T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 18-01-2011, n. 397 Concorrenza; Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Espone in fatto la società odierna ricorrente che con comunicazione del 22 gennaio 2008 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato il procedimento, ai sensi dell’art. 27, comma 3, del Codice del Consumo, e dell’art. 6 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette, al fine di accertare l’eventuale violazione degli artt. 20, 22, 23 e 26, lett. f) del Codice del Consumo in relazione all’invio da parte della ricorrente, nella sua qualità di professionista, tramite la propria numerazione "4916" ai propri clienti prepagati, a prescindere dal piano tariffario loro applicato, di un SMS recante l’indicazione dell’avvenuta attivazione Flat Day fino alle 24, senza fornire alcuna informazione circa le condizioni economiche dell’offerta, implicante un costo di attivazione non specificato di 1 euro, senza richiedere il preventivo consenso all’attivazione.

Fornite le informazioni richieste dall’Autorità, la società ricorrente ha altresì formulato proposta di impegni ai sensi dell’art. 27, comma 7, del Codice del Consumo, volta alla modifica del testo del messaggio ed all’inserimento di apposita informativa nel proprio sito web, cui è seguita un’ulteriore richiesta di informazioni puntualmente evasa dalla ricorrente.

Con provvedimento del 22 gennaio 2008 l’Autorità ha deliberato il rigetto degli impegni non ritenendoli sufficienti a superare il profilo di scorrettezza della pratica "rappresentato dall’applicazione automatica della tariffa Flat Day ai clienti prepagati che abbiano attivato la connessione WAP e avviato la navigazione al di fuori del portale mobile di TIM, senza concedere loro la facoltà di scegliere, in alternativa, l’applicazione di una tariffa a volume", avverso il quale parte ricorrente ha proposto autonoma impugnazione iscritta al N. 6958/2008 R.G.

Con provvedimento del 17 luglio 2008 l’Autorità, accertata la violazione degli artt. 20, commi 1 e 2, e 22, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 206 del 2005, in relazione alla pratica, comportante l’applicazione automatica della tariffa Flat Day in caso di navigazione WAP al di fuori del portale mobile di TIM, senza consentire al consumatore la possibilità di compiere una scelta consapevole ed informata, ed in ragione della formulazione eccessivamente sintetica dell’SMS informativo, ne ha vietato l’ulteriore diffusione, irrogando alla ricorrente la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 325.000, ridotta a euro 300.000 in virtù del comportamento collaborativo della società.

Avverso tale provvedimento deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura:

1 – Violazione dei principi del contraddittorio, dell’adeguato esercizio del diritto di difesa e del giusto procedimento ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, comma 11, del D.Lgs. n. 206 del 2005 e degli artt. 7 e 10 della legge n. 241 del 1990.

Afferma parte ricorrente di essere venuta a conoscenza dei profili di ritenuta scorrettezza della pratica, riferita ad omissioni informative caratterizzanti la commercializzazione della tariffa Flat Day come anche ravvisate nella home page di TIM e nella sezione Info e Costi, solo con il provvedimento finale, mentre l’avvio del procedimento ed il procedimento stesso si sono incentrati sull’ipotesi istruttoria concernente l’invio ai clienti prepagati di un SMS informativo inerente l’applicazione della tariffa Flat Day, lamentando su tale base l’intervenuta violazione dei propri diritti di difesa, del principio del contraddittorio e di partecipazione procedimentale, nonché la violazione del principio generale di corrispondenza tra l’addebito contestato e la violazione sanzionata, ai sensi del quale ogni modifica dell’ipotesi istruttoria deve essere comunicata al soggetto interessato avuto riguardo agli elementi oggettivi ed alle circostanze costitutive della fattispecie ed alle norme applicate.

Si riporta, in proposito, parte ricorrente, ai principi caratterizzanti la disciplina antitrust, volti a tutelare l’effettivo esercizio dei diritti difensivi da parte dell’impresa attraverso la comunicazione delle risultanze dell’istruttoria, affermando su tale base come anche in materia di pratiche commerciali scorrette sussista l’obbligo per l’Autorità di comunicare ogni modifica, rispetto alla comunicazione di avvio del procedimento, dell’ipotesi di contestazione in un momento antecedente l’adozione del provvedimento conclusivo, anche attraverso lo strumento dell’ampliamento oggettivo dell’istruttoria.

In violazione dei predetti principi, l’Autorità avrebbe solo con il provvedimento finale fatto riferimento ad omissioni informative circa la commercializzazione della tariffa Flat Day relative alla sezione Info e Costi del portale TIM, riferimento invece mancante sia nella comunicazione di avvio del procedimento, riguardante solo l’invio di un SMS informativo circa l’applicazione della tariffa, sia nel provvedimento di rigetto degli impegni presentati dalla ricorrente, riguardante l’applicazione della tariffa senza concedere ai consumatori la facoltà di scelta di una tariffa a consumo.

2 – Violazione degli artt. 20 e 22 del Codice del Consumo. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare difetto di motivazione, falsità dei presupposti, contraddittorietà ed illogicità manifesta, sviamento. Insussistenza della pratica commerciale scorretta.

