Corte Costituzionale, Sentenza n. 118 del 2012, sulla nota del ministero delle Finanze in merito al Patto di stabilità 2011

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 20 del 16-5-2012

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito
della nota del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento
della Ragioneria generale dello Stato del 7 giugno 2011, n. 50971,
avente ad oggetto: «Patto di stabilita’ interno per l’anno 2011.
Proposta di accordo per la Regione Sardegna», promosso dalla Regione
autonoma Sardegna, con ricorso notificato il 5 agosto 2011,
depositato in cancelleria il 19 agosto 2011, ed iscritto al n. 8 del
registro conflitti tra enti 2011.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 14 febbraio 2012 il Giudice
relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna
e l’avvocato dello Stato Barbara Tidore per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato in data 5 agosto 2011, la Regione
autonoma Sardegna ha sollevato conflitto di attribuzione nei
confronti del Ministro dell’economia e delle finanze in relazione
alla Nota del Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento
della Ragioneria generale dello Stato del 7 giugno 2011, n. 50971,
avente ad oggetto: «Patto di stabilita’ interno per l’anno 2011.
Proposta di accordo per la Regione Sardegna», a firma del Ragioniere
generale dello Stato, con la quale, al fine di addivenire al
perfezionamento dell’accordo per il patto di stabilita’ interno del
2011, si invitava la Regione autonoma Sardegna «a voler rivedere la
propria proposta di accordo, corredata della tabella riepilogativa
indicante i limiti di spesa sia in termini di competenza che di
cassa».
1.1. – La ricorrente espone che con la suddetta nota la
Ragioneria generale dello Stato aveva respinto la proposta della
Regione autonoma Sardegna, datata 30 marzo 2011, prot. n. 2489, a
firma del Presidente della Regione, indirizzata al Ministro
dell’economia e delle finanze ed al Dipartimento della Ragioneria
generale dello Stato, ai fini del raggiungimento dell’accordo di cui
all’art. l, comma 132, della legge 13 dicembre 2010, n. 220
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge di stabilita’ 2011) che cosi’ dispone: «Per gli
esercizi 2011, 2012 e 2013, le regioni a statuto speciale, escluse la
regione TrentinoAlto Adige e le province autonome di Trento e di
Bolzano, concordano, entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente,
con il Ministro dell’economia e delle finanze il livello complessivo
delle spese correnti e in conto capitale, nonche’ dei relativi
pagamenti, in considerazione del rispettivo concorso alla manovra,
determinato ai sensi del comma 131. A tale fine, entro il 30 novembre
di ciascun anno precedente, il presidente dell’ente trasmette la
proposta di accordo al Ministro dell’economia e delle finanze. Con
riferimento all’esercizio 2011, il presidente dell’ente trasmette la
proposta di accordo entro il 31 marzo 2011. In caso di mancato
accordo, si applicano le disposizioni stabilite per le regioni a
statuto ordinario».
Il comma 131 dello stesso articolo recita a sua volta: «La
ripartizione del concorso alla manovra finanziaria delle regioni a
statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, di
cui all’articolo 14, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
2010, n. 122, e’ determinata, per ciascuno degli anni 2011, 2012 e
2013, secondo le modalita’ indicate nella tabella 1 allegata alla
presente legge».
La Regione autonoma Sardegna, nella propria proposta, dopo aver
premesso che, al fine di correggere le modalita’ di calcolo delle
quote di compartecipazione che l’avevano penalizzata in passato, era
stato concordato tra Stato e Regione la revisione del regime
finanziario regionale (disposta dall’art. 1, comma 834, della legge
27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria
2007»), osservava che la piena attuazione di tale nuovo regime
avrebbe richiesto che il relativo innalzamento del livello delle
entrate fosse accompagnato da un equo adeguamento del livello di
spesa. La Regione rammentava che gia’ in passato aveva proposto un
aumento graduale del livello degli impegni e dei pagamenti rilevanti
ai fini del rispetto del patto di stabilita’, sebbene poi, nello
spirito di leale collaborazione ed in considerazione della grave
crisi economica che stava attraversando il Paese, avesse
responsabilmente deciso di concordare, anche per il 2010, un livello
di spesa non corrispondente all’accresciuto livello delle proprie
risorse.
Richiamato il peculiare meccanismo dell’intesa disciplinato del
predetto art. l, comma 132, della legge n. 220 del 2010, proponeva in
definitiva che nel 2011 il livello complessivo degli impegni e dei
pagamenti del Titolo I e del Titolo II del bilancio regionale fosse
pari all’obiettivo programmatico 2010 ricalcolato e ridotto dello 0,9
per cento ed ulteriormente diminuito del contributo di cui all’art.
l, comma 131, della legge di stabilita’ del 2011 a carico della
Regione autonoma Sardegna pari ad euro 76.689.835, al netto di alcune
voci di spesa, e, correlativamente, che il livello degli impegni del
2011 venisse fissato in euro 3.796.000.000, nonche’ che il livello
dei pagamenti del 2011 fosse incrementato, a parziale adeguamento
dello strutturale innalzamento del livello delle entrate, di euro
400.000.000 e che pertanto lo stesso fosse conclusivamente
determinato in euro 3.510.000.000.
