T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 18-01-2011, n. 431 Ordinamento giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Il Consiglio Superiore della Magistratura, nell’adunanza plenaria del 7 febbraio 2008, ha nominato il dott. G.S. Presidente della Corte di Appello di Roma.

Con sentenza n. 11160 del 16 novembre 2009, questa Sezione ha accolto il ricorso proposto avverso tale provvedimento dal dott. G. ritenendo fondate le censure dedotte dal ricorrente in relazione alla sua esclusione, secondo cui, quale Primo Presidente di Corte d’Appello, avrebbe avuto pieno titolo per partecipare alla procedura in questione e secondo cui la presa di possesso presso la Corte di Appello di Reggio Calabria non potrebbe essere considerata come rinuncia alla domanda per la presidenza della Corte d’Appello di Roma, per cui, nei limiti dell’interesse del ricorrente, ha annullato gli atti impugnati, specificando che il CSM, in sede di esecuzione della sentenza, avrebbe dovuto provvedere ad espletare la comparazione prevista dalle norme di settore ponendo a raffronto la posizione del ricorrente con quella del controinteressato.

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nell’adunanza plenaria del 20 gennaio 2010, in esecuzione di tale sentenza, ha confermato la nomina del dott. S. a Presidente della Corte d’Appello di Roma.

Di talché, il dott. G. ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione di legge; eccesso e sviamento di potere; difetto di istruttoria; travisamento di elementi essenziali; illogicità ed ingiustizia manifeste; difetto di motivazione; motivazione falsa, capziosa e carente.

Non sarebbe stata effettuata alcuna comparazione tra i due candidati, essendosi limitato l’organo di autogoverno a tessere le lodi del controinteressato.

Sotto il profilo delle attitudini, la figura da preferire sarebbe stata quella del dott. G. che: ha svolto funzioni civili per diciotto anni, conto i soli cinque anni (dal 1965 al 1970) del controinteressato; a differenza del controinteressato, ha prestato servizio presso una Corte d’Appello; ha svolto funzioni semidirettive per quindici anni; ha svolto funzioni "amministrative" in ambito giudiziario – quale magistrato Segretario addetto alla Sezione disciplinare del CSM, quale Vice Segretario generale del CSM e quale Segretario Generale della Corte d’Appello di Roma – ed ha diretto di fatto la Corte d’Appello di Roma per nove mesi.

Il dott. G. sarebbe prevalente sul dott. S. anche dal punto di vista del merito.

Le funzioni presidenziali svolte dal ricorrente, sulla base di un ragionamento inaccettabile, sarebbero state ridotte ad un rilievo inferiore a quelle svolte dal controinteressato.

Violazione della circolare del CSM in materia di assegnazione degli incarichi direttivi; eccesso di potere per travisamento dei fatti; sviamento di potere.

Il CSM avrebbe spostato la valutazione comparativa su elementi spuri che non hanno nulla a che fare con i parametri da esso stesso dettati.

L’Avvocatura Generale dello Stato ed il controinteressato hanno contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 15 dicembre 2010, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta plenaria del 20 gennaio 2010, ha confermato la nomina a Presidente della Corte di Appello di Roma, a sua domanda, del dott. G.S., con il contestuale conferimento delle funzioni direttive giudicanti di secondo grado.

La determinazione è stata assunta in esecuzione della sentenza di questa Sezione n. 11160/2009 che, avendo ritenuto fondate le censure dedotte dal ricorrente dott. G. avverso la sua esclusione dalla procedura, secondo cui, quale Primo Presidente di Corte d’Appello, avrebbe avuto pieno titolo per partecipare alla procedura in questione e secondo cui la presa di possesso presso la Corte di Appello di Reggio Calabria non potrebbe essere considerata come rinuncia alla domanda per la presidenza della Corte d’Appello di Roma, ha accolto il ricorso ed annullato, nei limiti dell’interesse del ricorrente, gli atti impugnati, specificando che il C.S.M., in sede di esecuzione della sentenza, avrebbe dovuto provvedere ad espletare la comparazione prevista dalle norme di settore ponendo a raffronto la posizione del ricorrente con quella del controinteressato.

La proposta a favore del dott. S. è stata approvata all’unanimità.