Nell’illustrare nel dettaglio i profili caratterizzanti la pratica sanzionata, avuto particolare riguardo al meccanismo di attivazione della tariffa, sostiene parte ricorrente la mancanza di profili di scorrettezza, potendo l’utente reperire tutte le necessarie informazioni circa le condizioni economiche del servizio di navigazione tramite telefono cellulare nella sezione Info e Costi e nel sito internet di TIM, non potendo conseguentemente la condotta ritenersi contraria alla diligenza professionale.

Sottolinea, inoltre, parte ricorrente come l’automatismo dell’applicazione della tariffa Flat Day non comporterebbe alcun pregiudizio economico per il consumatore, trattandosi di tariffa che consente un notevole risparmio rispetto alla modalità tariffaria a consumo precedentemente applicata.

All’utente sarebbe, peraltro, garantita la possibilità di usufruire di tariffe alternative, con conseguente mancanza di qualsiasi pregiudizio per la sua facoltà di scelta di opzioni diverse.

Con riferimento al rilievo, formulato dall’Autorità, circa il carattere eccessivamente sintetico ed omissivo dell’SMS in ordine ad informazioni essenziali, sostiene parte ricorrente come lo stesso non abbia carattere pubblicitario promozionale, ma meramente informativo circa una decisione assunta consapevolmente dall’utente, come peraltro riconosciuto dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, riepilogando quanto già contenuto nella sezione Info e Costi.

Evidenzia, altresì, parte ricorrente di aver provveduto ad integrare il messaggio come da impegni presentati nel corso del procedimento.

3 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, commi 9 e 13, del D.Lgs. n. 206 del 2005 e dell’art. 11 della legge n. 689 del 1981. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare difetto di motivazione, falsità di presupposti, contraddittorietà ed illogicità manifesta, sviamento.

Contesta parte ricorrente la quantificazione della sanzione irrogata, sostenendo in particolare, con riferimento al giudizio di gravità della condotta, la inidoneità della pratica a determinare un pregiudizio a danno del consumatore medio, derivando dall’applicazione della tariffa un notevole risparmio economico in quanto più vantaggiosa rispetto ad una tariffazione a consumo, come peraltro riconosciuto dalla stessa Autorità che avrebbe, però, omesso di tenerne adeguato conto in sede di commisurazione della sanzione.

Ne discenderebbe, secondo parte ricorrente, l’illogicità della valutazione effettuata dall’Autorità in ordine alla gravità della condotta, posto che le riscontrate carenze informative riguarderebbero una tariffa comunque più vantaggiosa per i consumatori.

Chiede, quindi, parte ricorrente l’annullamento della gravata delibera o, in subordine, la rideterminazione della sanzione.

Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione con formula di rito.

Alla Pubblica Udienza del 15 dicembre 2010, la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori delle parti, trattenuta per la decisione, come da verbale.

DIRITTO

Con il ricorso in esame è proposta azione impugnatoria avverso il provvedimento – meglio descritto in epigrafe nei suoi estremi – con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in esito alla compiuta istruttoria, acquisito il parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ed apprezzata la scorrettezza, ai sensi degli artt. 20 e 22, del Codice del Consumo, della pratica commerciale posta in essere dalla società ricorrente, consistente nell’invio di un SMS sul telefono cellulare dei propri utenti prepagati recante l’informazione dell’avvenuta attivazione automatica della tariffa Flat Day per la navigazione internet tramite telefono cellulare, senza previa richiesta di consenso e senza fornire alcuna informazione sulle relative condizioni economiche, ne ha vietato l’ulteriore diffusione ed ha irrogato alla ricorrente una sanzione amministrativa pecuniaria di euro 300.000, come diminuita – in considerazione del comportamento collaborativo – rispetto alla sanzione inizialmente determinata in euro 325.000.

L’impianto ricorsuale, come delineato dalle censure proposte dalla società ricorrente, si snoda attraverso la proposizione di censure volte innanzitutto a denunciare l’intervenuta violazione del proprio diritto di difesa e di partecipazione procedimentale, per non essere mai stata messa a conoscenza, nel corso del procedimento, del profilo di scorrettezza inerente le addebitate omissioni informative circa le condizioni economiche della tariffa Flat Day come fornite anche nella sezione Info e Costi del portale TIM, procedendo altresì alla puntuale confutazione delle valutazioni espresse dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (hic hinde Autorità) con riferimento alla condotta sanzionata, preliminarmente procedendo alla dettagliata illustrazione degli elementi di rilievo sulla cui base nega, parte ricorrente, la sussistenza di profili di scorrettezza della pratica commerciale, per l’effetto assumendo l’illegittimità della gravata determinazione e delle valutazioni poste a suo fondamento, avverso le quali vengono articolate puntuali contestazioni.

Sotto altro profilo ed in via subordinata, si duole parte ricorrente della quantificazione della sanzione, lamentando l’intervenuta violazione dei criteri dettati dall’art. 11 della legge n. 689 del 1981, avuto particolare riguardo al giudizio di gravità della condotta, per non avere l’Autorità tenuto conto della convenienza economica della tariffa Flat Day rispetto alla tariffazione a consumo, con conseguente assenza di un effettivo pregiudizio per il consumatore medio.

