T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 18-01-2011, n. 403 Consigliere comunale e provinciale Consiglio comunale e provinciale Enti locali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, i ricorrenti, entrambi consiglieri comunali, hanno impugnato la deliberazione n. 109 del 15 ottobre 2009 emessa dal Consiglio comunale di Velletri, con la quale è stato dichiarato il dissesto finanziario del citato Comune. Tale declaratoria è stata motivata con riferimento: a) all’assenza di equilibrio sostanziale della parte corrente del bilancio; b) alla presenza in bilancio di residui attivi insussistenti o di dubbia esigibilità, a fronte di residui passivi liquidati e pagati; c) al ricorso ad anticipazioni di tesoreria di notevoli entità con conseguente gravosa onerosità finanziaria.

I ricorrenti hanno dedotto che l’Organo consiliare avrebbe errato nell’addivenire alla determinazione di dichiarare lo stato di dissesto, in quanto non ne sussistevano, nella realtà, le condizioni previste dalla legge; segnatamente, ad avviso dei ricorrenti, il Comune, alla data del 30.09.2009 (rilevante per gli adempimenti ex art. 193 del d. lgs. n. 267 del 2000), risultava titolare di rilevanti poste attive nei confronti di Enti pubblici (ATER) e di soggetti privati (canoni idrici), non emergenti dalla contabilità, né segnalate nell’apposita relazione sottoposta al Consiglio comunale.

2. A sostegno del gravame, hanno articolato le seguenti doglianze: 1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 159, 183, 187, 189, 193, 227 del d. lgs. 267/2000; 2) Violazione e falsa applicazione della normativa che disciplina le prerogative tipiche del Consiglio comunale; 3) Eccesso di potere per insufficiente istruttoria, contraddittorietà e illogicità manifesta, falsità dei presupposti e sviamento di potere.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Velletri, instando per l’inammissibilità ed il rigetto nel merito del gravame.

4. All’udienza dell’11 novembre 2010, sentiti i difensori delle parti come da relativo verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile, nei termini di seguito precisati.

2.1 Con l’odierno gravame, i ricorrenti, entrambi nella qualità di consiglieri comunali e cittadini del Comune di Velletri, impugnano la delibera del Consiglio comunale con la quale è stato dichiarato lo stato di dissesto del citato Comune ai sensi degli artt. 244 e 246 del d. lgs. n. 267 del 2000.

A sostegno del gravame deducono una pluralità di doglianze, con le quali intendono sostanzialmente dimostrare che non sussistevano nella specie i presupposti previsti dalla legge per addivenire alla declaratoria dello stato di dissesto.

2.2 Risulta per tabulas che entrambi i ricorrenti hanno partecipato alla discussione che ha preceduto l’adozione della deliberazione impugnata e che, immediatamente prima del voto per appello nominale, hanno abbandonato l’aula consiliare.

2.3 Tanto rilevato, osserva il Collegio che, per indirizzo giurisprudenziale consolidato, dal quale non si ha motivo nella specie di discostarsi, i consiglieri comunali dissenzienti, in quanto tali, non hanno un interesse protetto e differenziato all’impugnazione delle deliberazioni dell’organismo collegiale del quale fanno parte. E ciò, in quanto i consiglieri, quali componenti del consiglio comunale, non possono agire contro l’ente cui appartengono, non essendo di regola il giudizio amministrativo diretto alla composizione di controversie tra organi o componenti di organi, bensì di controversie intersoggettive. In deroga a detto principio, la giurisprudenza ravvisa la legittimazione dei consiglieri comunali soltanto ove la deliberazione consiliare investa direttamente la sfera giuridica del ricorrente, negandogli l’esercizio delle prerogative correlate all’ufficio pubblico di cui sia titolare ovvero pregiudicando un diritto spettante alla persona investita della carica elettiva (cfr. C.d.S., sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7122; T.A.R. Brescia, sez. II, 30 aprile 2010, n. 1660; T.A.R. Calabria, sez. II, 10 dicembre 2009, n. 1339; T.A.R. Lombardia, sez. II, 8 giugno 2009, n. 3936; T.A.R. Sardegna, sez. II, 6 ottobre 2008, n. 1815).

In virtù dei principi sopra esposti, la giurisprudenza ha comunque negato che un consigliere comunale possa impugnare la delibera di approvazione del bilancio dell’ente adottata tardivamente, in quanto l’inosservanza del termine previsto dall’art. 175, comma 3, del d. lgs. n. 267 del 2000 non comporta automaticamente lo scioglimento del consiglio comunale, e quindi la perdita dello status di consigliere, bensì la mera attivazione di una procedura sollecitatoria, alla cui sola conclusione, in caso di perdurante inerzia del consiglio, può essere adottata la misura dello scioglimento (C.d.S., sez. V, 19 febbraio 2007, n. 826).

2.4 Facendo applicazione dell’indirizzo giurisprudenziale suesposto, ed in accoglimento della eccezione formulata negli scritti difensivi dell’Amministrazione resistente, non può che rilevarsi come l’odierno gravame non attinga profili di lesione di diritti o prerogative dell’ufficio di consigliere comunale rivestito da entrambi i ricorrenti, né vizi procedurali che incidano direttamente sul predetto munus.

Ed invero, entrambi i ricorrenti sono stati debitamente convocati per la seduta consiliare ed hanno partecipato attivamente alla discussione che ha preceduto la votazione.

Né, peraltro, alcuna delle doglianze proposte dai ricorrenti riguarda presunte violazioni di attribuzioni e prerogative proprie dello status di consigliere comunale.

Ne discende l’evidente inammissibilità del gravame.

2.5 Ad analoga declaratoria di inammissibilità deve pervenirsi considerando che entrambi i ricorrenti allegano anche la propria qualità di cittadini del Comune di Velletri.

Non essendo il ricorso giurisdizionale amministrativo, salvi i casi espressamente previsti dalla legge, un’azione popolare, l’impugnazione di una deliberazione consiliare da parte di un cittadino residente nel territorio comunale implica la sussistenza di un interesse concreto ed attuale in capo al ricorrente, connesso alla lesione di una posizione giuridica soggettiva qualificata e differenziata, meritevole di protezione secondo l’ordinamento.

Dalla lettura dell’odierno gravame, segnatamente dalla sua parte finale (pag. 17), si evince che i ricorrenti lamentano genericamente un "grave danno per la collettività" che, a causa della declaratoria del dissesto finanziario, verrebbe "privata in tutto in parte di alcuni servizi, nonché colpita dagli inevitabili aumenti dei tributi locali".

Trattasi all’evidenza di un interesse che non si accentra sui ricorrenti, ma sull’intera collettività residente nel territorio comunale, e che non subisce, in virtù della delibera gravata, alcuna lesione concreta ed attuale, bensì soltanto eventuale e futura.

Ne discende, anche da questo diverso punto di osservazione, la declaratoria di inammissibilità del proposto gravame.

3. Per la natura delle questioni esaminate, sussistono comunque giusti motivi per compensare spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez. Seconda Ter, dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe, nei termini meglio precisati in motivazione.

Compensa spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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