Il dott. G. ha sostenuto che non sarebbe stata effettuata alcuna comparazione tra i due candidati, essendosi limitato l’organo di autogoverno a tessere le lodi del controinteressato, e che il suo profilo sarebbe prevalente su quello del dott. S. per quanto concerne sia le attitudini sia il merito.

Le censure non possono essere condivise.

Il Collegio rileva in primo luogo ed linea generale che, se nella proposta di conferimento dell’incarico può esservi una maggiore enfasi nell’indicare i profili attitudinali e di merito del candidato proposto, ciò rientra nella fisiologica attività del relatore che, dovendo indicare, in una rosa di due o più magistrati, tutti potenzialmente idonei allo svolgimento dell’incarico da conferire, le ragioni della scelta per l’uno anziché per l’altro tende a porre in particolare risalto gli aspetti, o anche le sfumature, che si sono rivelati determinanti. L’utilizzo di frasi più altisonanti o di un maggiore spazio per dare conto delle caratteristiche e delle qualità del magistrato proposto, però, in assenza di un travisamento dei fatti, non può certo riflettersi in un vizio di legittimità dell’azione amministrativa, ma costituisce una mera tecnica di redazione della motivazione, fermo restando che i fatti indicati devono essere oggettivamente verificabili al fine di poter apprezzare la congruità della scelta e la logicità del nesso consequenziale tra presupposti e conclusione.

Peraltro, nella fattispecie, la proposta approvata all’unanimità dal Plenum, oltre ad illustrare il profilo professionale del dott. G., ha posto in rilievo che il parere attitudinale del Consiglio Giudiziario di Roma in data 10.1.2007 ha evidenziato in primo luogo che "il dott. G. è magistrato dotato di ottima preparazione giuridica e sicure capacità organizzative, che ha dimostrato soprattutto nell’esercizio delle funzioni di Segretario Generale della Presidenza della Corte di Appello di Roma, ruolo da lui ricoperto dal luglio 1999 all’ottobre 2000, e ciò soprattutto nel periodo di nove mesi in cui è rimasto vacante il posto di presidente della Corte d’Appello" e che sotto il profilo qualitativo i pareri attitudinali richiamati "danno atto di un elevatissimo livello di professionalità per preparazione generale, rigore logico, indipendenza di giudizio, stile conciso ed elegante ed i medesimi pareri danno atto anche della notevole operosità confermata dalle statistiche sul lavoro giudiziario".

Ancora su un piano generale, il Collegio fa presente che le determinazioni del Consiglio Superiore della Magistratura costituiscono esercizio di potere discrezionale e, se è vero che la scelta dell’organo di autogoverno costituisce una valutazione di opportunità alla quale il giudice amministrativo non può sovrapporre una propria autonoma valutazione, è altrettanto vero che l’azione amministrativa discrezionale è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità, oltre che per violazione di legge, anche per illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti nonché per carenza di motivazione o di istruttoria.

In altri termini, il sindacato giurisdizionale sulle delibere con cui il CSM conferisce ai magistrati uffici direttivi può estendersi nell’ambito dell’esame dei presupposti di fatto e della congruità e ragionevolezza della motivazione a base della decisione nonché dell’accertamento del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni.

La proposta approvata dal Plenum, per quanto attiene alla comparazione tra i due magistrati, ha premesso che "la valutazione comparativa tra gli aspiranti risponde… alla finalità di preporre all’ufficio da ricoprire il candidato più idoneo per attitudini, merito e anzianità, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali".

Ha fatto presente, inoltre, che "la copertura del posto di Presidente della Corte d’Appello di Roma… richiede un’attenzione del tutto peculiare, trattandosi del livello apicale della Corte d’Appello della Capitale, la più grande del Paese e tra le più grandi d’Europa, e quindi con problemi enormi di gestione del personale (di magistratura e amministrativo), e di rapporti all’esterno anche con le massime Autorità del Paese".

