Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-11-2010) 21-01-2011, n. 1841 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 9 aprile 2010 il Tribunale di Napoli, costituito ai sensi dell’art. 310 c.p.p., ha confermato l’ordinanza in data 21 gennaio 2010 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva rigettato l’istanza di revoca della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla P.G., già applicata a N.A. in sostituzione dell’originaria misura cautelare degli arresti domiciliari del 26 maggio 2009, in relazione ai delitti di porto e detenzione illegale di arma e di lesioni personali in danno di Z.C..

Il Tribunale, a fondamento della sua decisione, in particolare riteneva tuttora sussistenti le esigenze cautelari desunte dalla estrema gravità dei fatti contestati, dettagliatamente esaminati nelle ordinanze emesse dallo stesso Tribunale ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p., e in estrema sintesi evidenziati nella stessa ordinanza, aggravati dal rilievo che la pistola utilizzata per ferire la persona offesa, Z.C., era detenuta illegalmente dal N., destinatario di espresso divieto prefettizio di detenere armi, munizioni e materiale esplodente, dal rilievo del contesto nel quale era maturata la "reazione spropositata e vendicativa" del predetto, e dal precedente specifico a suo carico per un reato contro l’ordine pubblico.

Nell’ordinanza era anche rilevato che il tempo trascorso dall’epoca dei fatti e la difficoltà di svolgere la propria attività lavorativa, rappresentata dall’appellante, erano state già tenute in conto dal Giudice per le indagini preliminari quando aveva sostituito l’originaria misura coercitiva, e rilevava che l’osservanza doverosa delle prescrizioni imposte non era diversamente valutabile.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso, tramite il difensore di fiducia, N., il quale ne chiede l’annullamento sulla base di due motivi di censura, in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Con il primo motivo si lamenta la contraddittorietà manifesta della motivazione sulla qualificazione del fatto e del reato, osservandosi che la valutazione da parte del Tribunale della condotta del N. come "reazione spropositata e vendicativa", in quanto presuppone una condotta meno grave del contestato reato di lesioni volontarie, è in contraddizione con l’asserita gravità del fatto.

Con il secondo motivo si lamenta il difetto di motivazione per essere stati esposti i soli argomenti a carico del N., senza analisi critica, e per essere stato omesso l’esame delle prove a discarico acquisite dalla difesa.

Il Tribunale, secondo la difesa, in particolare avrebbe confermato le esigenze cautelari sulla scorta delle risultanze dell’indagine senza compiere un’autonoma verifica dei presupposti, omettendo di rilevare che l’uso della pistola da parte del N. non è stato confermato da accertamento dei carabinieri ma solo dalle dichiarazioni della parte offesa non sottoposte a vaglio critico, condividendo la tesi ipotetica che l’arma non trovata nè individuata fosse detenuta illegalmente, e non valutando la circostanza che il provvedimento interdittivo prefettizio è stato revocato e il precedente specifico è solo un reato di natura fiscale.

Nè il Tribunale, secondo il ricorrente, ha analizzato le deduzioni difensive riguardanti contraddizioni nelle informazioni assunte ed ha valutato le informazioni rese al difensore ex art. 291 bis c.p.p., più logiche e concordanti rispetto a quelle assunte dall’accusa, astenendosi anche dallo svolgere una coerente ed organica analisi di tutti gli apporti probatori e dal dare conto delle ragioni che hanno fondato l’affermazione della gravità del quadro indiziario.

Quanto alle esigenze cautelari, si deduce, infine, che la motivazione sarebbe "un’apodittica asserzione di assoluta genericità", il pericolo di recidiva sarebbe soltanto presunto con ricorso a formule di stile, attinenti all’asserita pericolosità e capacità criminale, e sarebbe omessa una sia pur essenziale risposta alle coontrodeduzioni difensive.

Motivi della decisione

1. L’impugnazione è inammissibile perchè basata su motivi manifestamente infondati.

2. In materia di misure cautelari il legislatore ha predisposto un articolato sistema giurisdizionale di controllo, attraverso il riesame del provvedimento genetico della custodia cautelare e mediante l’appello per i provvedimenti confermativi, modificativi o di revoca, che, con i necessari adattamenti, mutua i principi regolatori dei vari gradi di giurisdizione.

La mancata tempestiva attivazione di tutti i mezzi di impugnazione previsti o l’esito negativo di questi determinano, per giurisprudenza costante, una sorta di "giudicato" cautelare di natura endoprocessuale, limitato alle questioni dedotte, implicitamente o esplicitamente, e allo stato degli atti, essendo possibile la modifica o la revoca delle ordinanze in materia di misure cautelari solamente quando siano dedotti elementi nuovi (perchè mai valutati, anche se esistenti ab origine), oppure quando siano sopraggiunti nuovi fatti che determinino il mutamento del quadro indiziario, il venir meno delle esigenze cautelari ovvero la scadenza dei termini di fase o complessivi, previsti dalla legge in relazione alla misura cautelare di cui si tratta (tra le altre, Sez. 6, n. 11394 del 05/02/2003, dep. 11/03/2003, Rossitto e altri, Rv. 224268; Sez. 1, n. 2093 del 11/03/1999, dep. 29/04/1999, P.M. in proc. Pipitone, Rv.

