Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-11-2010) 21-01-2011, n. 1847 Misure cautelari

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Svolgimento del processo

1.1. -Con ordinanza n. 2733/09 T.L.R, resa il 21.12.2009 e depositata il 28.12.2009, il Tribunale di Torino – Sezione del Riesame, accoglieva l’appello ex art. 310 c.p.p., proposto dal procuratore della repubblica avverso le ordinanze di aggravamento-reiezione 4.11.2009 e 28.11.2009 del GIP del Tribunale di Ivrea ed applicava a V.V., in relazione ai fatti ascritti, qualificati come reati di cui: 1) agli artt. 110 e 81 cpv. e 648 c.p.; 2) di cui agli artt. 110 e 81 cpv c.p., L. n. 895 del 1967, artt. 2, 4, 7, per aver ricevuto, portato, nascosto e custodito nella soffitta dell’abitazione di G.A. in (OMISSIS), 7 fucili, munizionamento illegale ed un Giubbotto antiproiettile provenienti da furti avvenuti il (OMISSIS), la misura della custodia cautelare in carcere.

1.2.- Proponeva ricorso per Cassazione il difensore del V. V. per i seguenti motivi:

1) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza art. 310 c.p.p., comma 2, art. 309 c.p.p., comma 4, art. 582 c.p.p., comma 1;

2) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme delle quali si deve tener conto nell’applicazione della legge penale: art. 310 c.p.p., comma 2, art. 309 c.p.p., comma 4, art. 583 c.p.p., comma 1;

3) mancanza, contraddittorietà, o manifesta illogicità della motivazione risultando il vizio dal testo del provvedimento impugnato, ovvero da atti del processo specificamente indicati nei motivi del gravame.

Sul primo punto sostiene la difesa l’inammissibilità dell’atto di impugnazione perchè il richiamo operato dall’art. 310 c.p.p., comma 2, all’art. 309 c.p.p., comma 4, impone che l’appello in materia di misure cautelari personali sia presentato nelle forme previste dall’art. 582 c.p.p., cioè personalmente, o a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento e il pubblico ufficiale vi appone l’indicazione del giorno in cui lo riceve e della persona che lo presenta. La mancata osservanza di tali modalità è sanzionata con l’inammissibilità dell’atto di impugnazione a norma del disposto dell’art. 591 c.p.p., comma 1 lett. c).

Nel caso di specie l’unica risultanza ufficiale del ricevimento dell’atto di appello nella cancelleria del giudice a quo è costituita dall’attestazione di pervenuto datata 14.11.2009, non accompagnata dalla identificazione del soggetto che materialmente vi ha provveduto. Dal che non è dato desumere se l’atto sia stato depositato dal PM o da persona da questi incaricata o delegata, posto che, in assenza di incarico scritto, la delega orale potrebbe presumersi soltanto sulla base dei rapporti intercorrenti tra il sottoscrittore dell’atto di appello e colui che materialmente lo presenta. Di qui l’inammissibilità conseguente alla impossibilità di trarre certezza alcuna circa l’autenticità della sottoscrizione dell’atto di impugnazione e circa la sua provenienza da parte del soggetto cui è conferito il diritto di impugnare. Nel caso di cui trattasi la mancanza di qualsivoglia attestazione circa elementi, quali l’ufficio di appartenenza o le mansioni svolte dal materiale presentatore, neppure è possibile provare la presenza di una delega orale sicchè, anche sotto questo profilo, l’impugnazione dovrebbe ritenersi inammissibile.

