Cass. civ. Sez. II, Sent., 15-02-2011, n. 3716 Cause e integrazione del contradditorio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La c.n.c. Pellicceria F.lli Savino proponeva appello avverso la sentenza 28/12/2000 con la quale il tribunale di Firenze aveva:

a) condannato la s.n.c. Pellicceria F.lli Savino a pagare alla ditta Confezioni Lubur L. 66.015.000 a titolo di residuo prezzo di fornitura merce;

b) revocato il sequestro conservativo ottenuto dalla Confezioni Lubur nei confronti di T.D. e della s.n.c. Pellicceria F.lli Savino;

c) confermato l’ordinanza ex articolo 186 ter c.p.c. di condanna della s.n.c. Pellicceria F.lli Savino al pagamento in favore della Confezioni Lubur di L. 39.611.800; 4) rigettato la domanda, avanzata dalla s.n.c. Pellicceria F.lli Savino nei confronti della Confezioni Lubur e di T.D., l’appellante chiedeva:

l’ammissione delle prove non ammesse dal tribunale: il rigetto della domanda della Confezioni Lubur per inesistenza del credito dalla stessa vantato; accertarsi che T.D. non aveva eseguito le forniture ad essa società appellante; nell’ipotesi di conferma dell’accoglimento della domanda avanzata nei suoi confronti dalla Confezioni Lubur. la condanna di T.D. a rilevare indenne essa società.

T.D. resisteva al gravame.

La s.n.c. Pellicceria F.lli Savino chiedeva ed otteneva la concessione di un termine per integrare il contraddittorio ex art. 331 c.p.c. nei confronti della ditta Confezioni Lubur la quale, ricevuta la notifica dell’atto di appello, si costituiva eccependo l’inammissibilità del gravame.

Con sentenza 2/4/2004 la corte di appello di Firenze dichiarava inammissibile l’appello proposto nei confronti della Confezioni Lubur e rigettava il gravarne nei confronti del T.. Osservava la corte di merito: che la ditta Confezioni Lubur aveva chiesto la condanna dei convenuti s.n.c. Pellicceria F.lli Savino e T. D. al pagamento del residuo prezzo di fornitura merce; che il T. aveva dedotto la propria estraneità al rapporto non avendo assunto alcuna obbligazione nei confronti della Lubur; che la citata società appellante aveva sostenuto di non aver ricevuto una parte della merce consegnata al T. e mai pervenutale; che il giudizio, secondo la prospettazione offerta dalle parti, aveva ad oggetto obbligazioni solidali avendo la ditta attrice chiesto ai convenuti l’adempimento della medesima prestazione (il pagamento del prezzo); che pertanto si trattava di cause scindibili con esclusione del litisconsorzio necessario anche sotto il profilo della dipendenza di cause non essendo dette cause legate tra loro dal vincolo della pregiudizialità o della garanzia, con conseguente insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 331 c.p.c. sicchè non si era verificato l’effetto conservativo della impugnazione tempestivamente proposta dalla s.n.c. Pellicceria F.lli Savino nei confronti di una sola delle parti vittoriose, ossia del T.;

che l’impugnazione nei confronti della ditta Lubur era stata notificata il 10/10/2002 e, quindi, tardivamente posto che la Lubur aveva notificato la sentenza di primo grado in data 29/10/2001; che, conseguentemente, si era verificata la decadenza dall’impugnazione nei confronti della Lubur e si era formato il giudicato nei rapporti tra questa e la società appellante; che quest’ultima non aveva specificato il titolo in forza del quale aveva avanzato nei confronti del T. la domanda di rivalsa e di risarcimento danni; che peraltro dalle prove esperite in primo grado non erano emersi elementi di prova idonei in ordine alla mancata consegna di alcuni capi da parte del T. alla s.n.c. Pellicceria F.lli Savino;

che, infatti, i testi escussi nel procedimento cautelare erano stati generici sul punto e le istanze probatorie reiterate nell’atto di appello non risultavano rilevanti in ordine a tale specifica circostanza; che inoltre la società appellante non aveva indicato a quale titolo i capi in questione sarebbero stati ritirati dal T..