213302; Sez. 1, n. 1192 del 18/02/1997, dep. 23/05/1997, P.M. in proc. Rallo, Rv. 207652).

3. Nel caso in esame, il Tribunale di Napoli ha precisato, nella premessa dell’ordinanza, che a N. era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari per i delitti di porto e detenzione illegale di arma e di lesioni personali con ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 26 maggio 2009, confermata in sede di riesame ai sensi dell’art. 309 c.p.p., e lo stesso Giudice aveva dapprima rigettato varie istanze volte alla revoca della misura con provvedimenti, confermati in appello per la permanenza del grave quadro indiziario e delle esigenze cautelari, e aveva, in seguito, sostituito la misura in corso con quella dell’obbligo di presentazione alla P.G..

Attese dette emergenze, le censure mosse dal ricorrente contro l’ordinanza, che ha confermato il provvedimento di rigetto della sua richiesta di revoca della misura dell’obbligo di presentazione alla P.G., e relative alla dedotta contraddittorietà manifesta della motivazione sulla qualificazione del fatto e del reato e al dedotto difetto di motivazione per la esposizione dei soli argomenti a carico e per il mancato esame delle prove a discarico, ricollegate alla censura della gravità del quadro indiziario, devono ritenersi, in difetto di deduzione di elementi nuovi e di prospettazione di nuovi fatti sopraggiunti incidenti sul mutamento del quadro indiziario, precluse in questa sede e inammissibili.

4. L’inammissibilità delle censure è evidente anche sotto altro aspetto.

Con l’appello, proposto il 13 febbraio 2010 ai sensi dell’art. 310 c.p.p., il ricorrente ha censurato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, che aveva rigettato la richiesta di revoca della misura dell’obbligo di presentazione alla P.G., deducendo, come emerge dal testo dell’ordinanza impugnata, il decorso del tempo, l’assenza di precedenti specifici, il mutamento del suo stato processuale e la necessità di continuare a svolgere il proprio lavoro, reso difficoltoso dalle prescrizioni inerenti alla misura a suo carico.

Il Tribunale del riesame, decidendo sull’appello, ha ritenuto la sussistenza di esigenze cautelari da salvaguardare nonostante il tempo decorso, evidenziando l’estrema gravità dei fatti quali risultanti dalle ordinanze emesse ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p. e in "estrema sintesi" riportati in ordinanza, dal contesto nel quale i fatti sono stati commessi, dalla detenzione illegale della pistola utilizzata e dal precedente specifico indicativo di indole particolarmente trasgressiva, e osservando che il decorso del tempo e la rappresentata difficoltà lavorativa erano state già valutate con l’ordinanza che aveva sostituito l’originaria più grave misura.

A fronte di dette premesse, le censure che attengono alla contradditorietà della motivazione sulla qualificazione del fatto e del reato, svolte con il primo motivo, e al difetto di motivazione per l’esposizione dei soli argomenti a carico e il mancato esame delle prove a discarico, svolte con il secondo motivo, sono doglianze aspecifiche, non autosufficienti e non collegate con le ragioni in fatto o in diritto sviluppate con l’appello cautelare e argomentate dall’ordinanza impugnata, avente ad oggetto la richiesta di revoca della misura dell’obbligo di presentazione alla P.G., e come tali devono ritenersi inammissibili ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), secondo l’orientamento costante di questa Corte (tra le tante, Sez. 3, n. 16851 del 02/03/2010, dep. 04/05/2010, Cecco e altro, Rv.

246980; Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, P.M. in proc. Candita e altri, Rv. 244181; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, dep. 14/05/2009, Arnone e altri, Rv. 243838; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Giagnorio, Rv. 231708; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, dep. 11/10/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 3, n. 84 del 07/12/1990, dep. 05/01/1991, Badiali, Rv. 186143).

5. Sotto il profilo più specifico delle esigenze cautelari, il ricorso censura un vizio di motivazione del giudice della cautela quanto alla valutazione del persistente pericolo di reiterazione dei reati.

Il ricorrente, infatti, oppone, alla valutazione di cui all’ordinanza impugnata, oltre agli elementi prima detti relativi al quadro indiziario e all’assenza di risposta alle controdeduzioni difensive allo stesso attinenti, la genericità della motivazione che si assume affidata a formule di stile attinenti all’asserita pericolosità e capacità criminale, adeguatamente, invece, valutate dal Tribunale in rapporto agli elementi disponibili, ritenuti come legittimamente integranti un rischio cautelare tale da rendere necessario il mantenimento della misura applicata.

Le affermazioni spese, sorrette da motivazione congrua e logica, sono sicuramente contenute entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 06/02/2004, Elia ed altri, Rv. 229369), e, pertanto, sottratte a sindacato di legittimità. 6. Conseguono la declaratoria dell’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma che si determina nella misura ritenuta congrua di Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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