T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 18-01-2011, n. 389 Sanità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo indicato in epigrafe, la società istante, premessa la ricognizione e l’esame della disciplina di settore e del contenuto della delibera impugnata, censurava la D.G.R. n. 174 del 2008, con cui la Regione aveva definito il sistema di finanziamento e di remunerazione delle prestazioni di specialistica ambulatoriale erogabili dai soggetti accreditati per l’anno 2008. In particolare, la ricorrente esponeva che la deliberazione impugnata quantificava lo stanziamento per la remunerazione delle prestazioni in argomento in 448 milioni di euro complessivi, suddivisi per comparti come dalla tabella riportata nell’allegato 2 del provvedimento e definiva i budget di spesa per ogni singolo soggetto erogatore, indicati nell’allegato 3 della medesima delibera, secondo i criteri indicati nel precedente allegato 1: il tetto di spesa è stabilito in relazione alla produzione del 2006, per il settore della risonanza magnetica si fa riferimento alle delibere n. 434/07 e 436/07.

L’istante, pertanto, ritenuta la delibera e gli allegati, nonché il contratto per adesione, pregiudizievole, deduceva le seguenti censure:

1 – violazione degli artt. 18 e 19, l.reg. n. 4 del 3.3.2003, dell’art. 8 quinquies, comma 2, d.lgs. n. 502 del 1992 e s.m., eccesso di potere per sviamento, violazione del principio di buon andamento e di buona amministrazione di cui all’art. 97 cost., violazione del principio del giusto procedimento ed arbitrarietà, poiché il provvedimento era emanato sulla base di una determinazione unilaterale del tetto di spesa da parte della Regione ed in assenza del prodromico atto di disciplina degli accordi contrattuali da assumersi di intesa con le Associazioni di categoria ai sensi dell’art. 19, l. reg. n. 4 del 2003 e senza che si sia concluso l’iter relativo all’accreditamento delle strutture private;

2 – violazione dell’art. 8 quinquies cit., del principio di parità e concorrenzialità tra strutture pubbliche e private, nonché di quello di libera scelta dell’utente di cui all’art. 8 quater, comma 3, lett. B), d.lgs. n. 502 del 1992, essendo mancata una vera e propria equi ordinazione tra strutture pubbliche e private, poiché il modello contrattuale sarebbe stato predisposto solo per le seconde;

3 – violazione degli att. 3, 7 e ss. l. n. 241 del 1990, difetto di motivazione in relazione ai criteri sui quali è fondata la determinazione del budget di spesa per ogni singolo soggetto erogatore, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, eccesso di potere, essendo mancato il contraddittorio nella fase di determinazione del budget, nonché non essendo individuabile il criterio applicato nella determinazione dei singoli budget alle differenti strutture;

4 – violazione e falsa applicazione dell’art. 8, d.lgs. n. 502 del 1992, dell’art. 32, comma 8, l. n. 449 del 1997, dell’art. 2, comma 8, l. n. 549 del 1995, dell’art. 1, comma 32, l. n. 662 del 1996, dell’art. 6, comma 7, l. n. 724 del 1994, del d.P.R. 14.1.1997, eccesso di potere, non essendo state comunicate le linee programmatiche regionali in tempo utile per consentire l’erogazione delle prestazioni in corrispondenza con le determinazioni regionali;

5 – comportamento contraddittorio ed illogico della Regione in relazione alla d.G.R. n. 1040 del 21.12.2007, con cui era introdotto un requisito di produttività minimo di esami per anno ai fini dell’ottenimento dell’accreditamento definitivo;

6 – illegittimità nella parte in cui applica lo sconto sulle prestazioni previsto dall’art. 1, comma 796, lett. O, l. n. 296 del 2006, sottoposto al vaglio della Corte cost. per violazione degli artt. 24, 113, 41, 32, 97 e 117 Cost..

Per questi motivi la Società ricorrente chiedeva l’annullamento, previa sospensione degli effetti in via cautelare, della delibera impugnata.

Si costituiva la Regione Lazio, preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione del provvedimento presupposto 11.3.1997 n. 1165. Altresì, l’amministrazione affermava che la fissazione dei tetti di spesa costituisce atto autoritativo di esclusiva competenza della regione. Ancora affermava che l’intero provvedimento impugnato, ivi compreso il modello contrattuale, era stato completato alla fine del mese di febbraio 2008 ed immediatamente portato a conoscenza delle Associazioni di categoria.

Con ordinanza n. 3976 del 2008, questo Tribunale accoglieva l’istanza cautelare, alla luce dei precedenti giurisprudenziali della Sez. III quater, in ragione dei profili di illegittimità per inversione dell’iter procedimentale della d.G.R. n. 174 del 2008.