Sul punto 2) sostiene il difensore che neppure può ritenersi che l’atto di appello del pubblico ministero sia stato spedito alla cancelleria competente e che, dunque, il vizio denunciato al motivo precedente non sia rilevante, dovendo farsi applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 583 c.p.p., norma che fa salva la possibilità per l’impugnante di spedire l’atto di gravame, ma soltanto avvalendosi del servizio postale e tramite la spedizione di una raccomandata, ovvero, di un telegramma. Si tratta, peraltro, di modalità tassative, volte a garantire l’autenticità della provenienza e la ricezione dell’atto, applicabili anche al pubblico ministero. Poichè agli atti di causa è stata allegata una busta gialla, intestata al Tribunale del Riesame e priva di affrancatura, non sarebbe, comunque, sostenibile che la presentazione dell’atto di appello sia avvenuta nel rispetto delle disposizioni dell’art. 583 c.p.p.. Per cui, qualora dovesse ritenersi che le modalità di presentazione prescelte dal pubblico ministero per la presentazione dell’atto di appello siano riconducibili a quelle di cui all’art. 583 c.p.p., comma 1, la palese inosservanza di tale norma comporterebbe, comunque, stante il disposto dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), l’inammissibilità dell’atto di appello. Sul punto 3) Le doglianze contenute nella memoria in data 20.12.2009 e il cui contenuto è stato esposto oralmente all’udienza del 21.12.2009, relative alla assunta inammissibilità del ricorso del pubblico ministero, che prospettava l’aggravamento del quadro indiziario e, conseguentemente cautelare, a carico di V.V., attingendo a circostanze mai esaminate dal giudice di primo grado quali: la possibile commissione di reati di circonvenzione di incapace attribuibili al V. in danno di componenti della famiglia G. e l’audizione di persone informate sui fatti in relazione a tale ipotesi di reato, in data successiva alla ordinanza del Gip e nell’ambito di un autonomo procedimento che lo vede iscritto nel registro degli indagati, come comunicato in udienza dal PM, non sono state adeguatamente valutate. Il tribunale del riesame, dopo aver ritenuto ammissibile l’appello del PM, ha condiviso le argomentazioni da questo prospettate circa l’aggravamento del quadro cautelare e, pur a fronte di richiesta di aggravamento per le esigenze di cui all’art. 374 c.p.p., lett. a) e b), ha ritenuto sussistenti quelle previste dalla lettera e) aventi ad oggetto il pericolo di recidivanza, ciò in violazione degli artt. 597, 187 e 310 c.p.p..

L’avere valutato circostanze, fatti e accuse non esaminate dal giudice di primo grado e non contestate prima al V. costituisce, poi, violazione del diritto di difesa. Riguardo al ritenuto pericolo di recidivanza risulta apodittico, e privo di motivazione, l’assunto che il ricorrente avrebbe rapporti con soggetti inseriti in contesti di criminalità organizzata di stampo territoriale godendo la piena fiducia di tali soggetti. Non vi è infatti un solo elemento, dichiarazione testimonianza o informativa di polizia, che consenta di ritenere C.E., colui che consegnò le armi al V.V., affiliato a tali consorterie criminali, nè vengono individuati diversi e specifici legami con altri soggetti. Nel considerare e ritenere la pericolosità sociale del prevenuto il Tribunale ha, poi, omesso qualsivoglia valutazione del suo stato di incensuratezza e nel valutare la sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio, attuabile attraverso il suo ascendente nei confronti del nucleo familiare G., non ha tenuto conto del pieno riconoscimento degli addebiti reso dal V.V. sin dal momento dell’arresto, con il quale ha anche consentito l’individuazione dei responsabili del deposito di armi. A fronte di un imputato reo confesso è del tutto illogico ravvisare l’esigenza cautelare di cui all’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. A). Altrettanto illogico è ritenere che egli possa inquinare le indagini in favore del fratello J., a carico del quale Tribunale stesso ha valutato sussistenti i gravi indizi di colpevolezza esclusi dal GIP. Difetta, poi, di motivazione la decisione impugnata laddove non esplicita le ragioni per le quali la misura degli arresti domiciliari è ritenuta inadeguata a salvaguardare le esigenze cautelari ravvisate, ciò a mente del disposto dell’art. 275 c.p.p., comma 3, che prevede che la custodia cautelare in carcere possa essere irrogata solo quando qualsiasi altra misura risulti inadeguata.

Infine il tribunale del riesame di Torino non ha motivato circa la possibilità per il V. di poter fruire della sospensione condizionale della pena, nè ha reso motivazione alcuna sulla esistenza di elementi ostativi alla futura concessione di tale beneficio, a mente di quanto stabilito dall’art. 275 c.p.p., comma 2 bis. E trattasi di omissione resa ancor più evidente dalla condizione di incensuratezza del V.V. e dal fatto che il GIP, tra gli elementi in forza dei quali aveva ritenuto di non applicare la custodia cautelare in carcere aveva citato proprio il disposto dell’art. 275 c.p.p., comma 2 bis.

1.3.- Il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Motivi della decisione

2.1.- Le doglianze proposte dal ricorrente relativamente alla irritualità dell’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza del giudice delle indagini preliminari di Ivrea sono fondate e la decisione preliminare in ordine alle stesse rende superflua la disamina delle ulteriori e successive.