1.2. – La Ragioneria generale dello Stato dava riscontro a tale
proposta di accordo in data 7 giugno 2011, con la nota oggetto
dell’odierno conflitto. In essa si rispondeva, con particolare
riguardo alla richiesta regionale di aumentare di euro 400.000.000 il
limite dell’obiettivo programmatico per i pagamenti per l’anno 2011,
che si prendeva atto che la Regione autonoma, in considerazione
dell’aumento del livello delle entrate, conseguente alla modifica
statutaria, aveva ritenuto indispensabile un parallelo innalzamento
dei tetti di spesa stabiliti dal patto di stabilita’ interno, « […]
che fanno ancora riferimento ai livelli di spesa del 2005».
Nondimeno, proseguiva la Ragioneria generale dello Stato, « […] pur
non sottovalutando le aspettative che la piena entrata a regime del
nuovo ordinamento finanziario puo’ aver indotto sulle maggiori
potenzialita’ di spesa regionale si fa presente che il quadro
macroeconomico di finanza pubblica non ha scontato alcun effetto in
termini di maggior spesa per cui l’accoglimento della richiesta
regionale necessita di un intervento legislativo volto ad individuare
la corrispondente compensazione finanziaria in termini di fabbisogno
e di indebitamento netto. Pertanto, in assenza di una disposizione
legislativa che preveda misure compensative a favore della Regione
Sardegna, si rappresenta che, in sede tecnica, non sussistono margini
per un ampliamento del livello dei pagamenti».
Conclusivamente, la Ragioneria generale dello Stato invitava la
Regione autonoma Sardegna, «al fine di addivenire al perfezionamento
dell’accordo per il patto di stabilita’ interno 2011», a «voler
rivedere la propria proposta di accordo, corredata della tabella
riepilogativa indicante i limiti di spesa sia in termini di
competenza che di cassa, sulla base delle osservazioni sopra
esposte».
2. – La Regione autonoma Sardegna, promuovendo l’odierno
conflitto, si duole quindi che con tale nota lo Stato abbia leso le
proprie attribuzioni costituzionali per la violazione del principio
di leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni, di cui agli artt.
5, 117 e seguenti della Costituzione, anche in combinato disposto con
gli artt. 3, 7, 8 e 54 della legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e in riferimento altresi’
all’art. l, comma 132, della legge n. 220 del 2010.
Lamenta inoltre la violazione della propria autonomia finanziaria
in riferimento ai medesimi parametri.
Espone in proposito la Regione ricorrente che l’art. l, comma
132, della legge n. 220 del 2010, dando applicazione al principio
costituzionale della leale collaborazione (desumibile, fra l’altro,
dagli artt. 5, 117, e seguenti Cost.) ed a quello dell’autonomia
finanziaria delle Regioni ad autonomia speciale (sancito, per la
Regione autonoma Sardegna, dall’art. 7 dello statuto e dall’art. 119
Cost.), fissa il fondamentale criterio dell’accordo nella
determinazione della misura del concorso rispettivo dello Stato e
delle Regioni ad autonomia speciale alla manovra
economico-finanziaria, con particolare riferimento alla misura delle
spese e dei pagamenti. Se dunque non e’ in contestazione «il potere
del legislatore statale di imporre agli enti autonomi, per ragioni di
coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali,
condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche
di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in
limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti» (sentenza di
questa Corte n. 82 del 2007), e che, «in via transitoria e in vista
degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica
perseguiti dal legislatore statale», possono anche imporsi limiti
complessivi alla crescita della spesa corrente degli enti autonomi
(sentenza di questa Corte n. 36 del 2004), ed altresi’ che tali
vincoli devono ritenersi applicabili anche alle autonomie speciali,
in considerazione dell’obbligo generale di partecipazione di tutte le
Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all’azione di
risanamento della finanza pubblica (si fa riferimento alle sentenze
n. 416 del 1995 e, successivamente, n. 417 del 2005 e n. 353, n. 345
e n. 36 del 2004), nondimeno, tale potere deve essere contemperato e
coordinato con la speciale autonomia in materia finanziaria di cui
godono le predette Regioni, in forza dei loro statuti. Il metodo
dell’accordo tra le Regioni a statuto speciale ed il Ministero
dell’economia e delle finanze per la determinazione delle spese
correnti ed in conto capitale, nonche’ dei relativi pagamenti,
introdotto per la prima volta dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449
(Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), ed in seguito
dall’art. 28, comma 15, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure
di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), e
riprodotto in tutte le leggi finanziarie successivamente adottate,
fino alla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2007), deve considerarsi espressione della descritta
autonomia finanziaria e del contemperamento di tale principio con
quello del rispetto dei limiti alla spesa imposti dal cosiddetto
patto di stabilita’ (in base alla sentenza n. 353 del 2004),
consentendo esso di rispettare l’autonomia finanziaria degli enti
dotati di autonomia speciale.
