Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-11-2010) 21-01-2011, n. 2174

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Roma con sentenza del 23.10.2009 confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Roma del 18.12.2008 di condanna del D.F. alla pena di mesi cinque di reclusione ed Euro 300,00 di multa per il reato di cui all’art. 646 c.p. in quanto si sarebbe appropriato come amministratore del condominio sito in via (OMISSIS) di somme di denaro consegnate dagli inquilini per le spese del riscaldamento ed altre spese varie.

La Corte territoriale rilevava che era certo che l’imputato avesse ricevuto del denaro dai condomini e lo stesso non aveva in alcun modo giustificato l’ammanco della somma. I rendiconti offerti non coprivano il complessivo importo ricevuto ed era del tutto legittimo inferire che l’imputato si fosse appropriato del denaro sulla cui destinazione, come detto, non aveva offerto alcuna giustificazione.

Ricorre l’imputato che con il primo motivo allega la nullità del giudizio di secondo grado per la nullità della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello. Il ricorrente aveva eletto domicilio in (OMISSIS) presso la sig.ra C.L. revocando il precedente, mentre il decreto era stato notificato al difensore avv.to Troiano.

Con il secondo motivo si deduce la carenza della motivazione della sentenza impugnata che non aveva affrontato le numerose doglianze sollevate nell’atto di appello.

Con il terzo motivo si deduce l’intervenuta prescrizione del reato.

Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Circa il primo motivo il decreto di citazione per l’appello risulta, dopo un tentativo di notificazione al domicilio eletto ove il ricorrente risultava sconosciuto come ricordato anche a pag. 3 del ricorso, notificato ex art. 161 c.p.p., n. 4 al difensore. In ogni caso la nullità non è stata ritualmente sollevata in appello e pertanto la stessa si è sanata. Il secondo motivo è totalmente generico in quanto non si specifica quali doglianze dell’atto di appello non siano state esaminate.

Circa la dedotta prescrizione la stessa decorre al 29.3.2010 e quindi dopo la sentenza di appello e risulta contestato un unico fatto di appropriazione conclusosi in data 29.9.2002.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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