Così sinteticamente riepilogato l’oggetto della controversia sottoposta al vaglio del Collegio, prima di procedere alla disamina delle censure ricorsuali proposte giova premettere un breve cenno descrittivo della condotta sanzionata con il gravato provvedimento, al fine di meglio delineare i contorni della vicenda in esame e più compiutamente definire la portata delle doglianze che alla stessa afferiscono, rinviando al prosieguo della trattazione il più esaustivo esame del contenuto della gravata delibera nei limiti in cui lo stesso si riveli funzionale alla delibazione rimessa al Collegio.

In tale direzione va precisato che con il gravato provvedimento l’Autorità ha ritenuto integrare una pratica commerciale scorretta l’invio da parte della società ricorrente sul telefono cellulare dei propri utenti prepagati di un messaggio recante la comunicazione dell’attivazione automatica della tariffa Flat Day fino alle 24, senza chiederne preventivamente il consenso e senza fornire alcuna informazione in ordine alle relative condizioni economiche.

In particolare, l’Autorità ha ritenuto la condotta censurabile sotto un duplice profilo inerente, l’uno, l’applicazione automatica della tariffa Flat Day in caso di navigazione WAP al di fuori del portale mobile di TIM, senza garantire al consumatore la possibilità di compiere una scelta consapevole ed informata, e l’altro, la formulazione eccessivamente sintetica dell’SMS informativo.

Più in dettaglio, quanto al primo profilo, l’Autorità ha ritenuto che le modalità di comunicazione utilizzate dal professionista non siano sufficientemente trasparenti e non garantiscano l’effettiva libertà di scelta del consumatore nella considerazione che, a fronte dell’invio dell’SMS solo dopo che il consumatore ha avuto accesso all’area esterna al portale mobile TIM, a conferma dunque dell’avvenuta attivazione della tariffa Flat Day, con il relativo addebito del costo di un euro, non vengono fornite idonee informazioni all’utente nella fase che precede la fruizione del servizio, non recando la home page di TIM alcuna evidenza della circostanza che, mentre la navigazione nel portale TIM è gratuita, la navigazione nelle altre aree, con accesso ai servizi cd. off portal, ha un costo di un euro, fino alle ore 24.00 del medesimo giorno e per un massimo di 5 MB, non essendovi alcuna avvertenza che indichi con immediatezza la differenza tra i servizi on portal gratuiti e quelli off portal a pagamento.

Tali informazioni sono presenti solamente in una pagina ulteriore accessibile attraverso il link "info e costi" e sul sito ufficiale di TIM, rilevando, pertanto, in proposito l’Autorità, l’insufficienza delle informazioni fornite al fine di consentire al consumatore una scelta consapevole ed informata, pur riconoscendosi il carattere vantaggioso della tariffa per i consumatori che abbiano interesse a navigare al di fuori del portale mobile TIM.

Quanto ai profili di scorrettezza riscontrati con riferimento all’invio dell’SMS, gli stessi si riferiscono al carattere eccessivamente sintetico ed omissivo del relativo testo, inviato solo contestualmente all’avvio della navigazione fuori portale, avuto particolare riguardo alla mancata indicazione del costo di attivazione, ai limiti di tempo e di consumo della tariffa.

Alla luce del descritto contenuto del gravato provvedimento può, dunque, procedersi alla disamina del primo profilo di censura sollevato da parte ricorrente, volto a lamentare l’intervenuta violazione del proprio diritto di difesa e di partecipazione procedimentale stante l’affermata difformità tra l’ipotesi istruttoria contenuta nella comunicazione di avvio del procedimento e l’infrazione sanzionata.

In particolare, sostiene la società ricorrente di essere venuta a conoscenza dei profili di ritenuta scorrettezza della pratica inerenti le omissioni informative caratterizzanti la commercializzazione della tariffa Flat Day, come riferite anche all’informativa fornita attraverso la home page di TIM e la sezione Info e Costi del portate TIM, solo con il provvedimento finale, mentre l’avvio del procedimento ed il procedimento stesso si sarebbero incentrati sull’ipotesi istruttoria concernente l’invio ai clienti prepagati dell’SMS informativo dell’applicazione della tariffa Flat Day, deducendo in proposito l’intervenuta violazione, altresì, del principio generale di corrispondenza tra l’addebito contestato e la violazione sanzionata, non avendo l’Autorità proceduto all’ampliamento oggettivo dell’istruttoria.

La delibazione in ordine alla descritta censura transita necessariamente attraverso la preliminare individuazione delle coordinate interpretative di riferimento volte a delineare, nella materia delle pratiche commerciali scorrette, il perimetro di estensione del diritto di difesa delle parti coinvolte e del principio del contraddittorio procedimentale, funzionali al rispetto del principio di corrispondenza tra le contestazioni, mosse con la comunicazione di avvio del procedimento, e le valutazioni conclusive circa gli elementi costitutivi fondanti l’illecito, coessenziale a tutte le tipologie di procedimenti sanzionatori.

In tale direzione va rilevato che ai fini della legittimità della comunicazione di avvio del procedimento e del pieno rispetto del principio del contraddittorio – che si declina nella necessità per le parti del procedimento di poter proficuamente partecipare all’istruttoria ed effettivamente esercitare le proprie prerogative difensive – nella fase di avvio devono essere con precisione indicati i soli profili in cui si sostanzia la pratica commerciale oggetto di accertamento, dovendo la comunicazione di avvio contenere gli elementi essenziali utili a consentire al professionista l’individuazione della condotta oggetto di indagine con riguardo ai profili fattuali, nonchè il richiamo ai parametri normativi alla cui violazione essi siano astrattamente ascrivibili.