Sulla scorta di tali considerazioni, ritiene la ricorrente che
l’atto statale impugnato, rigettando la proposta della Regione
autonoma Sardegna ed "invitando" quest’ultima a ritirarla ed a
formularne un’altra, in realta’ non fosse altro che una vera e
propria imposizione e quindi che costituisca una violazione dei
coordinati principi della leale collaborazione e dell’autonomia
finanziaria delle Regioni speciali. Con la suddetta nota – si
prosegue – lo Stato avrebbe negato in radice la possibilita’ di
accogliere la proposta regionale e si sarebbe sottratto al confronto,
assumendo la propria posizione come la sola plausibile. Ne’, secondo
la Regione, avrebbe fondamento l’obiezione della Ragioneria generale
dello Stato che evidenziava l’inesistenza di previe leggi
soddisfattive degli interessi della Regione, in quanto – si obietta –
il processo negoziato di determinazione dei contenuti del patto di
stabilita’ interno comporta l’adozione sia di atti amministrativi che
di atti legislativi, come dimostra anche il decreto-legge 6 luglio
2011, n. 98, (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio
2011, n. 111, che, pur non avendo a sua volta tenuto conto di quanto
previsto dall’art. 8 dello Statuto della Regione autonoma Sardegna,
all’art. 20 ha definito le procedure di determinazione del nuovo
patto di stabilita’ interno e il concorso delle Regioni al patto in
termini di fabbisogno e di indebitamento netto. Quindi, prosegue la
ricorrente, la natura, amministrativa o legislativa, degli atti
determinativi del contenuto del patto non potrebbe avere in realta’
alcun rilievo, poiche’ il principio dell’accordo deve essere comunque
rispettato. In ogni caso, al di la’ di quanto osservato in generale
sul procedimento di definizione dei contenuti del patto di
stabilita’, nel caso specifico della definizione dei livelli delle
spese e dei pagamenti delle Regioni ad autonomia speciale, ai sensi
dell’art. l, comma 132, della legge n. 220 del 2010,
l’intermediazione legislativa – al fine della determinazione del
tetto di spesa delle Regioni ad autonomia speciale – non sarebbe
necessaria, poiche’, come risulta dalla stessa lettera della norma di
legge, cio’ che e’ necessario e sufficiente e’ il semplice accordo
tra la Regione ed il Ministro dell’economia e delle finanze.
Evidenzia inoltre la ricorrente che l’art. 8 dello statuto della
Regione autonoma Sardegna, come novellato (ai sensi dell’art. 54
dello statuto) dall’art. l, comma 834, della legge n. 296 del 2006,
nell’individuare quali siano le entrate regionali declina un regime
finanziario ben piu’ favorevole di quello precedente (introdotto
dall’art. l della legge 13 aprile 1983, n. 122, recante «Norme per il
coordinamento della finanza della regione Sardegna con la riforma
tributaria e finanziamento del decreto del Presidente della
Repubblica 7 giugno 1979, n. 259, e del decreto del Presidente della
Repubblica 19 giugno 1979, n. 348; e disposizioni in materia
finanziaria per la regione Friuli-Venezia Giulia»), determinando un
aumento delle entrate regionali. Nondimeno, si prosegue, tali entrate
non sono state ancora formalmente quantificate ne’ conferite alla
Regione. Cio’ non toglie, pero’, che esse siano statutariamente
previste e che, nel procedimento di leale costruzione dell’accordo
previsto dall’art. l, comma 132, della legge n. 220 del 2010, di tali
entrate lo Stato doveva tenerne conto. Non avendolo fatto, lo Stato
avrebbe cosi’ determinato una violazione specificamente qualificata
degli invocati principi di leale collaborazione e di autonomia
finanziaria delle Regioni a statuto speciale, con incidenza anche
sull’assolvimento dei compiti spettanti in particolare alla Regione
autonoma Sardegna (ivi compresi quelli di sua esclusiva competenza,
ai sensi dell’art. 3 dello stesso statuto), assolvimento cui
l’incremento delle entrate disposto dalla novella statutaria era
funzionale.
Risulterebbe violato altresi’, in tal modo, anche l’art. 54 dello
statuto. Esso, infatti, non consente deroghe all’art. 8 dello statuto
medesimo (e comunque alle norme di cui al Titolo III) neppure al
legislatore statale, che puo’ soltanto modificarlo, ma sempre e
solamente dopo aver sentito la Regione.
2.1. – La ricorrente lamenta l’ulteriore violazione dei principi
di leale collaborazione e di autonomia finanziaria della Regione
autonoma Sardegna con riguardo all’art. 8 dello statuto, come da
ultimo modificato, ai sensi del successivo art. 54, dall’art. l,
comma 834, della legge n. 296 del 2006, anche in riferimento agli
artt. 3 e 7 del medesimo statuto, al principio di ragionevolezza di
cui all’art. 3 Cost. ed agli artt. 81, quarto comma, 114, 117, terzo
comma, 118 e 119 Cost.
Secondo la Regione la nota in questione, avendo respinto la
proposta di patto di stabilita’ da essa formulata, invitandola a
mantenere le spese regionali rilevanti ai fini del patto di
stabilita’ al livello precedente alla modifica dell’art. 8 dello
statuto, avrebbe imposto alla Regione di proporre un’ipotesi di
accordo che mantenesse fermo il livello delle entrate relativo
all’esercizio di bilancio 2005, livello al quale e’ ancora
attualmente parametrato il tetto di spesa stabilito dal patto di
stabilita’. In tal modo, lo Stato avrebbe leso la sfera
dell’autonomia costituzionalmente attribuita alla Regione autonoma
Sardegna.