2.2.- Lo schema del procedimento di appello nella materia cautelare ricalca quello previsto per il riesame: l’art. 310 c.p.p., comma 2 richiama, infatti, l’art. 309 c.p.p., comma 4, il quale rimanda alle modalità e forme di presentazione previste, in generale per le impugnazioni, dagli artt. 582 e 583 c.p.p.; in particolare: l’art. 582 c.p.p., comma 1, prescrive che l’atto di impugnazione deve essere presentato, nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, dalla parte personalmente o a mezzo di un incaricato, e il pubblico ufficiale addetto deve apporvi l’indicazione del giorno in cui riceve l’atto, l’indicazione della persona che lo presenta e la propria sottoscrizione; il primo comma dell’art. 583 c.p.p. prevede, inoltre, che le parti possano proporre impugnazione con telegramma, oppure con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria indicata nell’art. 582 c.p.p., comma 1, in questo caso il pubblico ufficiale addetto alla deve allegare agli atti la busta contenente l’atto di gravame ed apporre su quest’ultimo l’indicazione del giorno della ricezione e la propria sottoscrizione. La proposizione dell’atto di appello, o di qualsiasi altro gravame, con modalità diverse o difformi è sanzionata con l’inammissibilità dell’impugnazione dall’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. C) ciò a prescindere dalla circostanza che parte ricorrente sia, come nel caso di specie, il pubblico ministero. La dichiarazione di impugnazione è, dunque, un atto a forma vincolata, dovendosi accertare con sicurezza l’autenticità della sottoscrizione, per cui le modalità di presentazione e di ricezione assumono la veste di requisiti di forma che non ammettono equipollenti. La certezza della ritualità è data dall’attestazione del pubblico ufficiale che riceve l’atto. Con riferimento alla previsione del dell’art. 582 c.p.p.,, comma 1, quando parte impugnante sia il pubblico ministero, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che al novero dei soggetti abilitati alla presentazione appartengono coloro che siano a ciò espressamente delegati, anche in forma orale, purchè tale loro qualità sia desumibile dalla natura dei rapporti o delle relazioni intercorrenti fra il presentatore e il sottoscrittore dell’atto. Il pubblico ministero, dunque, può avvalersi di tale disposizione dando incarico a persona addetta al suo ufficio la quale, fungendo da mero tramite materiale ai fini della presentazione dell’atto nella cancelleria del giudice competente, non necessita un formale atto di delega, atteso il rapporto di "immedesimazione organica" per cui l’attività materiale del dipendente, nell’ambito delle funzioni demandate all’ufficio di cui fa parte, non può che essere ricondotta a disposizioni impartite dal titolare dell’ufficio stesso o da chi ne fa le veci (la casistica da conto di fattispecie in cui il Procuratore della Repubblica aveva dato incarico a un autista addetto all’ufficio: v. Cass. Sez. 6, sent. 7 luglio 2006, Sicuranza e altri;

Cass. Sez. 2, sent. 12 giugno 2002, n. 35345, Cordella; Cass. Sez. 5 sent. 21 ottobre 1998, n. 12754, Trimarco; Cass. Sez. 6, Sent.

26/02/1997, n. 4947 Musca e altro).

Riguardo all’ipotesi disciplinata dall’art. 583 c.p.p., comma 1, anche quando parte impugnante sia il pubblico ministero, la giurisprudenza di questa Corte è nel senso dell’inderogabilità della spedizione dell’atto di impugnazione a mezzo di raccomandata o telegramma, tanto da escludere – con la sola eccezione di Sez. 2A, 8 gennaio 1991, n. 16, ric. Calla- la utilizzazione, anche da parte della pubblica accusa, di strumenti di trasmissione diversi, come telescrivente e telefax, i quali, pur garantendo la ricezione dell’atto di impugnazione non sono, comunque, idonei a garantirne anche la provenienza (Cass. 14.7.1993, ric. Melis, rv. 195056; Cass. Sez. 1, 24.10.1996, n. 5530, ric. Patacca; Cass. 16 novembre 1999, ric. Carbone, rv. 215020; Cass. Sez. 4, Sentenza 1.6.2000, n.3265;

Cass. Sez. 6, 22.10.2001, n. 42473, ric. Derwishi;; Cass. Sez. 1, Sent. 07/11/2001, n.45711; Cass. Sez. 2, Sent. 20/11/2003, n. 48234, imp. Flammia; Cass. Sez. 4, sent. 27/10/2004, n.47959 ric. lannello;

Cass. Sez. 1, sent. 4.4.2006, n. 16776, ric. PG in proc. Cozza e altro). Dunque la generale disciplina dettata dagli artt. 582 e 583 c.p.p., come sopra esaminata, e salve le particolari forme contemplate dall’art. 123 c.p.p., per chi si trovi in stato di detenzione, prevede che ogni atto di impugnazione deve essere presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato oppure deve essere spedito alla stessa cancelleria, con modalità e forme particolari atte a garantire non solo la ricezione, ma anche e soprattutto, l’autenticità della provenienza.