Non è, in sostanza, richiesto un elevato grado di dettaglio della comunicazione di avvio del procedimento, potendo, con ogni evidenza, l’analiticità delle argomentazioni riguardare solo la fase conclusiva del procedimento in quanto correlate alle risultanze della svolta istruttoria, non essendo invece concretamente pretendibile in fase di avvio del procedimento la specificazione di elementi dell’illecito che possono emergere solo in esito allo svolgimento dell’istruttoria ed alla valutazione della valenza dei relativi riscontri.

Dovendo in proposito rilevarsi che in materia di pratiche scorrette l’Autorità è chiamata, in ragione proprio della struttura dell’illecito e diversamente da quanto accade nei procedimenti intesi a reprimere la pubblicità ingannevole e comparativa, al compimento di una – spesso – complessa attività istruttoria volta alla individuazione con precisione, salvi i casi di condotte "tipizzate" elencate agli artt. 23 e 26 del Codice del Consumo, delle azioni, omissioni o dichiarazioni ritenute ingannevoli o aggressive.

Le illustrate considerazioni consentono di stabilire la portata da attribuirsi all’onere, previsto dall’art. 6 del Regolamento sulle procedure istruttorie adottato con delibera dell’Autorità del 15 novembre 2007 n. 17589, di comunicare l’avvio dell’istruttoria indicando "l’oggetto del procedimento’, che, se non può esaurirsi nel mero richiamo delle norme di cui si ipotizza la violazione, lascia comunque impregiudicata la possibilità per l’Autorità di prospettare un ampio spettro d’indagine, atteso che, come più volte affermato dalla Sezione, solo nella fase conclusiva del procedimento ed all’esito della fase istruttoria è esigibile un elevato grado di specificazione degli elementi dell’illecito ed una maggiore analiticità delle argomentazioni, che non possono invece caratterizzare la fase di avvio, nella quale devono essere con precisione identificati i profili della condotta oggetto d’indagine al fine di mettere in grado il professionista di potere proficuamente partecipare all’istruttoria (TAR Lazio – Roma – Sez. I – 15 giugno 2009 n. 5625; 8 settembre 2009; 4 maggio 2009 n. 4490; 12 maggio 2008, n. 3880; 13 aprile 2006, n. 2737).

Impostazione, questa, che risulta pienamente coerente con il principio di corrispondenza tra i fatti contestati e quelli sanzionati – che assume rilievo primario nei procedimenti sanzionatori – il quale si riferisce al solo quadro fattuale, e non anche alla qualificazione giuridica ed al rilievo dei fatti.

Peraltro, la comunicazione dell’avvio del procedimento interviene in una fase in cui si dà inizio all’istruttoria proprio al fine di verificare, come riferito dal citato art. 6, l’esistenza di pratiche commerciali scorrette – solo astrattamente ipotizzate nella fase di avvio – con la conseguenza che tale comunicazione non può che riguardare gli elementi che sono in possesso, a tale fase iniziale del procedimento, della stessa Autorità, e segnatamente i contorni della condotta oggetto di indagine ed i soggetti coinvolti, potendo gli elementi costitutivi dell’illecito e le relative responsabilità essere più compiutamente definiti solo a conclusione dell’istruttoria sulla base della valutazione di tutti gli elementi di rilievo.

Aggiungasi che il procedimento in materia di pratiche commerciali scorrette, come nel dettaglio scandito dal Regolamento approvato con Delibera del 15 novembre 2007 n. 17589, è caratterizzato da un compiuto sistema partecipativo, nel cui ambito il diritto di difesa dei soggetti coinvolti, informati del procedimento per effetto della obbligatoria comunicazione di avvio dell’istruttoria, viene garantito e concretamente esercitato attraverso una pluralità di strumenti, tra cui la possibilità di presentare memorie e fornire informazioni, pienamente idonei ad assicurare la tutela dei diritti difensivi delle parti.

Poste tali premesse di ordine generale e procedendo alla verifica, con riferimento al concreto atteggiarsi del procedimento in esame, del rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa nella portata che, alla luce delle superiori considerazioni, deve agli stessi attribuirsi, rileva il Collegio come nella comunicazione di avvio del procedimento risultino puntualmente descritti i contorni della pratica commerciale oggetto di indagine, consistente nell’inoltro da parte della ricorrente sul telefono cellulare dei propri clienti prepagati, a prescindere dal piano tariffario loro applicato, di un SMS con il seguente contenuto "Attivato Flat Day fino alle 24", il quale comporta un costo di attivazione pari ad 1 euro.

Nella comunicazione di avvio del procedimento vengono, altresì, indicati i profili di eventuale scorrettezza della pratica come parametrati agli articoli 20, 22, 23 e 26, lettera f), del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, in quanto potenzialmente idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio che essa raggiunge, omettendo di chiedere preventivamente il consenso all’attivazione e di fornire informazioni rilevanti in ordine alle caratteristiche e condizioni economiche dell’offerta "TIM Flat Day", necessarie affinché lo stesso possa assumere una decisione consapevole.