La ricorrente rammenta che, proprio in seguito al riconoscimento
da parte dello Stato della palese insufficienza del quadro
finanziario delle entrate regionali, si era addivenuti alla seconda
modifica all’art. 8 dello statuto, disposta appunto con la legge n.
296 del 2006. Parimenti, anche la stessa nota impugnata, sia pur con
evidente contraddizione, aveva ammesso l’incoerenza del quadro
attuale delle entrate e delle spese regionali con la previsione
statutaria. Essa quindi risulta censurabile anche in riferimento al
principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., per l’intima
contraddittorieta’ che l’affligge. Sottraendosi al leale confronto
con la Regione, lo Stato avrebbe anche violato direttamente l’art. 8
dello statuto. Tale norma ha determinato un aumento delle entrate
regionali del quale lo Stato doveva tenere conto nel corso del
procedimento di cui all’art. l, comma 132, della legge n. 220 del
2010. La proposta della Regione, infatti, intendeva ottenere
unicamente l’applicazione della ricordata previsione statutaria,
oltretutto a diversi anni di distanza dalla sua entrata in vigore e
in un momento in cui l’ulteriore differimento dell’applicazione dello
statuto non era piu’ sopportabile, tenuto conto del fatto che il
meccanismo stesso del patto di stabilita’ determina, anno dopo anno,
un aggravamento del sacrificio in capo alle autonomie. La proposta
regionale, quindi, prosegue la ricorrente, dava esplicitamente conto
del fatto che detta applicazione sarebbe stata solo parziale, perche’
la stessa Regione autonoma Sardegna si era fatta carico delle
esigenze di contenimento della spesa pubblica (in piena osservanza –
dunque – dei principi affermati nella sentenza della Corte
costituzionale n. 82 del 2007), mentre emergeva la necessita’ di
adeguare il quadro statutario alla mutata realta’
economico-finanziaria di riferimento. Tale aspetto, si evidenzia,
confermerebbe ulteriormente l’illegittimo aprioristico rifiuto di un
confronto sul punto da parte dell’amministrazione statale, che, cosi’
facendo, avrebbe invaso e compromesso la sfera dell’autonomia
regionale. Se dunque l’incremento delle entrate allora disposto con
la legge n. 296 del 2006 aveva la funzione di rimediare ad una
conclamata insufficienza del quadro finanziario previgente,
inadeguato al soddisfacimento delle esigenze regionali sul versante
della spesa, con la proposta di adeguamento dei livelli di spesa
respinta dallo Stato la Regione non avrebbe fatto altro che reclamare
la semplice applicazione del nuovo quadro statutario, senza mettere
in discussione il principio generale della corrispondenza fra le
spese e le entrate, fissato in primo luogo dall’art. 81, quarto
comma, Cost., laddove si dispone che ogni legge che importi nuovi o
maggiori oneri deve indicare i mezzi per farvi fronte. Tale
principio, prosegue la ricorrente, vive in una serie di corollari, e
tra di essi v’e’ la regola per cui, nell’esercizio delle proprie
funzioni in materia di coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario, lo Stato non puo’ determinare livelli di spesa
regionale che siano incoerenti con l’ammontare delle entrate.
Rigettando la proposta formulata, la Ragioneria generale in sostanza
avrebbe impedito alla Regione autonoma Sardegna, oltre alle esigenze
sottese al patto di stabilita’, di utilizzare le risorse pur tuttavia
garantite dallo statuto regionale, determinando una violazione
dell’autonomia finanziaria e legislativa garantita alla Regione,
oltre che dall’art. 7 dello statuto, dagli artt. 117, terzo comma, e
119, secondo comma, Cost., nella parte in cui attribuiscono alle
Regioni competenza legislativa concorrente nella materia
dell’armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario
2.1.1. – Per quanto concerne la lamentata lesione dell’art. 117,
terzo comma, Cost., secondo la ricorrente esso risulterebbe violato
sotto due distinti profili. In primo luogo, il fatto che la Regione
autonoma Sardegna non possa addivenire all’accordo di cui all’art. l,
comma 132, della legge n. 220 del 2010, determinera’ la
sottoposizione dell’Ente alla piu’ rigida disciplina dettata per le
Regioni a Statuto ordinario, trasformandosi in un’ingiustificata
compressione della competenza legislativa nelle materie sopra citate.
In secondo luogo, poiche’ la mancata considerazione delle entrate
previste dall’art. 8 dello statuto impedirebbe alla Regione di
legiferare potendone tenere, invece, conto.
2.1.2. – Relativamente alla denunciata lesione degli artt. 3 e 7
dello statuto, e degli artt. 118 e 119 Cost., la Regione assume che,
poiche’ il nuovo regime finanziario era ed e’ funzionale
all’assolvimento delle funzioni regionali, non nuove ma gia’ in
essere, la nota in questione avrebbe violato le suddette disposizioni
statutarie e costituzionali laddove esse, affidando alla Regione
specifiche competenze, anche in via esclusiva (art. 3 dello statuto),
garantiscono l’esercizio di tali funzioni (artt. 114, comma 2, e 118,
primo e secondo comma, Cost.), assicurando (secondo quanto gia’
affermato dalla sentenza di questa Corte n. 370 del 2003)
l’adeguatezza della copertura delle spese necessarie (art. 119,
quarto comma, Cost.), nel rispetto dell’autonomia finanziaria
regionale (artt. 7 dello statuto e 119, primo comma, Cost.).