Nella comparazione tra i profili professionali dei due candidati, ha rilevato come non possa essere revocato in dubbio che "il dott. S. debba essere certamente preferito" in quanto "egli nella sua ormai lunga e variegata carriera ha dimostrato doti attitudinali e di merito di assoluta eccellenza in ogni funzione esercitata" ed "ha autorevolmente svolto funzioni giudicanti (Pretore a Napoli, Consigliere di Cassazione) e requirenti (Sostituto Procuratore della Repubblica e Sostituto Procuratore Generale a Roma), distinguendosi in ciascuna di esse".

Dopo avere indicato le caratteristiche di assoluta eccellenza del controinteressato, ha fatto infine presente che "questo coacervo di caratteristiche positive lo fa preferire nettamente al dott. G., che pure può vantare un profilo di tutto rilievo.

Il dott. G., tuttavia, non può vantare esperienze, professionali e non, comparabili con quelle del dott. S..

Egli infatti, pur avendo dimostrato di possedere doti attitudinali notevoli, comprovate dall’esercizio positivo di funzioni semidirettive proprio come Presidente di sezione della Corte di Appello di Roma (e come segretario generale della Presidenza del medesimo ufficio), non ha raggiunto il livello di eccellenza delle esperienze (anche organizzative in seno alla I sezione penale della Corte di Cassazione) maturate dal dott. S., che può vantare una pluralità di variegate competenze acquisite nell’esercizio ai livelli più elevati non solo delle funzioni giurisdizionali di merito, ma anche di quelle di legittimità (in cui può ben affermarsi che egli ha dato lustro alla massima istituzione giudiziaria del Paese) e nelle attività extragiudiziarie, svolte soprattutto a livello accademico e scientifico, guadagnandosi un prestigio ed un’autorevolezza che possono davvero definirsi unici ed eccezionali.

E del resto, anche la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha riconosciuto che se è vero che ai fini del giudizio comparativo occorre tener conto della pregressa esperienza e attività professionale degli scrutinandi, e nell’ambito di essa anche degli eventuali altri incarichi direttivi o (come rilevante nella specie) semidirettivi già ricoperti, tuttavia neanche a quest’ultimo dato può essere attribuito valore decisivo, entrando anch’esso in quella valutazione globale dei meriti e delle attitudini che forma oggetto della valutazione.

Pertanto, la mera circostanza che il dott. S. non annoveri nel proprio "curriculum" il pregresso svolgimento (di diritto) di funzioni semidirettive non costituisce "ex se" fattore ostativo a una sua prevalenza nel giudizio comparativo, ben potendo essere "compensata" da ulteriori elementi di valutazione.

Il dott. S., come detto, vanta una qualificatissima esperienza requirente, sia in primo che in secondo grado, nel corso della quale ha conseguito risultati investigativi e processuali concordemente giudicati eccezionali, e un successivo servizio di assoluto prestigio presso la Prima Sezione Penale e le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione; inoltre risultano documentati una spiccatissima laboriosità e un’attività e produzione scientifica di livello più che eccellente.

Tutti elementi che fanno decisamente spostare il pendolo della scelta sulla figura del dott. S., dovendosi valorizzare al massimo grado non solo il servizio prestato in Cassazione (nel quale, peraltro, egli ha svolto anche funzioni di Presidente di Collegio, dando mostra di capacità organizzative e gestionali), da ritenere nel concreto di livello superiore all’operato del dott. G. quale Presidente di Sezione della Corte di Appello di Roma, ma anche la autorevolezza complessiva della figura professionale del dott. S. che, per esperienze maturate fuori e dentro la giurisdizione, capacità scientifica, si presenta certamente un candidato dalle caratteristiche incomparabili con quelle del dott. G.. Come già ricordato nella precedente delibera, infatti, la copertura del posto di Presidente della Corte d’Appello di Roma, inoltre, richiede un’attenzione del tutto peculiare, trattandosi del livello apicale della Corte d’Appello della Capitale, (probabilmente) la più grande del Paese e tra le più grandi d’Europa, e quindi con problemi enormi di gestione del personale (di magistratura ed amministrativo), e di rapporti all’esterno anche con le massime Autorità del Paese. I generali requisiti, richiesti per tutti i posti direttivi, di merito ed attitudini, in questo caso si colorano di connotazioni ennesime, in quanto il Presidente deve innanzitutto godere di prestigio indiscusso tra i colleghi, il personale e l’avvocatura, derivante anche dalla dimostrata indipendenza ed imparzialità, ma deve anche essere autorevole, all’interno ed all’esterno della magistratura, sulla base della riconosciuta capacità professionale, essere dotato di spiccate capacità organizzative e manageriali, avere solide conoscenze di ordinamento giudiziario, necessarie per la gestione del suo ufficio e per dirigere il Consiglio Giudiziario di quella Corte. Queste caratteristiche sono presenti nel massimo grado nella figura professionale del dott. S., per affari giudiziari affrontati, incarichi ricoperti, esperienze anche internazionali accumulate, e lo fanno preferire, senza alcun dubbio, al dott. G.".