Deve, pertanto, ritenersi la rispondenza della comunicazione di avvio del procedimento istruttorio ai requisiti di sufficienza e completezza ai fini della garanzia del contraddittorio e delle prerogative difensive della parte, essendo ivi puntualmente indicati gli elementi costitutivi della condotta ed i profili di possibile violazione del Codice del Consumo, come espressamente riferiti alla omessa previa richiesta del consenso dell’utente alla attivazione della tariffa e alla insufficienza delle informazioni rilevanti sulle caratteristiche e condizioni economiche dell’offerta.

Rispetto a tale contestazione non riveste, invero, carattere di novità – tale da richiedere un apposito avviso di ampliamento oggettivo del procedimento – la circostanza che l’indagine circa le carenze informative si siano estese anche alla home page di TIM ed alla sezione "info e costi" del portale, posto che la condotta cui si riferisce l’avvio del procedimento riguarda, nel loro complesso, le modalità di applicazione della tariffa Flat Day, che ricomprendono, all’evidenza, sia l’invio dell’SMS informativo circa l’avvenuta attivazione, che il più generale contesto informativo dell’offerta, la cui analisi risulta funzionale alla verifica della sussistenza delle necessarie informazioni che consentano da parte dell’utente una decisione consapevole sulla base della conoscenza delle caratteristiche e delle condizioni economiche dei servizi offerti.

Se, dunque, l’avvio del procedimento ipotizza la violazione del Codice del Consumo stante l’omessa acquisizione del consenso preventivo all’attivazione della tariffa Flat Day e stante l’omissione delle informazioni rilevanti in ordine alle caratteristiche e condizioni economiche dell’offerta, le conclusioni rassegnate dall’Autorità si collocano nel solco di tale ipotesi sanzionatoria e non si discostano dalla stessa, non costituendo il complesso delle valutazioni sottese alla ravvisata carenza informativa relativa all’applicazione della tariffa, un fatto nuovo o una modifica rispetto all’ipotesi di infrazione come delineata nella comunicazione di avvio del procedimento, i cui contorni, ivi indicati, si riferiscono alla condotta complessivamente considerata nelle sue modalità di presentazione ed applicazione, potendo una maggiore esplicitazione degli elementi di rilievo e di valutazione, ai fini dell’applicazione delle norme del Codice del Consumo, intervenire solo a conclusione dell’istruttoria.

Peraltro, le sanzionate omissioni informative non sono imputate a quanto contenuto nella sezione "info e costi" e nel sito ufficiale di TIM, avendo l’Autorità riscontrato come solo in tali contesti vengano fornite le necessarie informazioni circa la tariffa applicata, mancanti, invece, nella fase di attivazione automatica della tariffa e nell’SMS inviato successivamente ad essa.

Posto, quindi, che i contorni della pratica indagata risultano pienamente delineati sin dall’avvio del procedimento, va ulteriormente rilevato che la ricorrente, in relazione alla condotta sottoposta ad indagine ed ai profili oggetto di accertamento, ha prodotto memorie difensive e fornito elementi di informazione che puntualmente descrivono i dettagli dell’offerta, le modalità della sua applicazione ed il relativo contesto informativo, sulla cui base l’Autorità ha formulato le proprie valutazioni, come risultante dal gravato provvedimento.

Ferma, dunque, la preclusione per l’Autorità di poter più dettagliatamente definire – e comunicare alle parti – gli elementi costitutivi dell’illecito prima dell’acquisizione di tutti gli elementi di rilievo e prima della formulazione delle relative valutazioni, non può non rilevarsi come, alla luce del contenuto dell’avvio del procedimento, nonché del provvedimento di rigetto degli impegni presentati dalla ricorrente, fossero chiaramente delineati i contorni della condotta e della fattispecie illecita, risultando per l’effetto essere stata garantita la possibilità per la società ricorrente di adeguatamente illustrare la propria posizione e di svolgere attività difensiva in ordine ai singoli elementi delineati nel corso del procedimento.

Pertanto, non è ravvisabile, in considerazione del concreto atteggiarsi della fattispecie, alcun pregiudizio al principio del contraddittorio ed alcuna compromissione al diritto di difesa riconosciuto alla parte nello specifico ambito inerente le pratiche commerciali scorrette, essendo stati pienamente garantiti e concretamente esercitati i diritti partecipativi che la disciplina di riferimento riconosce nella misura sopra illustrata, dovendo conseguentemente ritenersi che la comunicazione di avvio del procedimento abbia riportato gli elementi essenziali dell’illecito per consentire un efficace e completo contraddittorio, con refluente infondatezza della esaminata censura, che va, pertanto, rigettata.

Procedendo nella disamina dei denunciati vizi, asseritamente inficianti il gravato provvedimento, secondo l’ordine di trattazione suggerito dalla prospettazione di parte ricorrente, vengono in rilievo le argomentazioni volte a confutare la sussistenza di profili di scorrettezza della pratica sanzionata, avuto particolare riguardo al meccanismo di attivazione della tariffa, sostenendo in proposito parte ricorrente la possibilità per l’utente di reperire tutte le necessarie informazioni circa le condizioni economiche del servizio di navigazione tramite telefono cellulare nella sezione Info e Costi del portale e nel sito internet di TIM, non potendo conseguentemente la condotta ritenersi contraria alla diligenza professionale.