2.2. – La ricorrente si duole infine della violazione degli artt.
7 e 8 dello statuto, anche in combinato disposto con il principio di
ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. Dall’art. 8, come da ultimo
modificato (ai sensi dell’art. 54 dello statuto medesimo) dall’art.
l, comma 834, della legge n. 296 del 2006, deriverebbe il principio
della necessaria corrispondenza tra le entrate e le spese della
Regione. Tale principio, afferma la ricorrente, implica non solo,
letto dal versante delle entrate, la necessita’ di copertura
finanziaria delle funzioni conferite, ma anche, considerato dal
versante della spesa, la piena autonomia nella disposizione, da parte
della Regione, delle risorse statutariamente attribuite. La
necessita’ di tale conclusione sarebbe confermata, peraltro, dalla
lettura combinata dell’art. 8 con il disposto del precedente art. 7
(giusta il quale «la Regione ha una propria finanza, coordinata con
quella dello Stato, in armonia con i principi della solidarieta’
nazionale, nei modi stabiliti dagli articoli seguenti»). In questa
prospettiva, si osserva che in ossequio al generale principio di
ragionevolezza, di cui all’art. 3 Cost., la garanzia per la Regione
di una "finanza propria", da "coordinare" con quella dello Stato (e
non derivata dalle rispettive determinazioni), non avrebbe senso, se
non fosse al contempo garantita alla stessa una capacita’ di spesa
corrispondente all’ammontare delle risorse in entrata. Il principio
del finanziamento integrale delle funzioni comporta infatti, da un
lato, che le risorse garantite alle Regioni debbano essere tali da
«finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite»
(come stabilito all’art. 119, terzo comma, Cost.); dall’altro, e
necessariamente, che l’esercizio delle funzioni loro attribuite non
possa essere condizionato da vincoli etero-determinati alla capacita’
di spesa. Se non e’ garantita la piena ed effettiva autonomia di
spesa, resterebbe priva di significato l’astratta attribuzione delle
corrispondenti risorse.
Rammenta in proposito la Regione che la necessita’ di una tale
conclusione, alla luce del principio di ragionevolezza, e’ gia’ stata
riconosciuta dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 245 del
1984, nella quale e’ stata dichiarata l’illegittimita’ di alcune
disposizioni della legge finanziaria per il 1984 che imponevano alle
Regioni oneri di vario genere senza corrispondente attribuzione di
risorse. In quella decisione la Corte costituzionale aveva ritenuto
necessario "rileggere la motivazione" svolta dalla sentenza n. 307
del 1983, ricordando che «gia’ in quell’occasione, la Corte ha
ritenuto che l’imporre alle Regioni obblighi del genere contrasti
anzitutto con cio’ che la Costituzione prescrive nel secondo comma
dell’art. 119, ossia che le Regioni dispongano di "tributi propri"
(oltre che di "quote di tributi erariali"), per fronteggiare
autonomamente "le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni
normali" e che le Regioni posseggono "autonomia finanziaria
considerata sul versante delle uscite"».
In tal modo, la Regione non pretenderebbe di affermare che le
risorse e le spese di cui all’art. 8 dello statuto si possano
sottrarre alla considerazione delle esigenze connesse al patto di
stabilita’, ma che l’accordo connesso al patto debba necessariamente
tenere conto anche di quelle risorse e di quelle spese, la cui
eventuale limitazione deve essere determinata nel contesto del
procedimento dialogico e collaborativo di cui all’art. l, comma 132,
della legge n. 220 del 2010.
2.3. – Conclusivamente, la Regione autonoma Sardegna chiede che
la Corte costituzionale dichiari che non spettava allo Stato, e per
esso alla Ragioneria generale dello Stato, adottare, in violazione
del principio di leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni,
dell’autonomia finanziaria della Regione autonoma Sardegna, degli
artt. 3, 7, 8 e 54 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3
(Statuto speciale per la Sardegna), nonche’ degli artt. 3, 5, 81,
quarto comma, 114, secondo comma, 117, 118, primo e secondo comma, e
119 Cost., anche in riferimento all’art. 1, comma 132, della legge n.
220 del 2010, la nota del Ministero dell’economia e delle finanze,
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato
generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni, ufficio
VIII, 7 giugno 2011, protocollo n. 50971, avente ad oggetto «Patto di
stabilita’ interno per l’anno 2011. Proposta di accordo per la
Regione Sardegna», a firma del Ragioniere generale dello Stato, con
la quale, «al fine di addivenire al perfezionamento dell’accordo per
il patto di stabilita’ interno 2011», la Regione autonoma Sardegna e’
stata invitata «a voler rivedere la propria proposta di accordo,
corredata della tabella riepilogativa indicante i limiti di spesa sia
in termini di competenza che di cassa, sulla base delle osservazioni
sopra esposte». Conseguentemente, chiede altresi’ che essa venga
annullata.
3. – Si e’ ritualmente costituito il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che in via preliminare ha eccepito l’inammissibilita’ del
conflitto.
