Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-11-2010) 21-01-2011, n. 2176

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 26.1.2010, in riforma della sentenza del Tribunale di Palermo in composizione monocratica del 24.6.2008, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’ A. in ordine ai reati sub a), b), c) ed e) perchè estinti per prescrizione e per l’effetto riduceva la pena inflitta per i reati d), f) e g) – duplice episodio di truffa ed estorsione- ad anni due, mesi tre ed Euro 650,00 di multa.

La Corte per i reati prescritti sub a) e b) ricordava le precise dichiarazioni della parte offesa; per il reato sub c) e d) analogamente le dichiarazioni delle parti offese P. e dell’ I.A. che impedivano il proscioglimento dell’ A. con una formula più favorevole.

Circa il reato sub d) la Corte riteneva pacifico ed incontrovertibile la circostanza per cui la vettura della parte offesa era stata consegnata al ricorrente per la vendita come da apposita scrittura privata, ma che l’ A. impadronitisi della vettura, era poi sparito. La ricostruzione dei fatti era stata avvalorata anche dalle dichiarazioni del teste avv.to B..

Sui reati sub f) e g) si rilevava che la parte offesa aveva rilasciato gli assegni poi utilizzati dal ricorrente perchè indotta a farlo con artifici e raggiri in quanto le era stata prospettata la collaborazione in una società. Dalle parole riportate dalla parte lesa emergevano chiaramente le minacce e l’effetto intimidatorio delle espressioni usate dal ricorrente per indurla a non presentare denuncia. Anche il teste M. aveva confermato l’accaduto avendo sentito le conversazioni di contenuto minaccioso.

Ricorre l’ A. che con il primo motivo allega la carenza e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata che non avrebbe puntualmente risposto a nessuna delle doglianze mosse alla sentenza di prime cure, richiamata sic et simpliciter per relationem senza dare conto delle dette censure.

Per quanto riguarda il capo f) si era provato che era stata offerto da parte dell’imputato di diventare amministratore della società che si era effettivamente costituita. Emergeva da alcuni episodi la consapevolezza da parte della parte lesa circa l’uso degli assegni consegnati all’imputato.

Circa il reato sub d) si era dedotta l’erronea qualificazione del reato che doveva essere qualificato appropriazione indebita.

Circa il capo g) la conferma alle dichiarazioni della parte offesa risiedeva solo in una testimonianza del teste M. puramente de relato.

Nel complesso la sentenza aveva una motivazione apparente e comunque del tutto carente.

Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Non risponde al vero che la sentenza impugnata si limiti ad un richiamo totalmente per relationem alla decisione di primo grado, in quanto riporta le doglianze dell’imputato e offre una risposta circostanziata.

Circa il capo f) la Corte territoriale ha rilevato che la società cui era stato proposto di collaborare alla parte offesa era solo un pretesto per raggirare la stessa che in tal modo fu indotta a consentire all’imputato di operare sul conto corrente del padre ed a rischiare ben otto titoli in bianco riempiti e consegnati a soggetti terzi. La motivazione appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure sono di mero fatto; analogamente sono state riportate analiticamente nella sentenza impugnata le frasi intimidatorie pronunciate dall’imputato (capo g) per impedire la denuncia della donna, confermate dal teste M. che ebbe modo di sentirle direttamente al telefono. La motivazione è logicamente coerente e persuasiva, mentre le censure sono di merito e ripropongono quanto già dedotto in appello. Circa il capo d) il motivo è del tutto generico ed ignora gli elementi di raggiro sottolineati nelle sentenze di merito. Generica ed infondata è l’allegazione finale di una motivazione puramente apparente.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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