Con i motivi aggiunti successivamente notificati, l’istante censurava i provvedimenti del commissario ad acta n. 23 del 2008 con cui, al fine di ottemperare all’ordinanza del TAR n. 2919 del 2008, la Regione ha modificato la deliberazione della G.R. n. 174 stralciandone l’allegato schema contrattuale predisposto dall’amministrazione senza il coinvolgimento delle parti interessate, e n. 33 del 2008 con cui era approvato il nuovo schema di accordo semplificato da sottoporre alla sottoscrizione delle strutture sanitarie private accreditate, deducendo nuovamente la mancata preventiva intesa con le associazioni di categoria, l’omessa comunicazione di avvio del procedimento in violazione dell’art. 7, l. n. 241 del 1990, la violazione di quanto disposto con l’ordinanza del TAR su menzionata e la disparità di trattamento tra soggetti pubblici e privati.

La Regione resisteva esponendo di aver predisposto gli ulteriori provvedimenti impugnati proprio in ottemperanza dell’ordinanza del Tribunale, previo avviso di avvio del procedimento in data 10.9.2008 alle associazioni di categoria e fissazione di un incontro in data 15.9.2008.

Con il secondo atto per motivi aggiunti, la Società istante, ribadendo le censure svolte, censurava sotto il profilo della violazione di legge e dell’eccesso di potere, la violazione del principio di corretta gestione dell’amministrazione, dei principi di libera concorrenza, l’ingiustizia manifesta e la disparità di trattamento, poiché l’amministrazione ha omesso di considerare – nella determinazione del tetto di prestazioni – la specificità della situazione della ricorrente medesima, data dalla mancanza nella zona di Civitavecchia di altre strutture che effettuino prestazioni di RMN, nonché dal fatto che molte prestazioni venissero svolte a favore di soggetti residenti fuori dalla Regione Lazio, essendo poi totalmente remunerate a questa dalla Regione di provenienza.

Con ordinanza collegiale n. 1018 del 20010, questa Sezione ordinava incombenti istruttori alla Regione, che erano adempiuti con nota del 17.11.2010.

All’udienza di discussione la causa era trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Osserva il Collegio, preliminarmente, che – secondo quanto emerso anche dall’istruttoria svolta – l’individuazione dei dati relativi al tetto massimo delle prestazioni, per ogni macchinario, in funzione delle fasce di accreditamento di cui alla d.G.R. 423 del 2006, è avvenuta con la d.G.R. n. 434 del 2007, che fissava il tetto predetto per le fasce A e B a 6.000 e per le fasce E e F a 10.500. In particolare per la Società ricorrente era determinata la fascia di accreditamento E, cui corrisponde l’erogabilità di 10.500 prestazioni annue al massimo.

La d.G.R. n. 174 del 2008 ha, pertanto, confermato i budget di RMN con riferimento al numero massimo delle prestazioni erogabili, predeterminate.

Nella specie l’istante ha omesso di impugnare gli atti presupposti, fra cui la delibera n. 434/2007 sia in via autonoma, che unitamente ai provvedimenti censurati nel ricorso introduttivo e nei successivi motivi aggiunti.

Per questo motivo devono ritenersi inammissibili, come eccepito dalla Regione, tutte le censure che sono rivolte avverso i provvedimenti impugnati – la delibera n. 174 ed il conseguente schema contrattuale rinnovato a seguito della pronuncia cautelare previo rispetto dell’iter procedimentale previsto dalla legge – nella parte in cui mirano a contestare la legittimità della fissazione del tetto di prestazioni. Non possono trovare, dunque, esame in questa sede, per carenza di interesse le censure relative all’asserita mancanza di eguaglianza da parte della Regione nel procedere al ridimensionamento e al contenimento della spesa tra settore privato e settore pubblico, tesa a soddisfare l’interesse alla libertà di scelta dell’utente tra strutture equiordinate (art. 8 bis, commi 1 e 2 del D.Lgs, n. 502 del 1992) e l’efficace competizione fra le strutture accreditate (art. 8 quater, comma 3 lett. b) del D.Lgs. n. 502 del 1992) nonché, tendenzialmente, ad assicurare l’acquisto a seguito di valutazioni comparative della qualità e dei costi e, quindi, l’economicità della scelta (art. 8 quinquies, c. 2 del D.Lgs. n. 502 del 1992). Siffatte censure, infatti, avrebbero dovuto essere rivolte avverso il provvedimento presupposto, delibera n. 434 del 2007 (motivi 1 e 2 del ricorso introduttivo e 1, 2, 4 del ricorso per motivi aggiunti). La medesima osservazione va rivolta alla censura contenuta nel terzo motivo di gravame, laddove la contestazione della determinazione del budget di spesa è riferita alla presupposta censura della determinazione del limite delle prestazioni erogabili e alla censura di cui al quinto motivo di ricorso, con cui si contesta la contraddittorietà del limite delle prestazioni erogabili con il provvedimento che fissa il requisito di produttività minimo ai fini dell’accreditamento.