Il Collegio ritiene che la scelta del CSM sia esaustivamente motivata e che la valutazione comparativa operata sia immune dai vizi prospettati e, comunque, non si presenti irragionevole, illogica o basata su un travisamento dei fatti, perché le variegate esperienze professionali del controinteressato, ed in particolare l’esercizio ai livelli più elevati di funzioni giurisdizionali anche di legittimità, nonché di attività extragiudiziarie, svolte soprattutto a livello accademico e scientifico, si rivelano effettivamente tali da rendere plausibile la scelta effettuata in relazione all’importantissimo Ufficio direttivo da ricoprire.

Il dott. G. ha prestato servizio come procuratore ad Agrigento dal 21.3.1966, pretore a Roma dal 1968, nel 1980 è stato collocato fuori ruolo presso il CSM come magistrato addetto alla Segreteria; nel 1986 è stato ricollocato in ruolo in qualità di giudice a Roma e dall’aprile 1992 ha svolto funzioni di Consigliere di Corte di Appello a Roma, per divenire dal 21.5.1998 Presidente di Sezione di Corte di Appello a Roma.

Il dott. S. è stato pretore a Napoli, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma dal 19.9.1970, sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma dal 17.8.1990; dal 13.2.1997 è Consigliere presso la Corte di Cassazione.

Il Collegio rileva in particolare che il positivo svolgimento, da parte del ricorrente, di funzioni semidirettive per un considerevole arco temporale non lo porta necessariamente a prevalere sul controinteressato che pure non ha mai svolto formalmente funzioni direttive o semidirettive, per cui la determinazione adottata dall’organo di autogoverno non è manifestamente illogica.

Infatti, l’omesso svolgimento di funzioni direttive o semidirettive non può costituire un aspetto dirimente ai fini del conferimento di uffici direttivi o semidirettivi, atteso che tale conclusione condurrebbe a consentire la nomina, nei procedimenti ove vi sia un aspirante titolare che sia stato titolare di incarico di analoga natura, solo a quel determinato candidato, quasi si trattasse di una sorta di riserva o di mobilità orizzontale, e ciò si porrebbe in contrasto con le finalità della disciplina di riferimento, incentrata sulla selezione del magistrato "più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare ed, eventualmente, a particolari profili ambientali".

Tuttavia, allo svolgimento di funzioni direttive o semidirettive, la stessa disciplina di riferimento attribuisce rilievo nell’ambito del procedimento valutativo e comparativo, sicché, nella valutazione comparativa, il giudizio di prevalenza attribuito al candidato che non abbia mai svolto funzioni direttive o semidirettive deve necessariamente agganciarsi al positivo riscontro di diversi e superiori profili attitudinali e di meritevolezza, tali da giustificarne la prevalenza; il mancato svolgimento di funzioni direttive e semidirettive deve cioè essere "compensato" da ulteriori elementi di valutazione.

Tali ulteriori elementi di valutazione, a favore del dott. S., sono adeguatamente riportati nella motivazione in discorso, atteso che – anche a voler prescindere dalla considerazione che le funzioni svolte dal dott. G., di carattere semidirettivo, non sono omologhe a quelle poste a concorso, di carattere direttivo, per cui anche il ricorrente non vanta la specifica esperienza nello svolgimento delle funzioni de quibus, ad eccezione del periodo di nove mesi in cui è rimasto vacante il posto di presidente della Corte di Appello di Roma – il controinteressato, che ha anche avuto positive esperienze organizzative nella I sezione penale, ha esercitato ai massimi livelli, vantando una qualificatissima esperienza sia in primo che in secondo grado, nel corso della quale ha conseguito eccezionali risultati investigativi e processuali, le funzioni requirenti e soprattutto le funzioni di legittimità, con un servizio di assoluto prestigio presso la Prima Sezione Penale e le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione, che il ricorrente, invece, non ha mai esercitato nonché nelle attività accademiche e scientifiche.