Deduce il Presidente del Consiglio dei ministri che la nota della
Ragioneria generale non esprimeva la volonta’ dello Stato di
affermare una propria competenza in ambito teoricamente riservato
alla Regione. Difetterebbe pertanto il presupposto essenziale per la
stessa configurabilita’ astratta di un conflitto. Secondo la difesa
erariale, sia le obiezioni in diritto che l’invito a rivedere le
proprie posizioni, lungi dal porsi in contrasto con la logica
dell’accordo e della leale collaborazione, ne esprimono anzi lo
spirito in modo particolarmente fedele.
Ne risulterebbe in sostanza un "non perfezionamento" dell’accordo
che il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene del tutto
fisiologico, perche’ transitorio e rimesso all’ulteriore confronto
tra le parti. Diversamente opinando si dovrebbe ritenere che una
delle parti sia tenuta ad accettare immediatamente la proposta
iniziale dell’altra.
Nella nota, insomma, non sarebbe dato rinvenire alcuna sorta di
imposizione o presa di posizione in senso preclusivo al
raggiungimento su base consensuale. Lo Stato quindi non avrebbe
esorbitato dalle proprie prerogative istituzionali, specificamente
esercitando la propria competenza in materia di coordinamento della
finanza pubblica.
Ne’ potrebbe sostenersi che l’attuazione del coordinamento
escluda, in quanto tale, l’operativita’ di vincoli all’autonomia
dell’Ente locale, essendo al riguardo stato chiarito, sostiene ancora
l’Avvocatura, che «Nell’esercizio del potere di coordinamento della
finanza pubblica nel suo complesso e in vista di obiettivi nazionali
di stabilizzazione finanziaria, non puo’ escludersi che lo Stato, in
pendenza di trattative finalizzate al raggiungimento dell’accordo,
possa imporre qualche limite, anche alle Regioni speciali, senza con
cio’ ledere l’autonomia finanziaria e di spesa delle Regioni stesse
(sentenza n. 353 del 2004)». In presenza di una comunicazione
meramente interlocutoria come quella oggetto del presente conflitto,
non troverebbero, dunque, applicazione i principi espressi nella
sentenza n. 82 del 2007 di questa Corte, richiamata dalla ricorrente.
Con riguardo alla censura consistente nell’aver lo Stato
trascurato di considerare le maggiori entrate previste dall’art. 8
dello statuto della Regione autonoma Sardegna, cosi’ come modificato
dall’art. 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006, circostanza che
avrebbe legittimato un corrispondente aumento dei livelli di spesa,
osserva la difesa erariale che «i commi 838 ed 839 dell’art. l della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, mentre hanno indicato la copertura
finanziaria per i maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato
conseguenti alla revisione dell’ordinamento finanziario regionale,
non hanno individuato la copertura in termini di indebitamento netto,
sul presupposto che le spese della Regione sarebbero state contenute
nell’ambito dei vincoli del patto di stabilita’ interno. Ne consegue
che la pretesa di aumentare l’entita’ delle spese in correlazione con
l’avvenuto aumento delle entrate non e’, allo stato della
legislazione vigente, assistita dalla necessaria copertura
finanziaria in termini di fabbisogno e di indebitamento netto».
Muovendo da tale assunto, andrebbe quindi inteso il richiamo,
nella nota della Ragioneria, alla necessita’ di un intervento
legislativo che fornisca gli strumenti adeguati a garantire il
necessario equilibrio dei saldi di finanza pubblica. Posto che
l’assoggettamento al quadro normativo condiziona in pari misura sia
la Regione che lo Stato, in ossequio al principio per cui «in materia
di controlli di spese delle Regioni ad autonomia speciale il metodo
dell’accordo deve risultare compatibile con il rispetto degli
obiettivi del patto di stabilita’ della cui salvaguardia anche le
Regioni speciali devono farsi carico» (sentenza n. 82 del 2007
citata, punto 7 del Considerato in diritto), la difesa erariale
conclude ritenendo di non ravvisare elementi atti a integrare la
denunciata violazione di prerogative costituzionali, evocata nel
ricorso.
4 – Con memoria depositata in vista dell’udienza pubblica la
ricorrente evidenzia che, al di la’ del tono apparentemente innocuo
utilizzato, la nota rappresenta una vera e propria imposizione,
assolutamente non superabile dalla Regione autonoma Sardegna. In
proposito si richiama l’attenzione sull’asserzione con cui la
Ragioneria dello Stato conclude le proprie deduzioni circa la
proposta di aumento del livello dei pagamenti: «non sussistono
margini per un ampliamento del livello dei pagamenti» (pagina 3,
penultimo capoverso, della nota impugnata).
In tal modo, si osserva, la Regione autonoma Sardegna poteva solo
accettare l’imposizione statale, addivenendo ad un accordo raggiunto
con una sostanziale coercizione, oppure non accettarla e sottostare,
in questo modo, all’ipotesi dettata in via residuale dall’art. 1,
comma 132, della legge n. 220 del 2010, ossia l’applicazione delle
«disposizioni stabilite per le regioni a statuto ordinario».