Gli elementi descrittivi del contesto informativo caratterizzante la condotta sanzionata, come riferiti da parte ricorrente, coincidono invero con quanto rilevato dall’Autorità che ne ha, però, ritenuto – correttamente, per quanto si andrà ad esporre – la non adeguatezza al fine di garantire la corretta percezione delle caratteristiche e delle condizioni economiche dell’offerta.

Le informazioni contenute nella sezione Info e Costi della home page di TIM e nel sito ufficiale di TIM vanno difatti riguardate, al fine di verificare l’assolvimento, da parte del professionista, dell’onere di chiara e completa informazione degli utenti, alla luce delle concrete modalità di attivazione della tariffa Flat Day e della necessità che le necessarie informazioni vengano fornite in una fase che precede la fruizione del servizio, e non in una fase successiva o in un diverso contesto informativo.

Al riguardo, giova ricordare che la scorrettezza della pratica sanzionata è stata ricondotta alla circostanza che la tariffa a tempo Flat Day viene applicata ai clienti prepagati che abbiano avviato la navigazione off portal in internet, in modalità WAP, al di fuori del portale mobile di TIM, con possibilità di navigare al costo di 1 euro con 5MB di traffico da utilizzare entro la mezzanotte dello stesso giorno di attivazione, senza che nella home page di TIM venga data alcuna evidenza della circostanza che la navigazione nell’area contraddistinta dalla icona di entrata nel portale di TIM è gratuita, mentre la navigazione nei servizi off portal di cui alle aree denominate internet e siti consigliati ha un costo di un euro, fino alle ore 24.00 del medesimo giorno e per un massimo di 5 MB, non essendovi alcuna avvertenza che indichi con immediatezza la differenza tra i servizi on portal accessibili tramite l’icona i e gratuiti e quelli off portal accessibili tramite le icone "internet" e "siti consigliati" soggetto al pagamento di una tariffa.

Solo dopo che il consumatore ha avuto accesso all’area esterna al portale mobile TIM, viene inviato un SMS di conferma ex post dell’avvenuta attivazione della tariffa Flat Day, con il relativo addebito del costo di un euro.

A fronte del descritto contesto informativo in cui viene attivata la tariffazione del servizio di navigazione tramite telefono cellulare, correttamente l’Autorità ha ritenuto l’insufficienza delle indicazioni fornite all’utente nella fase che precede la fruizione del servizio al fine di consentirgli di assumere una scelta consapevole ed informata sulla base della piena ed adeguata conoscenza delle condizioni economiche e della caratteristiche dell’offerta.

Carenze informative riscontrabili anche con riferimento all’SMS, il cui testo, con cui si comunica l’attivazione della tariffa Flat Day fino alle 24, è stato dall’Autorità ritenuto – con valutazione indenne da vizi – eccessivamente sintetico ed omissivo con riferimento ad informazioni essenziali al fine di garantire una corretta percezione delle caratteristiche e condizioni di applicazione della tariffa, quali quelle inerenti il costo di attivazione, i limiti temporali e di consumo, fissato in 5 MB, oltre i quali è previsto un costo di 0,04 cent. per KB.

La circostanza che le necessarie informazioni siano contenute in una ulteriore pagina della home page di TIM, accessibile attraverso il link "Info e Costi’, e nel sito web TIM – di cui si dà puntualmente atto nel gravato provvedimento – non può, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, rivestire efficacia sanante le omissioni informative sopra illustrate, che attengono al momento in cui il consumatore effettua la scelta in ordine alla attivazione della tariffa.

In materia di pratiche commerciali scorrette, così come in quella inerente la pubblicità ingannevole, è difatti irrilevante la possibilità che informazioni più dettagliate siano fornite o rese comunque disponibili in un contesto diverso o in una fase successiva a quella in cui la condotta si realizza, dovendo la correttezza della stessa essere verificata nell’ambito dello stesso contesto di comunicazione in cui la pratica commerciale oggetto di indagine viene integrata.

L’onere di chiarezza e completezza informativa deve, invero, essere assolto nella fase in cui interviene la scelta del consumatore, e non in una fase diversa o in altro contesto informativo, non potendo farsi ricadere sul consumatore l’onere di attivarsi per reperire le necessarie informazioni circa le condizioni economiche dell’offerta che, nella fattispecie in esame, avrebbe richiesto la consultazione di un’apposita pagina cui accedere tramite link o la consultazione del sito ufficiale, laddove durante il percorso che conduce all’attivazione del servizio il consumatore non è posto in alcun modo a conoscenza dell’onerosità della navigazione fuori portale e delle relative condizioni e limiti.

Correttamente, quindi, l’Autorità ha ritenuto sanzionabile la pratica commerciale stante l’insufficienza delle informazioni fornite al consumatore nella fase che precede la fruizione del servizio, a fronte dell’onere, ritenuto violato, di completezza della comunicazione che deve coniugarsi con la chiarezza e l’immediata percepibilità delle condizioni di fruizione del servizio al fine di consentire l’assunzione di una scelta consapevole ed informata.