2.3.- Da un punto di vista tecnico-sistematico, il "presentare" un’impugnazione si distingue dallo "spedire" un’impugnazione ed al fine di stabilire se l’impugnazione stessa sia rituale, perchè solo così è validamente instaurato primo momento processuale di introduzione del giudizio, è indispensabile poter verificare se la proposizione dell’atto di gravame sia avvenuta con le forme dell’art. 582 c.p.p., comma 1, ovvero con quelle disciplinate dall’art. 583 c.p.p., comma 1.

Nel caso di specie, trattandosi di doglianza relativa ad errore in "procedendo", la Corte ha provveduto alla disamina degli atti ed è risultato che sull’atto di appello del pubblico ministero è apposto un timbro della cancelleria del giudice a quo, ove cancellata la dicitura "depositato", è presente la dicitura "pervenuto" con l’indicazione, manoscritta, della data del 14.11.2009 ed una firma;

è pure allegata una busta gialla, priva di affrancatura, con recante l’indirizzo Tribunale del Riesame.

La mancanza di qualunque indicazione sulle modalità con le quali l’atto di appello è "pervenuto" alla cancelleria del giudice a quo, posto che la dicitura adoperata, esclusa con esplicita cancellatura la modalità del deposito, lascia il più ampio margine di ipotizzabilità in ordine ai modi attraverso i quali il recapito possa essere avvenuto e, di conseguenza, non consente di ritenere che sia stata realmente assicurata, oltre alla ricezione, anche e soprattutto, l’autenticità della provenienza dell’atto medesimo.

Di certo l’impugnazione non è stata spedita per raccomandata o con telegramma, di ciò non vi è riscontro in atti, ma non può neppure presumersi che sia stata presentata dal pubblico ministero personalmente o da un addetto al suo ufficio a ciò, anche implicitamente, incaricato. Deve in proposito essere rilevato che seppure è principio acquisito alla giurisprudenza di legittimità che "Non è causa di inammissibilità dell’impugnazione proposta dal pubblico ministero il fatto che, in sede di attestazione dell’avvenuta presentazione del gravame, sia stata omessa, da parte del pubblico ufficiale addetto alla ricezione, l’indicazione, prevista dall’art. 582 c.p.p., comma 1, della persona che ha provveduto alla presentazione stessa, quando la chiara intestazione dell’atto di impugnazione, non lascia dubbi circa l’avvenuta identificazione di detta persona" (Cass. Sez. 1, sent. 2.4.1992 n. 1448, Liberati; Cass. Sez. 2, sent. 11 4. 2000 n. 2017, Mannuccia; e da ultimo Cass. Sez. 5, sent. 25.5.2006, n. 506, Genovese e altri;

Cass. Sez. 1, sent. 5.11.2009 n. 46171, Tancredi) è anche principio recepito che, pur in presenza di atto recante l’intestazione dell’ufficio della procura della repubblica, non qualunque modalità di invio o presentazione debba ritenersi conforme a legge o, comunque, tale da assicurare certezza circa l’autenticità dell’atto e la riconducibilità del medesimo a soggetto che abbia il diritto di interporre gravame (in questo senso Cass. Sez. 5, sent. 2.7.2008, n. 42064, De Alexandris; nonchè le già citate: Cass. 14.7.1993, ric. Melis, rv. 195056; Cass. Sez. 1, 24.10.1996, n. 5530, ric. Patacca;

Cass. 16.11. 1999, ric. Carbone, rv. 215020; Cass. Sez. 4, Sentenza 1.6.2000, n.3265; Cass. Sez. 6, sent.22.10.2001, n. 42473, ric. Derwishi;; Cass. Sez. 1, Sent. 7.11.2001, n.45711; Cass. Sez. 2, Sent. 20.11.2003, n. 48234, imp. Flammia; Cass. Sez. 4, sent.

27.10.2004, n.47959 ric. Iannello; Cass. Sez. 1, sent. 4.4.2006, n. 16776, ric. PG in proc. Cozza e altro).

Nel caso in esame neppure è dato stabilire se vi sia stata "presentazione" dell’atto di impugnazione presso la cancelleria del giudice a quo, art. 582 c.p.p., comma 1, ovvero l’atto sia stato inviato, o anche spedito, e sia, quindi, pervenuto a quell’ufficio con mezzo diverso da quelli tassativamente indicati dall’art. 583 c.p.p., comma 1.

L’impossibilità di stabilire l’osservanza delle forma prescritte, finalizzate a garantire l’autenticità dell’atto e la legittimità della sua presentazione, rende inammissibile l’appello del pubblico ministero; ne consegue che l’ordinanza 21.12.2009 del Tribunale di Torino-Sezione del Riesame, pronunciata a seguito dell’appello inammissibile, deve essere annullata.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata e dichiara inammissibile l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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