Cass. civ. Sez. III, Sent., 15-02-2011, n. 3694

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorsi ex art. 615 c.p.c., comma 2, art. 617 c.p.c., comma 2 e art. 619 c.p.c., la Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno Carisap spa si opponeva ai procedimenti esecutivi mobiliari promossi da R. L., in proprio e quale erede di R.A.M.L., nei confronti del Comune di Maltignano, pendenti presso il tribunale di Ascoli Piceno (R.G.E. 4/03 e 181/04 riuniti), contestando, sia l’ordinanza di assegnazione dei crediti perchè contraria alla dichiarazione resa ex art. 547 c.p.c., sia la propria posizione di terzo pignorato, ed il successivo pignoramento proposto dall’opposto nei suoi confronti (R.G.E. 181/04).

Il tribunale, riuniti i ricorsi, con sentenza del 18.2.2009, li rigettava.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi illustrati da memoria la Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno CARISAP spa.

Resiste con controricorso R.L..

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Preliminarmente va dato atto della correttezza del mezzo di impugnazione proposto, trattandosi di sentenza emessa a seguito di opposizione esecutiva nel regime previsto dall’art. 616 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis (sentenza depositata il 18.2.2009) a seguito della modifica intervenuta con la L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14, comma 1, impugnabile, quindi, con il solo ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7.

Inoltre, il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza pubblicata una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U. 1.10.2007 n. 20603; Cass. 18.7.2007 n. 16002).

Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, deve essere formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta (v. S.U. 11.3.2008 n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis c.p.c. – del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione della norma dell’art. 366 bis c.p.c.).

La funzione propria del quesito di diritto è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass. 7.4.2009 n. 8463; v, anche S.U. ord. 27.3.2009 n. 7433).

Inoltre, l’art. 366-bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta – ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso -, una diversa valutazione, da parte del giudice di legittimità, a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa disposizione.

Nel primo caso ciascuna censura – come già detto – deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto, ovvero a dieta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza.

Nell’ipotesi, invece, in cui venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (v. da ultimo Cass. 25.2.2009 n. 4556) Nel caso in esame i motivi non rispondono ai criteri indicati.

La ricorrente propone sei motivi.

I primi cinque motivi denunciano violazioni di norme di diritto (artt. 615, 617 e 619 c.p.c; art. 2732 c.c.; D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159; D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 248; art. 112 c.p.c.).

I quesiti formulati in relazione a questi motivi sono generici (primo, terzo e quinto) od astratti (secondo e quarto); non contengono alcun riferimento al caso concreto, non consentendo, pertanto, alla Corte di cassazione di enunciare un principio di diritto che risolva il caso concreto.

Essi sono, pertanto, inammissibili.

Con il sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione di legge in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5 difetto assoluto di motivazione ovvero motivazione apparente.

Il motivo è inammissibile".

Pur essendo, infatti, prospettato il "momento di sintesi" a conclusione del motivo, lo stesso difetta, sia delle ragioni che rendono la motivazione adottata dal giudice di merito viziata ed inidonea a sorreggere la decisione, sia della indicazione ed esplicazione dei supposti "autonomi e nuovi motivi di contestazione contro il precetto, contro il pignoramento eseguito presso di sè e contro l’intera nuova esecuzione".

Conclusivamente il ricorso è inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo in favore del resistente R.L., vanno poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del resistente R.L., delle spese, che liquida in complessivi Euro 5.800,00, di cui Euro 5.600r00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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