La cassazione della sentenza della corte di appello di Firenze è stata chiesta dalla, s.n.c. F.lli Savino con ricorso affidato a tre motivi. T.D. e B.L. – quale titolare della ditta Confezioni Lubur – hanno resistito con separati controricorsi.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso la s.n.c. Pellicceria Savino denuncia:

a) violazione degli artt. 170, 285, 325, 326, 330 c.p.c. e vizi di motivazione deducendo che la sentenza di primo grado è stata notificata ad essa società appellante personalmente e non presso il procuratore costituito per cui non era idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione ex art. 325 c.p.c. come invece erratamente ritenuto dalla corte di appello;

b) violazione degli artt. 170, 300, 325, 326. 330 c.p.c. e vizi di motivazione rilevando che la prima tempestiva notifica alla Confezioni Lubur non è andata a buon fine per aver il procuratore domiciliatario trasferito il proprio domicilio indicato nel giudizio di primo grado senza dare al riguardo alcuna comunicazione alle controparti, sicchè il rinnovo della notifica presso il nuovo domicilio ha impedito la decadenza pur se effettuata dopo la scadenza del termine;

c) violazione degli artt. 141, 170, 184 bis. 285, 291, 359, 300, 325, 331 c.p.c. e vizi di motivazione sostenendo che la corte di appello ha escluso l’applicabilità nella specie dell’art. 331 c.p.c. in forza di una errata percezione degli assunti e delle domande delle parti, della causa petendi e del petitum. Con l’atto introduttivo del giudizio il B. – titolare della ditta Confezioni Lubur – non ha dedotto la sussistenza di un’obbligazione solidale, ma ha sostenuto che la consegna della merce al T. avrebbe determinato l’obbligazione di pagamento anche per essa Pellicceria Savino. Si tratta quindi di un’obbligazione dipendente dalle azioni poste in essere dal T. o di un’obbligazione alternativa tra due soggetti. Il B., inoltre, non ha affermato di aver concluso un negozio di vendita con il T. e con essa società ricorrente, ma ha dedotto di aver concluso tale negozio con il T. e con i signori S. qualificatisi come soci della F.lli Savino s.n.c. e di aver consegnato parte della merce al T. per aver questi dichiarato di "partecipare all’affare".

Consegue quindi, dalla prospettazione del B., che l’obbligazione di essa ricorrente si presenta come dipendente dalla delibazione e decisione della posizione del T. e come alternativa. Nel caso in esame ricorre, pertanto, la fattispecie del litisconsorzio processuale e della cause inscindibili: da ciò la necessità dell’integrazione del contraddittorio nei confronti del B..

Le dette censure sono infondate.

In relazione alla censura sub a) è appena il caso di rilevare che l’atto di appello è stato ritualmente notificato a B.L. (quale titolare della ditta Confezioni Lubur) in data 10/10/200,. ossia tardivamente in quanto -indipendentemente dalla data della notifica della sentenza impugnata effettuata alla società appellante personalmente e non presso il suo procuratore costituito – ben oltre i termine di cui all’art. 327 c.p.c. posto che la detta appellata sentenza risulta essere stata pubblicata il 28/12/2000.

Con riferimento alla censura sub b) è sufficiente il richiamo al principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità – e correttamente applicato dalla corte di appello – secondo cui i termini per l’impugnazione delle sentenze sono perentori. e decorrono per il solo fatto oggettivo del trascorrere del tempo, senza alcuna possibilità di proroga, sospensione o interruzione se non nei casi eccezionali espressamente previsti dalla legge: ne consegue che non produce alcun effetto il tentativo di notifica dell’atto di impugnazione effettuato nei termini presso il procuratore costituito ma non andato a buon fine per trasferimento del domicilio del destinatario dell’atto, restando a carico dell’istante il rischio che le nuove modalità notificatorie non consentano in concreto di rispettare il termine (nei sensi suddetti, tra le tante, sentenze 23/6/2001 n. 4364: 1/7/2005 n. 14033; 1/12/2003 n. 18350).

L’infondatezza della censura sub c) emerge con immediatezza dalla consentita lettura degli atti processuali – e, in particolare, dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, come predisposto dall’attore B.L., quale titolare della ditta Confezioni Lubur. delle comparse di costituzione in primo grado dalla s.n.c. Pellicceria F.lli Savino e dal T.D. – nonchè dall’esame delle tesi difensive sviluppate dalle indicate parti.

Da detta attività risulta che il B. – dopo aver proposto ricorso per sequestro conservativo nei confronti sia della società F.lli Savino che del T. – convenne questi ultimi in giudizio sostenendo la responsabilità solidale dei convenuti per il mancato pagamento della merce fornita. In particolare il B. dedusse:

che il T., presentatosi come socio della s.n.c. F.lli Savino, concluse, insieme ai fratelli S., il contratto di fornitura della merce in questione; che il T., come appurato in seguito, non era risultato socio della s.n.c. Savino; che quindi la domanda andava proposta anche nei confronti del T. per la sua partecipazione all’affare.

Pertanto il B. chiese la condanna dei convenuti – ossia della Flli Savino e del T. – ritenuti entrambi solidalmente obbligati all’adempimento della stessa prestazione: il pagamento del prezzo della merce fornita in virtù di contratto concluso con i due convenuti.

Si tratta, come è evidente, di un’obbligazione solidale non avendo mai l’attore B. dedotto che i due convenuti erano obbligati "in via alternativa" al pagamento della fornitura. Il B. non ha mai presentato la posizione della Savino come dipendente dalla decisione sulla posizione del T. o come alternativa a detta posizione. Ne consegue che nella specie non si verte nel caso della pregiudizialità – dipendenza tra le posizioni dei detti coobbligati.

Le domande proposte dall’attore nei confronti di entrambi i convenuti – formulate in termini di solidarietà – hanno dato luogo a cause scindibili e, non essendo tra loro dipendenti, ben avrebbero potuto essere avanzate nei confronti di uno solo dei convenuti con decisione della causa, così proposta, senza necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altro obbligato in via solidale.

Va quindi ribadito che l’obbligazione solidale passiva non fa sorgere un rapporto unico ed inscindibile e non da luogo a litisconsorzio necessario nemmeno in sede di impugnazione.

E’ infatti pacifico che, in tema di litisconsorzio necessario, le cause proposte nei confronti di più condebitori in solido sono inscindibili e danno luogo a litisconsorzio processuale solo quando le stesse siano in rapporto di dipendenza ovvero quando le distinte posizioni dei coobbligati presentino obiettiva interrelazione, alla stregua della loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale, sicchè la responsabilità dell’uno presupponga la responsabilità dell’altro. Pertanto, l’obbligazione solidale passiva non fa sorgere un rapporto unico e inscindibile e non da luogo a litisconsorzio necessario nemmeno in sede di impugnazione e neppure sotto il profilo della dipendenza di cause, bensì a rapporti giuridici distinti, anche se fra loro connessi, e, potendo il creditore ripetere da ciascuno di quei condebitori l’intero suo credito, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, che può svolgersi utilmente anche nei confronti di uno solo dei condebitori.

Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. degli artt. 1461, 2697 c.c. nonchè vizi di motivazione, deducendo che la corte di appello, per effetto dell’errata decisione censurata con il primo motivo di ricorso, ha omesso di delibare l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado con la quale era stata accolta la domanda proposta dal B. nei confronti di essa s.n.c. Pellicceria F.lli Savino.

L’infondatezza della censura deriva logicamente dal rigetto del primo motivo di ricorso in quanto coerentemente la corte territoriale non ha esaminato ne merito il gravame proposto nei confronti del Be.Br. dichiarato inammissibile.

Il ricorso nei confronti del Be. va pertanto rigettato con la conseguente condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione sostenute dal citato resistente e liquidate nella misura indicata in dispositivo.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. e vizi di motivazione lamentando l’errore commesso dalla corte di appello nel rigettare la domanda di rivalsa avanzata da essa società nei confronti del T..

Deduce la s.n.c. Pellicceria F.lli Savino che la corte di appello, nell’affermare che essa società non aveva specificato il titolo in forza del quale aveva proposto la detta domanda, non ha tenuto conto delle domande formulate e dei connessi espressi e chiari motivi articolati in primo grado e ribaditi in secondo grado (nel dettaglio riportati ). Del pari è incomprensibile ed immotivata la decisione con la quale la corte di appello ha rigettato la domanda proposta nei confronti del T. affermando che non erano "emersi elementi di prova in ordine alla mancata consegna di alcuni capi da parte del T. alla Pellicceria F.lli Savino". La corte di merito non ha tenuto conto che la domanda del B. nei confronti di essa società è stata accolta proprio per la raggiunta prova di consegna di merce al T. per il successivo trasferimento ad essa F.lli Savino.

Incombeva quindi al T. provare di aver effettuato tale trasferimento. Peraltro il giudice di secondo grado contraddittoriamente non ha ammesso i richiesti mezzi istruttori (specificamente indicati in ricorso ) ritenendoli superflui e non necessari).

Il motivo è fondato risultando palesi i denunciati vizi della motivazione posta a base del rigetto dell’appello della s.n.c. Pellicceria F.lli Savino avverso la sentenza di primo grado con la quale era stata respinta la domanda che la società appellante aveva proposto nei confronti di T.D. nell’ipotesi di accoglimento della domanda avanzata dalla ditta Lubur nei confronti di essa società.