A riguardo, tuttavia, va precisato che il Consiglio di Stato ha ribadito il permanere di un’ontologica differenza tra le strutture pubbliche e private, da ultimo affermando che "Ai fini dell’operatività del meccanismo dei cd. tetti di spesa, da un lato stanno le strutture pubbliche e quelle ad esse equiparate (ospedali classificati, i.r.c.c.s., etc.), dall’altro quelle private accreditate, con la conseguenza che solo per le seconde ha senso parlare di imposizione di un limite alle prestazioni erogabili, mentre per le strutture che risultano consustanziali al sistema sanitario nazionale (ospedali pubblici, ospedali classificati, i.r.c.c.s., etc.) non è neppure teorizzabile l’interruzione delle prestazioni agli assistiti al raggiungimento di un ipotetico limite eteronomamente fissato" (Consiglio Stato, sez. V, 16 marzo 2010, n. 1514).

Peraltro, la giurisprudenza amministrativa – con riferimento alla generale determinazione del budget di spesa – ha evidenziato che "La determinazione dei tetti di spesa sanitaria costituisce oggetto di un atto autoritativo di esclusiva competenza regionale assunto a tutela di insopprimibili esigenze di equilibrio finanziario e di razionalizzazione della spesa pubblica; pertanto, non è impedito alla Regione – nell’ottica di esigenze di riduzione e razionalizzazione della spesa sanitaria a carico del SSR – di attribuire alla spesa per prestazioni specialistiche ambulatoriali un budget comunque inferiore alla produzione effettiva dei soggetti accreditati"

(T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 11 giugno 2008, n. 5761). Ne deriva che la partecipazione delle associazioni di categoria e degli interessati assume rilevanza con riferimento alla fase di determinazione dello schema contrattuale, nonché con riguardo alla formulazione delle tabelle riferite alla singola e specifica struttura. Nella specie, tuttavia, la determinazione del budget discende dalla fissazione del limite delle prestazioni, cui sopra si è fatto cenno.

2. Con riferimento al ritardo lamentato nell’atto introduttivo (e alla terza censura dei motivi aggiunti) nella comunicazione delle linee programmatiche da parte della Regione, si deve richiamare quanto osservato a riguardo dal giudice di secondo grado che ha affermato che "Il sistema di individuazione dei tetti di spesa nei confronti degli operatori sanitari richiede tempi tecnici non comprimibili, in relazione a fasi procedimentali previste dalla legge, sì che deve ritenersi fisiologico (e quindi legittimo) che la relativa determinazione intervenga con un certo ritardo rispetto all’anno di riferimento" (Consiglio Stato, sez. I, 05 febbraio 2010, n. 2923). Non rivenendosi idonee argomentazioni per discostarsi dall’orientamento espresso dal Consiglio di Stato il motivo di ricorso appena menzionato, pertanto, deve essere respinto.

3. Infine, con riguardo al ricorso introduttivo va respinto il sesto motivo dedotto poiché la Corte costituzionale, con sentenza n. 94 del 2009, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all’art. 1, comma 796, lettera o), l. 27 dicembre 2006 n. 296.

4. Sgombrato il campo dalle censure – contenute nell’atto introduttivo e nei motivi aggiunti – relative alle altre tabelle allegate alla delibera n. 174, risultano, invece, improcedibili, i motivi di ricorso diretti a censurare, con riferimento all’adozione dello schema contrattuale, la violazione del principio di partecipazione procedimentale in ragione dell’adozione – successiva alla comunicazione di avvio del procedimento e alla fissazione della riunione con le associazioni di categorie.

5. Al contrario, risulta fondato il motivo di censura relativo alla manifesta ingiustizia e alla violazione del principio di corretta gestione dell’amministrazione, contenuto nel secondo ricorso per motivi aggiunti con riguardo alla ricomprensione nell’ambito del budget di spesa di cui all’allegato 3 del provvedimento impugnato, poiché riconducibile al tetto di prestazioni erogabili, fissato in forza dell’allegato 2 alla medesima delibera delle prestazioni rese nei confronti di soggetti appartenenti a Regioni diverse.

Tale circostanza risulta, peraltro, confermata nella nota di risposta all’ordinanza istruttoria, resa dall’amministrazione.

Infatti, appare manifestamente irragionevole e del tutto immotivata, a fronte peraltro della documentazione portata in atti e non smentita dalla Regione, in ordine alle potenzialità dell’apparecchiatura della ricorrente, la decisione di limitare le prestazioni della stessa con riferimento a servizi erogati a carico di soggetti estranei alla Regione Lazio.

Pertanto, il ricorso deve essere accolto e, conseguentemente, debbono essere annullate le tabelle allegate al provvedimento n. 174 unicamente nella parte in cui non prevedono che i limiti di prestazioni e, dunque, di budget devono intendersi unicamente con riferimento alle prestazioni remunerate a carico della Regione Lazio.

In considerazione della complessità della fattispecie esaminata, sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Terza quater, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui successivi motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li dichiara in parte inammissibili, in parte improcedibili ed, in parte, li respinge; accoglie il secondo atto per motivi aggiunti unicamente nei limiti precisati in motivazione. Compensa le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *