Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-11-2010) 21-01-2011, n. 2175

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

La Corte di appello di Bari con sentenza del 1.12.2009, in riforma della sentenza del Tribunale di Trani, del 13.12.2007 riduceva la pena inflitta a I.N. ad anni due mesi sei di reclusione ed Euro 400,00 di multa; a I.A. a mesi cinque di reclusione; a M.C.D. e F. C. ad anni due e mesi uno di reclusione ed Euro 350 di multa.

Il M. e l’ I.N. risultano condannati per il reato continuato sub a) – tentativo di estorsione, ricettazione e lesioni, l’ I.A. e l’ I.N. anche per un’ulteriore ipotesi di lesioni.

In sostanza si imputa ai primi due di avere ricettato un motorino di proprietà di C.V., di avere montata parte della carena di questo sul ciclomotore dell’ I.N. e di avere preteso la somma di Euro 750 per restituire il motorino, nonchè di avere aggredito il C.V., cagionandogli lesioni personali.

All’ I.N. si imputa in concorso con l’ I. A. di avere cagionato lesioni personali al C. R., padre del C.V..

La Corte territoriale per quanto riguarda la posizione del M. ricordava che l’imputato era stato riconosciuto fotograficamente dal C. in dibattimento ed anche direttamente; i due giovani identificati dalla parte offesa l’avevano colpito dicendo che doveva pagare per riavere il motorino. Analogamente l’ I.N. aveva mostrato alla parte offesa il possesso di alcune parti del motorino a lui sottratto montate su quello dell’imputato ed aveva rivolto al C. la richiesta di Euro 750 per riavere il ciclomotore. Il possesso di parti del motorino del C., riconosciute dallo stesso, dimostrava che il mezzo nel suo insieme era stato ricettato. Non sussisteva poi alcuna ragione per ravvisare gli estremi della legittima difesa nell’episodio dell’aggressione al C.R.. Le reiterate richieste di denaro, le minacce rivolte alla parte offesa che era stata anche aggredita unitamente al padre, il possesso del ciclomotore rendevano evidente la finalità estorsiva della condotta posta in essere.

Ricorre il M. che deduce la carenza della motivazione della sentenza impugnata.

Il riconoscimento del M. non era sicuro e le dichiarazioni rese dal C. non erano tra loro coerenti. Inoltre non era stata dimostrata la finalità estorsiva della condotta posta in essere.

Nel ricorso degli I. si deduce in primis che era stata contestata la ricettazione del motorino, mentre era emersa ed attestata in sentenza solo la ricezione di alcune parti di questo con violazione dell’art. 521 c.p.p. Non erano stati in alcun modo dimostrati il possesso e la ricezione del ciclomotore da parte degli attuali ricorrenti; la parte offesa aveva parlato solo di similitudine tra quelli visti e quelli del proprio motorino. Si era peraltro trattato solo di una richiesta di denaro per acquistare legittimamente un bene. Mancava pertanto l’elemento dell’estorsione, mancando il giusto profitto: il prezzo richiesto era proporzionato al bene offerto. La sentenza era illogica ed immotivata e non riusciva a dimostrare il vero presupposto di tutta l’intelaiatura accusatoria e cioè l’avere l’ I.N. ricettato il ciclomotore della parte offesa.

MOTIVI DELLA DECISIONE I ricorsi, stante la loro manifesta infondatezza, vanno dichiarati inammissibili.

Circa il ricorso del M. si sollevano doglianze di mero fatto in quanto l’identificazione dello stesso come autore dell’aggressione subita dal C.V. è stata ritenuta certa in quanto lo stessa parte offesa lo ha riconosciuto fotograficamente e direttamente. Circa il tentativo di estorsione la Corte territoriale ha ricordato l’espressione molto chiara usata dai coimputati di tale delitto "nel colpirmi i due giovani mi dicevamo: tu devi pagare, sennò il ciclomotore te lo bruciamo", minaccia e richiesta estorsiva profferite immediatamente dopo quella proveniente dall’ I. N. e dal F.C.. Non può quindi dubitarsi dello scopo della frase e dell’intenzione del ricorrente di coartare la volontà della parte offesa. La motivazione, appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure sono puramente di merito e ripropongono questioni già esaminate dai giudici di merito.

Analogo discorso deve farsi per il ricorso degli I..

Emerge dalla sentenza impugnata che la parte offesa riconobbero le parti del motorino sottratto una volta montate sul motorino dell’ I.N. per un segnale sul parabrezza e che ricevette l’offerta di poter riavere il suo motorino pagando Euro 750 e poi fu minacciato ed anche percosso onde ottenere la somma. Del tutto logicamente la Corte territoriale ha inferito che gli imputati F. ed I.N. erano entrati in possesso non solo delle parti montate sul motorino del secondo, ma – a monte – del mezzo, altrimenti non avrebbero potuto usarne dei pezzi e comunque non avrebbero offerto il recupero dello stesso. Non vi è stata pertanto alcuna immutazione del fatto e la motivazione appare congrua e logicamente coerente essendo la ricostruzione offerta coerente con i fatti e con la testimonianza delle parti offese. Le censure sono di mero fatto ed hanno come presupposto che sia stato offerto l’acquisto lecito alla parte offesa di parti di un motorino che non può essere accolto per quanto già detto e per essere in plateale contrasto con le aggressioni subite dai C.. La finalità estorsiva appare univocamente dimostrata dalla dinamica dei fatti, dalle minacce e dalle percosse ricevute dalla parte offesa per costringerlo a pagare per riavere un suo bene. Nel ricorso si presenta una nebulosa ricostruzione " alternativa" dell’accaduto che non offre alcuna plausibile spiegazione delle lesioni inferte alle parti offese. La posizione dell’ I.A. peraltro non viene affatto presa in considerazione.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè ciascuno- ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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