T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 18-01-2011, n. 106 Patente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

2) Il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale il Prefetto di Milano ha disposto nei suoi confronti la revoca della patente di guida sul presupposto che questi, in esecuzione del decreto del 21 maggio 2010 (n. 69/10) pronunciato dal Tribunale di Milano – Sezione Autonoma misure di prevenzione, è stato sottoposto con decorrenza dal 2 luglio 2010 al vincolo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. per la durata di anni due.

3) L’art. 120 del d.l.vo 1992 n. 285 disciplina i requisiti morali necessari per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi alla guida, escludendo che la patente possa essere conseguita da chi sia sottoposto, tra l’altro, alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956 n. 1423, con la precisazione, al comma secondo, che, qualora tale condizione soggettiva sopravvenga dopo il rilascio della patente, l’amministrazione provvede alla revoca.

La norma, quindi, impone all’amministrazione di revocare la patente di guida per il semplice fatto che il titolare sia sottoposto a misura di prevenzione, senza lasciare spazio per ulteriori valutazioni concernenti l’attuale pericolosità sociale dell’interessato o particolari esigenze di natura familiare o lavorativa.

La valutazione circa l’inconciliabilità del possesso della patente di guida con la condizione di sorvegliato speciale è stata, infatti, compiuta a monte dal legislatore che ha ritenuto, in tal modo, di limitare le possibilità di movimento di tali categorie di soggetti sacrificando le loro esigenze di libertà in nome dell’interesse alla sicurezza pubblica. Tale interesse prevale, quindi, sempre e comunque su tutti quelli particolari dell’interessato, superflua essendo sul punto una valutazione comparativa della Autorità amministrativa.

Ne deriva che, in pendenza dell’esecuzione di una misura di prevenzione, quale la sorveglianza speciale di P.S., la revoca della patente di guida integra un atto dovuto, sicché l’onere motivazionale è adeguatamente soddisfatto attraverso il mero richiamo alla misura in atto ed alla normativa applicata, senza che residuino ulteriori spazi di discrezionalità in capo all’autorità amministrativa (cfr. in argomento, tra le tante, T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 25 agosto 2009, n. 935; T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 10 maggio 2006, n. 2012).

Nel caso concreto, il provvedimento di revoca della patente è stato emesso durante il periodo di vigenza della misura della sorveglianza speciale di P.S. (quest’ultima è stata applicata a decorrere dal 2 luglio 2010 per il periodo di due anni e il provvedimento di revoca della patente di guida è stato emesso in data 14 settembre 2010).

4) Ciò posto sul piano generale, con riguardo alle censure formulate nel ricorso, il collegio osserva quanto segue.

Non sussiste il dedotto contrasto del provvedimento di revoca con la prescrizione "di non abbandonare il lavoro intrapreso" contenuta nel provvedimento di applicazione della misura di prevenzione.

Infatti, l’abilitazione alla guida che consegue al rilascio della patente ha carattere generale, consentendo al soggetto sottoposto alla misura di sicurezza o di prevenzione una libertà di movimento che il legislatore, secondo una valutazione generale non sindacabile né dal Prefetto, né da questo Tribunale, ha ritenuto incompatibile con lo status di sorvegliato speciale.

Imponendo il tenore letterale della norma al Prefetto di revocare la patente di guida a coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione (come appunto il caso del ricorrente) senza che residui alcun potere discrezionale, non sussiste la violazione dell’art. 7 l.n. 241/90, denunciata nel secondo motivo, né l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, trovando applicazione la previsione contenuta nell’art. 21 octies l. 7 agosto 1990 n. 241, così come introdotto dalla l. 11 febbraio 2005 n. 15, a termini del quale "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

Con riferimento alla finale censura di violazione del diritto al lavoro e di contrasto della misura con le prospettive di reinserimento sociale del ricorrente, nemmeno può dirsi che la norma si ponga in contrasto con il diritto costituzionale al lavoro, posto che non solo tra la guida personale dell’automezzo e l’esercizio del diritto al lavoro non vi è un rapporto di condizionamento assoluto, ma anche considerando che il diritto al lavoro può essere modellato dal legislatore discrezionalmente in modo da tenere conto di altre esigenze costituzionalmente rilevanti, quale, appunto, quella della prevenzione dei reati (cfr. C. Cost. n. 427 del 2000).

La Corte Costituzionale, peraltro, ha ritenuto che la disposizione in questione, in tal modo interpretata, non leda diritti fondamentali costituzionalmente protetti in quanto eventuali specifiche necessità di allontanamento dal luogo di abituale dimora sono fronteggiabili attraverso il trasporto pubblico (Corte Cost. 48/08; TAR Catania 531/09).

In proposito si è altresì precisato che "la revoca della patente imposta al sorvegliato speciale – per definizione pericoloso e quindi tendenzialmente proteso alla commissione di fatti criminosi – trova la sua giustificazione nella esigenza di impedire al sorvegliato di P.S. con obbligo di soggiorno la possibilità di rapidi spostamenti sul territorio proprio allo scopo di prevenire la commissione dei reati. Si tratta quindi di una ragionevole scelta di politica criminale operata dal legislatore, che non è in contrasto con alcuno dei principi costituzionali richiamati dal ricorrente, tanto più che la revoca della patente non limita in alcun modo gli spostamenti del sorvegliato con mezzi pubblici, i suoi rapporti di relazione familiari e sociali e lo svolgimento di attività di lavoro" (Cassazione penale, sez. I, 30 maggio 2006, n. 20388);

Al riguardo occorre infine osservare che la restituzione della patente sortirebbe effetti che vanno ben al di là dell’agevolazione della attività lavorativa del ricorrente consentendo a questi, in elusione del generale divieto, una indeterminata possibilità di movimento con oggettiva attenuazione delle condizioni di sorvegliabilità cui lo stesso è sottoposto.

5) Il ricorso deve, pertanto, essere respinto essendo il provvedimento impugnato rispettoso del quadro normativo e fattuale.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo, tenuto conto che la difesa erariale si è costituita con memoria di mero stile.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

respinge il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari di lite che liquida complessivamente in Euro 300,00 oltre IVA e CPA se dovuti

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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