Né, a diversamente ritenere, può valere la considerazione di parte ricorrente circa la natura meramente informativa, e non pubblicitaria, dell’SMS inviato successivamente all’attivazione della tariffa, asseritamente frutto di una scelta consapevole dell’utente, essendo sufficiente in proposito richiamare la rilevata insussistenza, nella fattispecie, di idonee e sufficienti informazioni fornite prima dell’attivazione della tariffa, che ne consentano una chiara percezione così garantendo la libertà di scelta del consumatore in ordine alla fruizione del servizio.

Peraltro, la circostanza che l’SMS sia inviato solo successivamente all’attivazione della tariffa – e non preventivamente – non fa che confermare la rilevata carenza informativa nella fase che precede la scelta del consumatore.

A fronte degli illustrati rilievi, non appare idonea scalfire i profili di riscontrata scorrettezza della pratica sanzionata, riconducibili alla mancata trasparenza e completezza delle informazioni fornite circa le caratteristiche, anche economiche, dell’offerta, la circostanza che la tariffa automaticamente applicata risulti – come anche rilevato dall’Autorità – vantaggiosa per i consumatori rispetto alla modalità tariffaria a consumo precedentemente applicata.

Il giudizio di scorrettezza di una pratica, difatti, prescinde dall’accertamento della sussistenza di un effettivo pregiudizio economico per i consumatori posto che l’illiceità della condotta, al fine di assumere rilevanza ai sensi delle disposizioni del Codice di Consumo, non deve dimostrare una concreta attuazione pregiudizievole per le ragioni dei consumatori, quanto piuttosto una potenzialità lesiva per le scelte che questi ultimi devono poter prendere senza condizionamenti o orientamenti decettivi, che consente di ascrivere la condotta nel quadro dell’illecito non già di danno ma di mero pericolo, in quanto intrinsecamente idonea a condurre alle conseguenze che la disciplina di legge ha inteso, invece, scongiurare.

Gli effetti della condotta si pongono, in definitiva, al di fuori della struttura dell’illecito, atteso che la normativa non ha la mera funzione di assicurare una reazione alle lesioni arrecate dalle pratiche scorrette agli interessi patrimoniali del consumatore, ma si colloca su un più avanzato fronte di prevenzione, essendo tesa ad evitare effetti dannosi anche soltanto ipotetici.

Le norme che tutelano il consumatore dagli effetti delle pratiche commerciali scorrette o aggressive sono, difatti, naturalmente preordinate a prevenire le distorsioni e gli indebiti condizionamenti dei meccanismi di scelta, salvaguardandone la libertà di autodeterminazione attraverso l’imposizione ai professionisti, innanzitutto, dell’osservanza dello specifico onere di diligenza quanto a completezza, esaustività e chiarezza informativa circa le caratteristiche dell’offerta.

Gli effetti della condotta possono, semmai, assumere significatività quale elemento aggravante, laddove il comportamento ascrivibile all’operatore abbia avuto diffuse ricadute pregiudizievoli per i consumatori, essendo da tale circostanza desumibile, con ogni evidenza, la grave inadeguatezza del comportamento posto in essere da quest’ultimo a fronte del paradigma di diligenza cha la normativa di riferimento ha posto quale essenziale parametro di valutabilità della condotta.

Per la configurazione dell’illecito non è, pertanto, necessario che l’Autorità analizzi e basi il proprio giudizio sugli effetti prodotti dalla pratica commerciale, essendo invece sufficiente che, sulla base di un giudizio prognostico, la stessa sia ritenuta idonea ad incidere potenzialmente sulle scelte dei consumatori, condizionandole indebitamente.

Non risulta, inoltre, utilmente invocabile la circostanza, evidenziata da parte ricorrente, che agli utenti sarebbe comunque garantita la possibilità di usufruire di tariffe alternative, posto che le relative informazioni, e quindi la garanzia della facoltà di scelta di opzioni diverse, non vengono fornite in un momento antecedente l’attivazione automatica della tariffa Flat Day, che avviene in modo non consapevole.

Negativamente delibate le sin qui esaminate censure, rivolte avverso il giudizio di scorrettezza della condotta sanzionata, residua all’esame del Collegio il vaglio in ordine alle doglianze, sollevate in via subordinata da parte ricorrente, avverso la quantificazione della sanzione comminata, asseritamente determinata in violazione dei criteri dettati dalla normativa di riferimento.

Denuncia in particolare parte ricorrente, sotto un primo profilo, l’illogicità della valutazione effettuata dall’Autorità in ordine alla gravità della condotta per avere omesso di tenere in adeguata considerazione la circostanza che dall’applicazione della tariffa Flat Day discenderebbe un notevole risparmio economico per i consumatori, trattandosi di tariffa più vantaggiosa rispetto ad una tariffazione a consumo, come peraltro riconosciuto dalla stessa Autorità che, però, non ne avrebbe tenuto conto in sede di commisurazione della sanzione.

La censura merita favorevole esame.

Giova preliminarmente ricordare che l’art. 27, comma 9, del D.Lgs. n. 206 del 2005 prevede che, con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l’Autorità dispone l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 500.000 euro, tenuto conto, in quanto applicabili, dei criteri individuati dall’articolo 11 della legge n. 689 del 1981, richiamato dal comma 13 del citato articolo, ed in particolare, della gravità della violazione, dell’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, della personalità dell’agente, nonché delle condizioni economiche dell’impresa stessa.