Nell’individuazione del candidato più idoneo alla presidenza di un ufficio direttivo prestigioso e delicato quale è la Presidenza della Corte di Appello di Roma, la giurisprudenza, in una controversia anche’essa relativa alla nomina del controinteressato, ha già avuto modo di chiarire che non è né illogico né irragionevole ritenere che il servizio prestato in Cassazione dal dott. S. (nel quale, peraltro, egli ha svolto anche le funzioni di Presidente di Collegio, dando dimostrazione di capacità organizzative e gestionali) abbia un rilievo quanto meno pari all’eccellente svolgimento da parte di altro magistrato di funzioni direttive in un Tribunale di non rilevantissime dimensioni (cfr. Cons. St., IV, 6707/2009).

Pertanto, considerando anche che nel caso di specie il magistrato in comparazione ha svolto funzioni semidirettive e non direttive, se non di fatto, può ritenersi a maggior ragione scevro da vizi logici il percorso argomentativo in base al quale il dott. S. è stato definito prevalente, atteso che allo svolgimento esclusivo di funzioni di legittimità ha accompagnato anche l’esercizio di attività a livello scientifico ed accademico, tanto che, nel tracciare il profilo professionale dell’alto magistrato, la proposta approvata dal Plenum ha evidenziato che egli è autore di oltre 200 pubblicazioni nelle più varie discipline, dal diritto penale al diritto del lavoro, al diritto civile, alla medicina legale, fino al diritto internazionale, è componente del comitato scientifico di diverse riviste giuridiche di rilievo nazionale e, tra l’altro, ha presieduto la Commissione ministeriale incaricata di predisporre un testo di legge per l’assistenza, il sostegno e la tutela delle vittime dei reati.

Inoltre, giova anche rilevare che la delibera dà conto del fatto che nei pareri espressi sul dott. S., è stata sottolineata "la sua capacità di coagulare consensi, dirimere contrasti, mostrando non comuni doti di moderatore, il che appare significativo in ordine alle sue doti dirigenziali".

In conclusione, non può ritenersi illogica la prevalenza attribuita al controinteressato in ragione delle circostanze evidenziate dall’organo di autogoverno, in quanto sia l’eccellente svolgimento di funzioni di legittimità sia un profilo culturale particolarmente prestigioso sul piano scientifico, se non costituiscono elementi di per sé soli sufficienti a giustificare un giudizio di prevalenza in presenza di contrapposti e più significativi profili dell’altro candidato, possono invece ragionevolmente ritenersi elementi di prevalenza quando sopravanzano il possibile profilo di prevalenza, nel caso di specie costituito dal lungo e positivo espletamento di funzioni semidirettive, dell’altro aspirante.

Inoltre, non può essere sottaciuta, ed assume anch’essa una valenza di per sé significativa dell’indiscussa stima che circonda il dott. S. in un contesto notoriamente connotato da fisiologiche divergenze, la circostanza che la proposta di conferimento dell’incarico è stata approvata all’unanimità dall’organo di autogoverno.

Il ricorso, pertanto, è infondato e va di conseguenza respinto in quanto il Collegio rileva che tra i due candidati, entrambi dall’elevatissimo profilo professionale e potenzialmente in grado di ricoprire il posto a concorso, la scelta operata dal CSM in favore del dott. S. è stata congruamente motivata e non si presenta illogica o basata su un travisamento dei fatti, sicché è immune dai vizi di legittimità prospettati.

3. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in Euro 2.000/00 (duemila/00), sono poste a carico del ricorrente ed a favore, in parti uguali, delle amministrazioni resistenti per Euro 1.000/00 (mille/00) e del controinteressato per Euro 1.000/00 (mille/00).

P.Q.M.

respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 2.000, in favore, in parti uguali, delle amministrazioni resistenti per Euro 1.000 e del controinteressato per Euro 1.000.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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