Al riguardo va rilevato che – come riportato nella stessa sentenza impugnata e come puntualmente posto in evidenza ne ricorso – la società ricorrente si costituì nel giudizio di primo grado contestando in via principale la domanda proposta nei suoi confronti dal B. e chiedendo espressamente, ove ritenute eseguite dal B. consegne di capi di abbigliamento al T. ed ove accolta la domanda del B. nei confronti di essa società Savino, sentir dichiarare mai eseguita dal T. alcuna consegna di merce ad essa società con condanna del T. a rivalerla da ogni condanna o conseguenza pregiudizievole conseguente al giudizio.

Ritenute dal giudice di primo grado infondate le tesi difensive della s.n.c. Pellicceria F.Ili Savino – avendo il tribunale escluso resistenza di una società tra i convenuti e ritenuto provata la consegna della merce in questione dal B. al T. in nome e per conto della Savino – quest’ultima ha proposto appello ribadendo le richieste formulate in primo grado in via principale (rigetto della domanda avanzata nei suoi confronti dal B.) e in via subordinata (condanna del T. a rivalerla non avendo ricevuto la merce inviata dal B. e che il T. aveva sostenuto di aver ritirato per incarico conferitogli e poi consegnato ad essa società asserita mandante).

Ciò posto è evidente che, contrariamente a quanto affermato dalla corte di appello, "il titolo in forza del quale" la F.lli Savino – in via subordinata nel caso di conferma dell’accoglimento della domanda del B. nei confronti di essa società – "ha avanzato nei confronti di T.D. la domanda di rivalsa e quella di risarcimento danni" va chiaramente ed inequivocamente ravvisato nel mancato rispetto dell’obbligo di consegnare la merce inviata dal B. e (secondo il giudice di primo grado) ritirata dal T. – come dallo stesso dedotto e costituente il titolo posto a base del detto ritiro – "per conto ed incarico della F.lli Savino".

Parimenti manifestamente fondata risulta la censura concernente i vizi di motivazione della sentenza impugnata posto che la detta motivazione – sopra quasi integralmente riportata nella parte narrativa che precede e relativa alla asserita inidoneià delle prove esperite in primo grado a fornire elementi probatori circa la "mancata consegna di alcuni capi da parte di T.D. alla s.n.c. Pellicceria F.lli Savino" – è carente, illogica e contraddittoria. La corte di appello al riguardo: non ha indicato le prove raccolte in primo grado; non ha fornito alcun chiarimento in ordine al contenuto di tali prove; non ha riportato i nomi dei "testi escussi nel procedimento cautelare"; non ha motivato il perchè dell’inidoneità di tali prove a dimostrare la mancata consegna alla F.lli Savino della merce in questione ricevuta da T.. Del tutto apodittico ed immotivato è poi il giudizio di irrilevanza delle istanze probatorie (neanche specificate) "reiterate con l’atto di appello" dalla società Savino e da questa integralmente riportate nel ricorso. Al riguardo il giudice di secondo grado ha omesso di precisare gli elementi "in fatto e in diritto" sui quali ha fondato il proprio convincimento, non ha fornito adeguata e logica motivazione e non ha sviluppato alcun argomento o ragionamento tale da dar conto delle proprie valutazioni e del percorso logico seguito per pervenire alla sopra riportata conclusione. Nulla in proposito si legge nella decisione impugnata nella quale peraltro non si da alcuna riposta alla tesi difensiva dell’appellante secondo cui incombeva al T. l’onere della prova della asserita consegna alla Savino della merce ricevuta dal B..

Pertanto, in accoglimento del terzo motivo di ricorso principale concernente esclusivamente il rapporto tra la s.n.c. Pellicceria F.lli Savino e T.D., la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto – in quanto affetta dai denunciati vizi – e la causa rinviata ad altra sezione della corte di appello di Firenze la quale riesaminerà la causa tra le dette parti tenendo conto dei rilievi sopra esposti e provvedendo a colmare le evidenziate carenze, lacune ed incongruità di motivazione.

Al giudice del rinvio va rimessa anche la pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità tra le indicate parti.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta i primi due motivi di ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento in favore del resistente B.L. – quale titolare della ditta Confezioni Lubur – delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 200,00. oltre Euro 2.500,00 a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge;

accoglie il terzo motivo di ricorso relativo al rapporto tra la società ricorrente e T.D.; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione tra le dette parti, ad altra sezione della corte di appello di Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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