sezione lavoro, tra le quali, da ultimo, Cass. n. 6913/09), la L. n. 56 del 1987, art. 23 la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 ha operato una sorta di "delega in bianco" alla contrattazione collettiva ivi considerata, quanto alla individuazione di ipotesi ulteriori di legittima apposizione di un termine al contratto di lavoro, sottratte pertanto a vincoli di conformazione derivanti dalla L. n. 230 del 1962 e soggette unicamente ai limiti e condizionamenti contrattualmente stabiliti.

Siffatta individuazione di ipotesi aggiuntive può essere operata anche direttamente, attraverso l’accertamento da parte dei contraenti collettivi di determinate situazioni di fatto e la valutazione delle stesse come idonea causale del contratto a termine (cfr., ad es., Cass. 20 aprile 2006 n. 9245 e 4 agosto 2008 n. 21063).

Secondo l’esposizione dell’atto di appello, sulla base della disciplina legislativa esaminata, l’art. 8 del C.C.N.L. del 26 novembre 1994, come integrato dall’accordo nazionale del 25 settembre 1997, aveva individuato, come ipotesi aggiuntiva per le Poste Italiane s.p.a. quella relativa ad "esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, quale condizione per la trasformazione della natura giuridica dell’ente ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi prodotti ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane".

La società ha quindi sostenuto che tali esigenze eccezionali non si erano esaurite con la trasformazione giuridica dell’ente pubblico Poste italiane in società per azioni e che nessun limite temporale alla operatività della relativa previsione, diverso dal termine di efficacia del contratto collettivo (il successivo rinnovo era avvenuto l’11.1.2001), era stato imposto dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

Aveva quindi spiegato le ragioni per cui dovevano essere ritenute sussistenti le ragioni eccezionali di cui alla clausola collettiva sia in sede di stipulazione che in sede di proroga del contratto a termine, ragioni individuate nel perdurare di un processo di ristrutturazione molto complesso (confermato da una serie di accordi sindacali successivi).

Infine aveva sostenuto che, alla luce dell’ampiezza della delega ai contraenti collettivi e del contenuto della clausola in esame, "il datore di lavoro deve solo provare la sussistenza della situazione di fatto oggetto della specifica previsione da parte della contrattazione collettiva, quale presupposto perla validità della apposizione del termine, senza necessità della prova in ordine al nesso causale in ordine alla singola assunzione a termine", come invece ritenuto dal giudice di primo grado, che aveva posto alla base della propria decisione l’accertamento del mancato assolvimento dell’onere della prova di tale nesso causale gravante sulla società.

Siffatto iter argomentativo, seppure esposto in maniera per certi versi ridondante, esprime censure sufficientemente specifiche e pertinenti (fondate o infondate che siano) rispetto al thema decidendi relativo alla legittimità de) termine apposto al contratto di lavoro e alla relativa proroga, mentre la sentenza impugnata non spiega le ragioni per cui ha ritenuto tali censure estranee rispetto alla decisione di primo grado, di cui non indica la motivazione, così non consentendo al riguardo il controllo sulla congruenza della stessa.

La riproduzione, nel ricorso per cassazione, del contenuto dell’appello non appare viceversa in grado di incidere sulla valutazione di astrattezza e non pertinenza operata dalla Corte territoriale in ordine ai motivi di censura subordinati, relativi alle conseguenze economiche della dichiarazione di nullità del termine.

Il ricorso va pertanto accolto nei limiti sopra indicati e la sentenza va conseguentemente cassata, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Venezia, che dovrà eventualmente esaminare anche l’argomento – sviluppato nel ricorso introduttivo del giudizio e dichiarato assorbito dalla Corte territoriale – concernente la legittimità della proroga del contratto di lavoro fino al 6 giugno 1998.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Venezia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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