Ciò posto, rileva il Collegio che la valutazione in ordine alla gravità della condotta deve transitare, necessariamente, anche attraverso la considerazione della sua offensività, intesa quale potenzialità lesiva degli interessi dei consumatori cui la normativa accorda protezione.

Se, difatti, il pregiudizio discendente dalla condotta non costituisce un elemento costitutivo della fattispecie illecita dal momento che, come sopra accennato, si versa in ipotesi di fattispecie di pericolo e non di danno – con la conseguenza che non è necessaria una concreta attuazione pregiudizievole per le ragioni dei consumatori al fine di ravvisare la scorrettezza della pratica, essendo sufficiente una potenzialità lesiva per le scelte che gli stessi devono poter assumere senza indebiti condizionamenti – gli effetti pregiudizievoli discendenti dalla pratica devono, tuttavia, essere presi in considerazione al fine di calibrare il giudizio di gravità della stessa, cui commisurare la sanzione da irrogare.

Tanto precisato, non risulta, nella fattispecie in esame, che il giudizio di gravità della pratica sia stato formulato anche sulla base di tale parametro di valutazione, avendo l’Autorità ricondotto la ritenuta gravità della condotta "alla stessa tipologia delle omissioni informative riscontrate, alle modalità di prospettazione delle condizioni economiche alle quali è offerto il servizio di navigazione in internet, in modalità WAP, tramite telefono cellulare nonché al settore al quale l’offerta in esame si riferisce, ovvero quello dell’offerta di servizi di connessione", rispetto al quale l’obbligo di completezza e chiarezza delle informazioni veicolate è stato ritenuto – correttamente – particolarmente stringente, anche in ragione dell’asimmetria informativa in cui versano i consumatori rispetto agli operatori di telefonia.

L’Autorità ha, altresì, considerato, ai fini della determinazione della sanzione irrogata, la palese contrarietà della condotta alla diligenza professionale in ragione della specifica competenza della ricorrente nel settore, nonché il significativo impatto della pratica.

Unitamente ai predetti criteri – ritiene il Collegio – l’Autorità avrebbe dovuto tenere conto, nella formulazione del giudizio di gravità della condotta, anche della potenzialità lesiva della stessa, dovendo la sanzione rispecchiare, secondo criteri di proporzionalità, non solo la violazione dello specifico onere di diligenza, ma anche la sua portata offensiva del bene giuridico protetto, da valutarsi in astratto.

Se, difatti, è irrilevante che dalla condotta siano discesi concreti effetti pregiudizievoli per i consumatori e se per la sanzionabilità della stessa è sufficiente il "non agere quod debetur" da parte del professionista, la determinazione della sanzione va effettuata sulla base – anche – della gravità della condotta da valutare nella sua oggettività, oltre che in relazione all’elemento soggettivo, in modo da parametrarla non solo al grado di illiceità della stessa, ma anche alla sua offensività alla stregua del principio di proporzionalità.

Ed invero, fondare il giudizio di gravità della condotta sulla sola base della tipologia della violazione, senza alcuna considerazione della potenziale offensività della stessa, non consentirebbe di distinguere tra condotte caratterizzate da un alto grado di offensività e condotte prive di portata pregiudizievole per i consumatori, con conseguente applicazione alle stesse di una medesima sanzione, in violazione del richiamato parametro di proporzionalità.

Nella fattispecie in esame, la condotta sanzionata, per come affermato dalla stessa Autorità, implica l’applicazione di una tariffa vantaggiosa per gli utenti, per cui – ferma restando la contrarietà della stessa allo specifico onere di diligenza ricadente sul professionista – tale profilo avrebbe dovuto far parte della ponderazione degli elementi di commisurazione della sanzione riferiti alla gravità della violazione.

Non emergendo, dalla gravata delibera, l’avvenuta valutazione di tale elemento al fine di formulare il giudizio di gravità della condotta cui parametrare la sanzione da infliggere, il ricorso va accolto sotto tale profilo, per l’effetto procedendosi, in applicazione dell’art. 134, comma 1, lettera c), del codice del processo amministrativo, alla riduzione della sanzione nella misura, ritenuta congrua e proporzionata rispetto agli elementi di rilievo della fattispecie e rispondente ai criteri di cui all’art. 11 della legge n. 689 del 1981, di euro 50.000, con conseguente rideterminazione della sanzione da irrogarsi alla società ricorrente nella misura complessiva di euro 250.000.

Consegue, conclusivamente, alla luce di tutto quanto sopra illustrato, l’accoglimento, sotto l’indicato profilo, del ricorso in esame, con conseguente annullamento parziale della gravata delibera limitatamente alla determinazione della sanzione pecuniaria irrogata, per l’effetto procedendosi alla sua rideterminazione nella misura di euro 250.000, rigettando il ricorso quanto al resto.

Sussistono giusti motivi, in ragione del parziale accoglimento del ricorso, per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando sul ricorso N. 10522/2008, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nel senso e nei limiti di cui in motivazione, rideterminando la sanzione pecuniaria nella misura ivi prevista.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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