Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 14-02-2011, n. 3593 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

La Corte:

che:

La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro con decorrenza 10 giugno 1999 stipulato da Poste Italiane s.p.a. con P.C..

Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso; la lavoratrice ha resistito con controricorso; le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Preliminarmente deve rilevarsi che il ricorso contiene quattro distinti motivi; in tutti viene denunziata violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e più precisamente: dell’art. 1372 c.c., comma 1, artt. 1175, 1375, 2697, 1427 e 1431 cod. civ. e art. 100 cod. proc. civ. (primo motivo), degli artt. 1362 e segg. cod. civ. (secondo motivo), della L. n. 230 del 1962, della L. n. 56 del 1987, art. 23 e degli artt. 1362 e segg. cod. civ. (terzo motivo), degli artt. 1217 e 1233 cod. civ. (quarto motivo); col primo e secondo motivo viene altresì denunziato il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Poichè la sentenza è stata depositata in data 29 marzo 2006, e quindi dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, si applica al presente ricorso per cassazione il disposto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. in base al quale è necessario, a pena di inammissibilità, che ciascun motivo di ricorso, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 si concluda con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero te ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Quanto al quesito di diritto la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad esempio, Cass. S.U. 16 novembre 2007 n. 23732) ha chiarito che esso deve essere formulato in modo esplicito e deve essere tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito stesso; quanto all’ipotesi di censura ex art. 360, comma 1, n. 5, è stato precisato (cfr., in particolare, Cass. S.U. 1 ottobre 2007 n. 20603) che la stessa deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze quanto alla formulazione del ricorso e alla valutazione della sua ammissibilità.

Nel caso di specie non sono stati formulati i quesiti di diritto nè, con riferimento alle prime due censure, nella parte in cui si riferiscono al vizio di motivazione, è rinvenibile il "momento di sintesi" nell’accezione sopra indicata.

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

Non incide sulla suddetta conclusione la circostanza che la quarta censura di cui al ricorso riguarda le conseguenze economiche della declaratoria di illegittimità del termine in relazione alle quali, come dedotto da Poste Italiane s.p.a. con la memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., si pone il problema dell’applicabilità dello ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7, in vigore dal 24 novembre 2010, del seguente tenore:

Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo una indennità omnicomprensiva netta misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8.

In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà.

Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’art. 421 c.p.c..

Ed infatti deve osservarsi che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070); in tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe, anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria; in particolare, con riferimento alla disciplina qui invocata, la necessaria sussistenza della questione ad essa pertinente nel giudizio di cassazione presuppone che i motivi di ricorso investano specificatamente le conseguenze patrimoniali dell’accertata nullità del termine, che essi non siano tardivi o generici, etc.; in particolare, ove, come nel caso in esame, il ricorso sta stato proposto avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, tali motivi devono essere altresì ammissibili ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ.; ne consegue che l’inammissibilità della censura in ordine alle conseguenze economiche dell’accertata nullità del termine produce la stabilità delle statuizioni di merito relative a tali conseguenze.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della società ricorrente, in applicazione del criterio della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione da distrarsi in favore del procuratore di P.C., dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 28,00 oltre Euro 2000 per onorari e oltre spese generali, IVA e CPA, da distrarsi a favore dell’avv. Roberto Rizzo dichiaratosi antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *