Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-10-2010) 21-01-2011, n. 1903

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Il Tribunale di Napoli assolveva per insussistenza del fatto da reato associativo (A) e prosciolto per prescrizione da tentata truffa ai danni dello Stato (C) e corruzione (E: ricezione di assegni remunerativi) C.A., M.L. e Z. P..

Li condannava invece per concorso in falso ex artt. 110, 81 cpv. e 479 c.p. (B, D, E, G). La Corte di Napoli ha parzialmente riformato la condanna, riducendo le pene della C. e di Z. a m. 10 e gg. 20 di reclusione, fermi a. 1 e m. 4 per M..

I fatti sono attribuiti alla M., quale segretaria del 2^ Ufficio II.DD. di Napoli, cui era affidato l’esame delle pratiche, alla C., quale funzionaria preposta all’istruttoria ed a Z., che presentava all’Ufficio domande di rimborso (capi B, n. 101; D, n. 45; F n. 18) quale delegato di C.E., già esattore del Comune di Somma Vesuviana.

Secondo il Tribunale, le domande strumentalmente destinate all’Ufficio avevano ad oggetto quote inesigibili ed erano in realtà inesistenti. I falsi concernevano le date di presentazione sostenute anteriori, con alterazioni dei numeri di protocollo, la regolarità delle istanze e la documentazione correlata (G: in part. notifiche dei ruoli e delle certificazioni). Tanto era incontroverso sul piano obiettivo, già per accertamenti amministrativi.

La Corte di appello ha respinto sia eccezioni di nullità del decreto che aveva disposto il giudizio, sia le tesi, sostanzialmente di scelte rispondenti a ragioni funzionali, degli appellanti (la M. aveva dedotto che la sua intenzione era stata quella di assecondare una prassi, per non creare ostacoli all’ente che presentava le domande; Z., che le duplicazioni riscontrate delle domande erano dovute al tentativo di non rischiare l’inammissibilità di ciascuna, incerto l’ufficio cui richiedere il rimborso; la C., che non si poteva escludere un suo "errore", competendo la verifica di destino, attraverso il controllo del ruolo del 2^ Ufficio, solo alla M.).

1.1. Il ricorso della C. denuncia vizio di motivazione per errore nel disattendere le deduzioni di appello, almeno in termini di dubbio (presenza delle cartelle esattoriali).

1.2. Il ricorso per la M. denuncia: 1 – violazione art. 429 c.p.p., per mancata o insufficiente enunciazione del fatto in forma chiara e precisa nel decreto (laddove rifacendosi solo ai quantitativi, i capi d’imputazione non indicavano analiticamente le domande e gli specifici profili di irregolarità e l’ordinanza del Tribunale, erronea nel respingere l’eccezione di nullità, è stata confermata dalla Corte di appello); 2 – mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e (con riferimento nell’argomentazione all’art. 125 c.p.p., comma 3: la sentenza è meramente ripetitiva); 3 – violazione ed erronea applicazione di legge penale (il falso è grossolano, dunque non punibile).

Al ricorso seguono motivi aggiunti a sostegno di quelli di ricorso e chiede il riconoscimento della sopravvenuta prescrizione.

Il ricorso per Z. denuncia: 1 – violazione art. 429 c.p.p. (stesso motivo di cui al ricorso M.); 2 – violazione art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e in relazione agli artt. 157 e 159 c.p. (mancata indicazione in sentenza di rinvii e sospensioni rilevanti ai fini prescrizionali); 3 – violazione artt. 479 e 480 c.p. (riferimenti a fatti generici, senza alcun riscontro nel caso concreto); 4 – violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e in relazione all’art. 175 c.p., per omesso esame della richiesta di non menzione, che si richiede a questa Corte.

2. Il termine di prescrizione è maturato nelle more (come si riconosce per M.).

Nel caso della C., il ricorso fa grazia anzitutto dei suoi compiti istituzionali, perciò del senso evidente che la ripetuta valutazione dei Giudici di merito poggia sul suo dovere di direzione a monte e controllo a valle delle operazioni della subordinata M..

Inoltre il riferimento, ripetuto nella sentenza di appello alle acquisizioni che la coinvolgono direttamente (in termini di interesse cui risponde il compenso da parte degl’istanti), dimostra gratuita oltre che non consentita la riofferta della giustificazione di affidamento.

Infine nel caso di Z., i motivi diversi da quello procedurale risultano generici, in quanto puramente assertivi della ripetuta tesi di merito (ed in effetti lo era già l’appello). L’ultimo, in questa luce travisa che la Corte di Napoli ha fatto proprio il diniego del Tribunale, proprio per la genericità della richiesta, irripetibile per se stessa in sede di legittimità.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed alla somma di Euro 1000 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *