Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-02-2011, n. 3823

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 75 del 1995 il Pretore di Teramo respingeva la domanda di M.F. volta a ottenere il riconoscimento di pensione di inabilità o, in subordine, assegno di invalidità.

A seguito di appello del M. il Tribunale di Teramo con sentenza n, 356 del 2000 confermava la decisione di primo grado.

2. La Corte di Cassazione, a seguito di ricorso del M., con sentenza n. 19853 del 2003 cassava la sentenza di appello e rinviava alla Corte di Appello di L’Aquila, rilevando in particolare il mancato apprezzamento dello stato encefalico da endocraniosi, insufficienza epatica e stato di ansia inveterato. Riassunta la causa, la Corte di Appello di L’Aquila, rinnovata la consulenza tecnica di ufficio, con sentenza n, 22 del 2007 respingeva l’appello proposto contro la decisione del Pretore di Teramo, con compensazione delle spese di tutti i gradi del giudizio, compreso quello avanti alla cassazione. La Corte aquilana, valutate le conclusioni e i chiarimenti del consulente tecnico di ufficio, ha ritenuto il M. non invalido.

3. Il M. ricorre per cassazione con tre motivi.

L’INPS resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il M. denuncia vizio della sentenza per totale omissione di motivazione circa la documentazione attestante il complesso stato morboso, ivi comprese le memorie difensive.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione della L. n. 222 del 1984 circa il mancato riconoscimento dell’inabilità dell’invalidità alla luce dei documenti prodotti e degli accertamenti peritali Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 196 c.p.c., per ingiustificato rigetto delle istanze istruttorie volte ad ottenere l’ammissione di consulenza tecnica, almeno suppletiva.

I motivi si concludono con quesiti volti ad ottenere l’accertamento delle indicate violazioni.

2. Il ricorso così formulato, proposto per impugnare la sentenza resa tra le parti dopo il 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 incorre nella violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto con l’art. 6 dell’anzidetto D.Lgs..

Tale norma impone, per i casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo con la formulazione, a pena di inammissibilità, di un quesito di diritto, mentre in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Ciò precisato, va osservato che nel caso di specie, quanto al primo motivo relativo al vizio di motivazione, l’inammissibilità della censura deriva dalla mancanza totale di un momento di sintesi logico- giuridica delle questioni sollevate con riferimento alle consulenze svolte nelle pregresse fasi di giudizio, ai giudizi espressi dal CTU nel primo e secondo grado, alla mancata considerazione – da parte del CTU della causa di rinvio- delle diverse risultanze cliniche prospettate dal consulente di parte nominato nello stesso giudizio (sulla necessità di un momento di sintesi della denuncia del vizio di motivazione si è più volte espressa questa Corte: cfr Cass. n. 4556 del 2009; Cass. n. 8897 del 2008).

Con riguardo agli altri motivi, il ricorso non presenta formulazione di appropriati ed adeguati quesiti di diritto, tali da consentire di individuare lo specifico contenuto dell’impugnazione e il profilo logico-giuridico risolutivo delle questioni introdotte, limitandosi a sottoporre a questa Corte, come già evidenziato, una domanda di accertamento delle dedotte violazioni. Al riguardo si richiama recente indirizzo di questa Corte (in particolare Sezioni Unite sentenza n. 7258 del 26 marzo 2007, seguita da successiva giurisprudenza), secondo cui l’art. 366 bis c.p.c., non può essere interpretato nel senso che il quesito del diritto (e simmetricamente la formulazione del fatto controverso nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5) possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo del ricorso, perchè tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma, che, come già evidenziato, ha introdotto, a pena di inammissibilità, il rispetto di un requisito formale, da formularsi in maniera esplicita.

3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.. Nessuna statuizione sulle spese del giudizio di cassazione va emessa nei confronti dell’INPS, ricorrendo le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. c.p.c., nella formulazione previgente al D.L. n. 269 del 2003, entrato in vigore il 2 ottobre 2003, risultando proposto il corso introduttivo della fase di primo grado prima di tale data.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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