Risulterebbe ancor piu’ evidente che lo Stato aveva posto sul tavolo
delle trattative una condizione pregiudiziale, di per se stessa non
trattabile, in specifica violazione del principio di leale
collaborazione. Ne’, secondo la ricorrente, avrebbe pregio l’invocata
legittimazione all’attuazione del coordinamento della finanza
pubblica, che non esclude «l’operativita’ di vincoli all’autonomia
dell’ente locale», come affermato a suo tempo dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 353 del 2004, poiche’ quella
decisione prendeva in considerazione il caso in cui lo Stato potesse
legittimamente governare con maggior incisivita’ la finanza pubblica
delle autonomie territoriali pur «in pendenza di trattative
finalizzate al raggiungimento dell’accordo» (e fu anche precisato con
il solo potere di «determinare transitoriamente i flussi di cassa»),
mentre nel caso presente si fa questione dell’indebita sottrazione
dello Stato al confronto con la Regione autonoma Sardegna in ordine
alla ricerca stessa dell’accordo, in mancanza del quale le
attribuzioni dell’Ente a statuto speciale verrebbero sacrificate a
causa dell’applicazione delle disposizioni stabilite per le Regioni a
statuto ordinario.
Con riguardo poi alle affermazioni della difesa erariale secondo
le quali la pretesa di aumentare l’entita’ delle spese in
correlazione con l’avvenuto aumento delle entrate non sarebbe, allo
stato della legislazione vigente, assistita dalla necessaria
copertura finanziaria in termini di fabbisogno e di indebitamento
netto, e che muovendo da tale assunto andrebbe inteso il richiamo,
nella nota della Ragioneria, alla necessita’ di un intervento
legislativo che fornisca gli strumenti adeguati a garantire il
necessario equilibrio dei saldi di finanza pubblica, la ricorrente
ribadisce che la determinazione dei contenuti del patto di stabilita’
e’ un procedimento complesso, che puo’ comportare l’adozione sia di
atti amministrativi che di atti legislativi, sebbene, ai sensi
dell’art. 1, comma 132, della legge n. 220 del 2010,
l’intermediazione legislativa al fine della determinazione del tetto
di spesa delle Regioni ad autonomia speciale non sarebbe necessaria,
poiche’, come risulta dalla stessa lettera della norma legislativa,
cio’ che e’ necessario e sufficiente e’ il semplice accordo tra la
Regione e il Ministro dell’economia e delle finanze.
Evidenzia, inoltre, la ricorrente che, se fosse condivisibile
l’argomentazione della difesa erariale, lo Stato sarebbe legittimato
a non adempiere ai suoi doveri di leale collaborazione dalla sola sua
inerzia, il che sarebbe a dir poco paradossale. Al contrario, il
fatto che, sebbene con l’art. 1, comma 834, della legge n. 296 del
2006, si sia riformato il regime delle entrate della Regione autonoma
Sardegna, ma le nuove entrate non siano state ancora formalmente ne’
quantificate ne’ conferite alla Regione, non potrebbe costituire
circostanza idonea ad assolvere lo Stato dall’adempimento degli
obblighi di corretta esecuzione della nuova disciplina statutaria e,
men che meno, dei doveri di leale collaborazione nella determinazione
dei contenuti del patto di stabilita’. In proposito, la ricorrente
pone in ulteriore rilievo che la medesima nota impugnata da’
espressamente conto della novita’ recata dalla riforma dell’art. 8
dello statuto della Regione («pur non sottovalutando le aspettative
che la piena entrata a regime del nuovo ordinamento finanziario puo’
aver indotto sulle maggiori potenzialita’ di spesa regionale […]»),
manifestando in questo modo la piena consapevolezza della grande
novita’ dell’intervenuta modifica dello statuto sardo, ma allo stesso
tempo anche la pervicace volonta’ di non tenerne conto.
5. – All’udienza pubblica le parti hanno illustrato ed
ulteriormente ribadito le argomentazioni gia’ rassegnate in atti.

Considerato in diritto

1. – Con ricorso notificato il 5 agosto 2011 la Regione autonoma
Sardegna ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti del
Presidente del Consiglio dei ministri.
La ricorrente chiede che la Corte costituzionale dichiari che non
spettava allo Stato, e per esso al Ministero dell’economia e delle
finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (RGS),
adottare la nota 7 giugno 2011, n. 50971, avente ad oggetto «Patto di
stabilita’ interno per l’anno 2011 – Proposta di accordo per la
Regione Sardegna», con la quale, «al fine di addivenire al
perfezionamento dell’accordo per il patto di stabilita’ interno
2011», la Regione stessa e’ stata invitata «a voler rivedere la
propria proposta di accordo, corredata della tabella riepilogativa
indicante i limiti di spesa sia in termini di competenza che di
cassa, sulla base delle osservazioni sopra esposte».
Secondo la Regione autonoma Sardegna, l’atto impugnato violerebbe
gli articoli 3, 5, 81, quarto comma, 114, secondo comma, 117, 118,
primo e secondo comma, 119 della Costituzione, nonche’ gli artt. 3,
7, 8, 54 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto
speciale per la Sardegna), sotto il profilo dei principi di leale
collaborazione, di autonomia finanziaria delle Regioni a statuto
speciale, di potesta’ concorrente regionale in tema di coordinamento
della finanza pubblica e di copertura delle spese.
L’Avvocatura dello Stato ha eccepito, in via preliminare,
l’inammissibilita’ del conflitto per difetto del presupposto
essenziale inerente alla configurabilita’ astratta dello stesso: la
nota della Ragioneria generale non esprimerebbe la volonta’ dello
Stato di affermare una propria competenza in ambito teoricamente
riservato alla Regione. Il mancato perfezionamento dell’accordo
sarebbe del tutto fisiologico, perche’ transitorio e rimesso
all’ulteriore confronto tra le parti.
La nota consisterebbe in una richiesta di riformulazione della
proposta regionale in termini di maggiore conformita’ al quadro
legislativo vigente in tema di patto di stabilita’ interno, in
relazione al profilo specifico della necessita’ di garantire
l’equilibrio tra fabbisogno ed indebitamento netto.
2. – L’eccezione di inammissibilita’ formulata dal Presidente del
Consiglio dei ministri e’ fondata.
Il tenore della nota della RGS non si pone in contrasto con la
ratio dell’accordo, istituto attraverso il quale il legislatore (con
l’art. 1, comma 132, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge di stabilita’ 2011»), ha voluto dare attuazione,
in questa particolare materia, al principio della leale
collaborazione.
Per questo motivo, il mancato perfezionamento dell’accordo, a
seguito del primo scambio di proposte tra le parti, appare del tutto
compatibile con il criterio del previo confronto e della progressiva
negoziazione e specificazione delle singole clausole dell’accordo
stesso tra Regione e Stato.
Una lettura corretta della nota della RGS dimostra che lo Stato
non ha inteso sottrarsi all’accordo attraverso una controproposta
chiusa al successivo confronto con la Regione, che possa intendersi
come "imposizione" o presa di posizione in senso preclusivo al
raggiungimento di un atto consensuale. Lo Stato si e’ mantenuto
nell’ambito delle proprie prerogative costituzionali, non eccedendo
dai propri poteri in materia di coordinamento della finanza pubblica.
E’ bene ricordare che l’accordo e’ lo strumento, ormai consolidato
(in quanto gia’ presente nella legge 27 dicembre 1997, n. 449,
recante «Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica» e poi
confermato da tutte le disposizioni che si sono occupate
successivamente della materia) per conciliare e regolare in modo
negoziato il doveroso concorso delle Regioni a statuto speciale alla
manovra di finanza pubblica e la tutela della loro autonomia
finanziaria, costituzionalmente rafforzata (ex plurimis sentenza n.
353 del 2004). Nel solco di questo indirizzo normativo l’art. 1,
comma 132, della 1egge n. 220 del 2010, ha stabilito che per gli
esercizi 2011, 2012 e 2013, le Regioni a statuto speciale, escluse la
Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, concordano con il Ministro dell’economia e delle finanze le
concrete modalita’ attuative del patto di stabilita’ e del concorso
alla manovra di finanza pubblica.
Il contenuto dell’accordo deve essere compatibile con il rispetto
degli obiettivi del patto di stabilita’, della cui salvaguardia anche
le Regioni a statuto speciale devono farsi carico e
contemporaneamente deve essere conforme e congruente con le norme
statutarie della Regione, ed in particolare con l’art. 8 dello
statuto modificato – per effetto del meccanismo normativo introdotto
dall’art. 54 dello statuto stesso – dall’art. 1, comma 834, della
legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007).
Quest’ultimo ha rideterminato e quantificato le entrate tributarie e
la loro misura di pertinenza della Regione autonoma Sardegna.
Ne consegue che «l’equilibrio del bilancio» di cui agli artt. 5
del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e
norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilita’ delle
regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della legge 25
giugno 1999, n. 208), e 5 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.
170 (Ricognizione dei principi fondamentali in materia di
armonizzazione dei bilanci pubblici, a norma dell’articolo 1 della
legge 5 giugno 2003, n. 131) non potra’ che realizzarsi all’interno
dello spazio finanziario delimitato, in modo compensativo, dalle
maggiori risorse regionali risultanti dalla entrata in vigore
dell’art. 8 dello statuto (con decorrenza dal 1° gennaio 2010 per
effetto dell’art. 1, comma 838, della legge n. 296 del 2006) e dalla
riduzione della spesa conseguente alla applicazione del patto di
stabilita’ 2011 (tabella 1 allegata all’art. 1, comma 131, della
legge n. 220 del 2010). E’ infatti di palmare evidenza che proprio il
principio inderogabile dell’equilibrio in sede preventiva del
bilancio di competenza comporta che non possono rimanere indipendenti
e non coordinati, nel suo ambito, i profili della spesa e quelli
dell’entrata.
Le norme richiamate costituiscono, nel loro complesso, il quadro
normativo di riferimento della finanza regionale della Sardegna. Il
combinato delle suddette disposizioni in materia di entrata e spesa
compone dunque la disciplina delle relazioni finanziarie tra Stato e
Regione autonoma.
Alla luce delle espresse considerazioni, il conflitto sollevato
dalla Regione autonoma Sardegna deve essere, allo stato, dichiarato
inammissibile.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’inammissibilita’ del conflitto di attribuzione
promosso dalla Regione autonoma Sardegna nei confronti dello Stato,
in riferimento alla nota del Ministero dell’economia e delle finanze,
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del 7 giugno 2011,
n. 50971, avente ad oggetto: «Patto di stabilita’ interno per l’anno
2011. Proposta di accordo per la Regione Sardegna», con il ricorso
indicato in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta il 7 maggio 2012.

F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2012.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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